Quando Eva Kant (alias Sara Croce) riesce a rubare la scena a Diabolik
Rubare la scena al re del terrore non è cosa facile. Farlo al suo padre adottivo neppure. Una cosplayer d’eccezione però ce l’ha fatta. Venerdì scorso, alla 255 Raw Gallery di via Tasso, è stata inaugurata la mostra Diabolika mano.
In esposizione un intero numero del fumetto con tutte le tavole (LVI - n° 10, ottobre 2017) e una serie di disegni originali di Enzo Facciolo, che raccontano i 55 anni del connubio riuscitissimo. Facciolo, che ha firmato nella sua carriera più di duecento episodi (850 quelli pubblicati in totale), oltre a cartoline, poster, calendari, quadri e perfino sculture, era presente all’affollato vernissage. Gli occhi però erano tutti per Eva Kant, interpretata da una splendida Sara Croce, 19enne di Garlasco (Pavia) che quest’anno è arrivata quarta a Miss Italia.
Facciolo non avrebbe potuto disegnarla meglio, si potrebbe dire citando Roger Rabbit. A proposito del disegnatore, diciamo che le sfumature di nero per dar vita alle tavole l’hanno portato a una piega deviata, ma dal fascino infinitamente più incisivo. Prima di approdare a Diabolik, infatti, Enzo Facciolo disegnava Calimero. Sì, proprio quello piccolo e nero, quello di «Eh, che maniere!». Ora, da 55 anni, lui che ne ha 86, divide casa con il «Re del terrore»: così s’intitolava il primo numero del fumetto, che però non ha porta la sua firma. Un albo che ha cambiato la storia del genere, a cominciare dalla copertina inedita: una donna urlante sovrastata da due occhi minacciosi che occupano buona parte del fronte. In alto il logo ideato da Remo Berselli, immutato da allora. La storia avvincente, tra giallo e noir con protagonista un ladro geniale, un assassino spietato. Facciolo arriva nell’ottobre del 1963 con «L’impiccato» e codifica sostanzialmente le caratteristiche grafiche, rimaste poi immutate e uniche nel loro genere. Leggenda vuole che l’idea del personaggio sia venuta ad Angela Giussani, madre di Diabolik con la sorella Luciana, osservando i pendolari delle Ferrovie Nord Milano, potenziali lettori di un fumetto tascabile perfetto per un pubblico adulto. Leggenda o no, l’operazione fu di una lungimiranza spaventosa. Come quegli occhi inquadrati magistralmente dalla feritoia nella tutina.
Soprattutto «all'inizio - ricorda il disegnatore - fu un lavoro duro, perché in pratica ero solo. Quando arrivai all'Astorina non vedevo grandi novità nel personaggio: la tuta mi ricordava l'Uomo Mascherato o l’Asso di Picche. Pensai che non avrebbe avuto vita lunga. Previsione totalmente errata, non ci sono dubbi».