Dea stangata, ingiustizia sportiva
Si chiama responsabilità oggettiva. È il principio in base al quale, anche se non c’entra nulla, anche se le questioni di ordine pubblico non sono certo di sua pertinenza, anche se, da sempre, fa di tutto per battersi contro la violenza e il razzismo, l’Atalanta è stata stangata dal giudice sportivo con 30 mila euro di multa per quanto è accaduto sabato scorso allo stadio, fra lanci di bengala, petardi, fumogeni, eccetera eccetera.
Per la stessa ragione, alla Roma è stata inflitta un'ammenda di 15 mila euro e, anche qui, la Roma non c’entra nulla. Il bello è che, come si legge nel burocratese del Palazzo, “la sanzione è stata attenuata ex art. 14 n.5 in relazione all’art.13, comma 1 lett. a) e b) CGS, per avere la società concretamente operato con le forze dell’ordine a fini preventivi di vigilanza”.
Restano naturalmente ferme le domande che continuiamo a porci in questi casi e continueremo a porre poiché nessuno, da Alfano in giù risponde: come caspita sia possibile che dentro uno stadio entri questo armamentario, chi debba vigilare, chi non abbia controllato, se qualcuno paghi per queste omissioni, se prima o poi qualche testa salterà, anche se viviamo nel meraviglioso Paese dove non si dimette mai nessuno.
Dal 3 maggio, data della finale romana di Coppa Italia a oggi, ci sono stati gli scontri terrificanti di Tor di Quinto e la tragedia di Ciro Esposito; i bengala e le bombe carta lanciati sempre all’Olimpico durante Roma-Cska; Italia-Croazia sospesa per dieci minuti a Genova per gli stessi motivi; gli episodi di Bergamo, addì 22 novembre scorso. Ma l’importante, per il Sistema è riaffermare il principio della responsabilità oggettiva, incamerare i soldi delle multe e via così.
Peccato che analoga fermezza non venga applicata sempre, comunque e con chiunque. Ad esempio, il signor presidente della Federcalcio, l’ha sfangata.
Il 25 luglio, a Roma, non ancora eletto al soglio, sputò la sua sentenza sui giocatori extracomunitari che prima di venire in Italia mangiavano le banane. Ci sono bengala di parole che possono causare danni devastanti all’immagine e alla reputazione del calcio italiano nel mondo. Basta rileggersi le dichiarazioni di Platini, Blatter e altri per rendersene conto. Ma il procuratore federale, cioè il capo dell’ufficio che dipende dalla stessa Figc, ci ha messo un mese e un giorno per archiviare tutto, scrivendo nero su bianco come non esistessero motivi né oggetivi né soggettivi per deferire l’illustre personaggio.
Peccato che l’Uefa l’abbia clamorosamente smentito, stangando il presidente della federazione 4 volte campione del mondo, 1 volta campione d'Europa e di Olimpia, attual vicecampione d'Europa in carica con sei mesi di squalifica, sanzione fatta propria anche dalla Fifa, che inibisce al punito qualunque partecipazione alle attività calcistiche internazionali.
Ma di questo non si parla più. Per fortuna ci sono i barbari di Bergamo a distogliere l’attenzione.