Il ricordo

I figli raccontano Sandro Ghisleni, l'uomo che scrisse quel capolavoro chiamato Virescit

Roberta e Massimo raccontano la vita del padre, un uomo gentile che ha fatto sognare il quartiere di Boccaleone

I figli raccontano Sandro Ghisleni, l'uomo che scrisse quel capolavoro chiamato Virescit
Pubblicato:

di Ettore Ongis

Sandro Ghisleni se n’è andato domenica 5 marzo, a 85 anni. A Bergamo lo ricordano tutti per avere fatto vivere un sogno a tanta gente e in particolare a quella di Boccaleone. Fu il presidente della squadra dell’oratorio del quartiere, la Virescit, che riuscì nell’incredibile impresa di arrivare fino alla Serie C, sfiorando la B.

Ghisleni era un grande commerciante. Negli Anni Sessanta aveva cominciato come concessionario del marchio Olympia nella storica sede di via Torretta. Negli Anni Ottanta l’azienda introdusse altri marchi come Panasonic allargandosi sempre di più verso il settore informatico.

Sandro Ghisleni

Oggi gli uffici della Ghisleni Office Systems si trovano in via Daste e Spalenga a Gorle e sono portati avanti dai due figli, Roberta e Massimo, che parlano in questa intervista a due voci: rispondono all’unisono completando e confermando l’uno le frasi dell’altra.

Chi era vostro padre?

«Un uomo semplice, umile, che anteponeva a tutto la lealtà e la correttezza».

Un grande imprenditore.

«Per lui la vita era lavoro, lavoro, lavoro e rispetto delle persone. Noi figli abbiamo cominciato ad andare in azienda nel 1982, aprivamo alle 8,30, ma lui due ore prima era già sveglio e saliva subito in ufficio. Ci ha trasmesso questi valori e non smetteremo mai di ringraziarlo».

Adesso era in pensione?

«Sì, è andato in pensione nel 2010. Purtroppo, proprio nel momento in cui avrebbe potuto godersi la vita cominciò a manifestare i primi sintomi dell’Alzheimer. Da 15 mesi era ricoverato al Carisma, dove si sono presi cura di lui in modo fantastico, come fosse un loro parente più che un paziente. Nostro padre anche con le infermiere si è dimostrato una persona gentile, educata. “Ci salutava sempre e anche il suo ultimo sguardo è stato accompagnato da un sorriso”, ci hanno detto. La malattia gli aveva annebbiato la mente, non il cuore».

Continua a leggere sul PrimaBergamo in edicola fino a giovedì 16 marzo, o in edizione digitale QUI

Seguici sui nostri canali