I Folkstone "Oltre... l'abisso" Il metal celtico bergamasco
Era il 2007 quando un gruppo di ragazzi bergamaschi sconosciuti alla scena musicale rilasciava il primo demo, Briganti di montagna. Oggi, sette anni più tardi, con alle spalle tour in tutt’Italia ed Europa, migliaia di corde pizzicate, pelli percosse all'infinito, cornamuse suonate a perdifiato, cambi di formazione ed ettolitri di buona birra a tenere compagnia, gli artisti orobici presentano al pubblico la loro quinta opera musicale.
Stiamo parlando dei Folkstone, ed il loro 5° album, Oltre... l’Abisso, viene pubblicato oggi. Segue a Folkstone (2008), Damnati ad Metalla (2010), Sgangogatt (2011) ed Il Confine, pubblicato nel 2012. Che musica suonano i Folkstone? Se lo chiedi a loro, ti dicono che non lo sanno, o per lo meno non gli interessa, un brano di buona musica va ascoltato, non etichettato.
I testi sono in italiano, il centro gravitazionale è la musica Rock, che flirta con sonorità folk e metal. E proprio dalla tradizione folk viene un tratto inconfondibile della band, l’uso di strumenti del passato. Arpe, flauti, baghèt (la cornamusa tipica delle valli bergamasche), bombarde, bouzouki, rauschpfeife, ghironde. Tutte colorano il suono dei Folkstone dandogli una carica che si incanala negli odierni amplificatori a corrente elettrica ma la cui cassa di risonanza sembra vibrare note pescate da secoli passati, dal caratteristico sapore medioevale, tanto che la critica ha usato la dicitura “Medieval Rock”.
E se la potenza della musica sgorga dal passato, le tematiche dei testi sono quasi sempre in chiave moderna, riflessivi, a volte cupi, con una forte spinta di libertà. Spinta che si declina in un moto alla ricerca (e alla difesa) di se stessi, che in itinere si adopera urlando a squarciagola per distruggere iconoclasticamente gli idoli ed i meccanismi del potere che incrostano la società. Non sarò mai schiavo del facile, non avrò mai un pensiero comune da rispettare, cantano. Con le onnipresenti cornamuse a far da trait d’union tra un impeto che eccheggia sì dal passato ma riverbera nella società attuale, con i problemi e le esigenze dell’oggi.
E, curiosamente, proprio dalle cornamuse (abilmente imbracciate da Roby, Andreas, Maurizio e Teo) ha avuto origine il tutto. Precisamente nel 1998, quando il cantante Lore (Lorenzo Marchesi), ascoltando un pezzo del gruppo folk metal tedesco In Extremo, colpito dalla presenza di cornamuse, si chiese se non poteva essere una buona idea suonare musica Rock usando anche quel particolare tipo di cornamusa che è il Baghèt bergamasco. Il resto, dopo parecchia acqua sott’i ponti e luppolo sopra i tavoli, è storia, come si suol dire.
Certo, tutto è venuto con il tempo, ed i Folkstone sono molto cambiati in questi anni. Dopotutto le storie di alcuni membri della band passano da Scanzorosciate; come l’autoctono vino anche la musica del gruppo ha il profumo del mosto passito: invecchiando, è migliorata.
Partiti quasi come uno sgangherato e festaiolo gruppo da sagra di paese, i bergamaschi hanno aggiunto ad ogni album una tacca nella scala della qualità, maturità e instrospezione. Il suono si è perfezionato e arricchito, con l’aggiunta tra le altre dell’arpa (inizialmente suonata da Chiara De Sio, poi da Silvia Bonino) a partire da Damnati ad Metalla, per giungere alla limpidezza sonora dell’ultimo album, magistralmente prodotto, registrato e mixato da Yonatan Rukyman presso il Bohus Sound Studio di Göteborg. Questo senza mai perdere di carica e spinta, cavalcando il tambureggiare di Edoardo Sala ed il basso di Federico Maffei.
Notevole è anche l’evoluzione dei testi. L’aspetto giocondo e scanzonato del primo album ha lasciato lentamente posto a testi più ragionati, maturi, a tratti sofferti ed oscuri. Come suona diverso il grido di battaglia del primo album (“Folk, Folkstone… Scorribanda sarà!”) dalla malinconica e sussurrata lirica d’apertura de Il Confine: «Sordi sospiri che d’improvviso affrontano / frastuono d’ipocrisia. Lenta la mente trama il declino dell’essere/deride, inganna la via».
Così i Folkstone hanno raggiunto un’identità musicale e una cifra stilistica matura, condita peraltro con una travolgente fiammata d’energia ogni volta che salgono su di un palco. Maturità che permette loro da un lato di suonare orobicità ad ogni latitudine, ed allo stesso tempo essere in grado di avere in repertorio cover di brani di caratura internazionale come Vanità di vanità di Branduardi, C’è un Re dei Nomadi o Tex dei Litfiba.
Non vogliamo però celebrare oltre il dovuto la band solo perchè figlia della nostra terra. Anche i guerrieri orobici hanno ancora quache difetto: si può forse dire che il songwriting manchi in alcuni pezzi della dovuta originalità e profondità, in alcuni brani le linee melodiche della cornamusa possono sembrare un po’ ridondanti, lasciando meno spazio del dovuto ai giri dell’ottima chitarra di Luca Bonometti, o che l’affascinante ma rude timbro della voce di Lore possa non soddisfare i palati più raffinati.
Piccole cose per una band che non è perfetta (quale lo è?) ma sta scalando con merito la scena musicale italiana e non, costruendosi il proprio futuro (e presente) investendo in una genuinità che pur trasudando orobicità da tutti i pori parla il linguaggio universale della passione per la musica e della voglia di vivere. Uno stile di petto e d’impatto che ha preso il cuore dei fan, a tal punto da permettere ai Folkstone di produrre gli ultimi due album con il metodo del crowdfunding: a scatola chiusa, prima che venisse realizzato, i fan hanno comprato l’album in divenire, permettendo alla band di sostenere le spese di produzione sia de Il Confine che di Oltre...l’Abisso.
A proposito di Oltre... l’Abisso. Da alcuni giorni è stato rilasciati in anteprima il primo singolo del nuovo album, liberamente fruibile online: In caduta libera.
L’album è disponibile da oggi direttamente nell’area Shop del sito ufficiale della band (http://www.folkstone.it/shop), o presso i negozi Audioglobe (http://www.audioglobe.it/negozi/), gli store digitali e tutti i punti vendita Feltrinelli, Ricordi, Media World e Saturn.