L'intervista

Daniele Belotti, i libri e la Lega: i suoi trentacinque anni di politica «da marciapiede»

L’ex parlamentare del Carroccio ha scritto un'opera irriverente sulla sua esperienza nel “postribolo” di Montecitorio

Daniele Belotti, i libri e la Lega: i suoi trentacinque anni di politica «da marciapiede»

L’ex parlamentare leghista, il bergamasco doc Daniele Belotti, si racconta senza filtri: la militanza storica nel Carroccio, la vita a Montecitorio, il tifo atalantino e i dissidi con Salvini. Un autoritratto, tra ironia e serietà, di trentacinque anni di politica – dice lui – «da marciapiede».

Partiamo dal suo nuovo libro, L’onorevole mononeuronico. Quello che nessuno ha mai rivelato sul “postribolo” di Montecitorio. Un titolo provocatorio, che esprime anche un attacco di disistima personale.

«Da più parti mi hanno sempre definito un “troglodita ignorante”. L’ho certificato in un libro molto autoironico, satirico, dissacrante, irriverente. Qualcuno l’ha definito esilarante. L’obiettivo è far ridere i miei lettori».

Il libro raccoglie i suoi interventi sull’allora BergamoPost, oggi PrimaBergamo.

«La redazione mi aveva chiesto una rubrichetta settimanale sui fatti nascosti del Parlamento, che conoscono solo coloro che lo vivono dall’interno. Non notizie, ma gossip alla buvette, ai divanetti del Transatlantico, alla barberia, nei bagni imperiali, al ristorante. Quella rubrichetta è poi diventata un chicca settimanale su Radio24 nel programma Uno, nessuno, 100Milan di Alessandro Milan, che poi ha curato la prefazione del libro».

Ma in Parlamento sono più le cavolate o le cose serie?

«Come parlamentare più inutile della storia della Repubblica, raccontavo il meglio del peggio del Parlamento. Comunque tutti fatti veri e reali, conditi con ironia e sarcasmo».

Fa nomi e cognomi?

«Certo. Però se mi chiedi chi erano i due che hanno beccato nei bagni di notte al quarto piano durante una commissione notturna, non essendoci conferme, ho omesso i nomi».

È un leghista della prima ora: nel 1989, a 21 anni, si iscrisse. Perché?

«Devo ringraziare un mio professore alla ragioneria dell’Istituto Belotti».

È ragioniere?

«Purtroppo sì. Scelsi ragioneria non per la materia, ma perché c’era un vivaio incredibile. Devo spiegare di cosa?».

Non è necessario… Però ci può dire se riscuoteva successo?

«Zero totale».

Torniamo al professore.

«Era uno di quei classici comunisti (tra l’altro non propriamente bergamasco) che, arrivando a scuola con l’Unità sottobraccio, faceva i comizi in classe. È stata una molla al contrario, sollecitata dai primi manifesti padani: “Lombardi, padroni a casa nostra”, “Basta scuola coloniale”. Fu così che io e il mio compagno di banco, Enrico Facoetti (poi assessore al Bilancio al Comune di Bergamo con il sindaco Tentorio, ndr), partecipammo nel 1987 al secondo incontro pubblico fatto dalla Lega in città» (…)

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