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Il Grande Gatsby era «un disastro» Quel che non sapete sul capolavoro

Il Grande Gatsby era «un disastro» Quel che non sapete sul capolavoro
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Giovedì 23 aprile s’è festeggiata la diciannovesima Giornata Mondiale del Libro, evento patrocinato dall’Unesco con l’intento di promuovere la lettura, la pubblicazione dei libri e la protezione della proprietà intellettuale. Quasi in contemporanea, a Bergamo, si sta festeggiando la cinquantaseiesima edizione della Fiera dei Librai, una delle più antiche manifestazioni italiane dedicate al libro, all’editoria e alla lettura, con tutto il territorio orobico coinvolto attraverso eventi e incontri con scrittori. Ma l’aprile 2015 è anche per un altro motivo un mese importante per la letteratura: 90 anni fa (10 aprile 1925), infatti, usciva nelle librerie uno dei libri più amati e apprezzati di ogni tempo, Il grande Gatsby.

 

 

Thomas Stearns Eliot, premio Nobel per la Letteratura nel 1948 e stimato saggista, poeta e critico letterario, definì l’opera di Francis Scott Fitzgerald «il primo passo in avanti fatto dalla narrativa americana dopo Henry James». Questo romanzo, che definire un capolavoro non è certo iperbolico, è il più acuto e bel ritratto di un’epoca, con la lente d’ingrandimento puntata sulle sue tragicità, contraddizioni e anomalie. Non è solo il racconto della storia d’amore tra Gatsby e Daisy, ma è la narrazione del crollo del mito americano che, fino ad allora (primi del ‘900), aveva caratterizzato le coscienze comune. È un vero e proprio viaggio nel cuore dei problemi che la generazione americana di Fitzgerald dovette affrontare. Ma gran parte del fascino di quest’opera risiede nel fatto che si tratta di un’autobiografia spirituale dell’autore, che in Gatsby aveva racchiuso tutte le pene da lui provate negli anni passati tra alcolismo e letti di belle signore. Giunto in età matura, Fitzgerald volle sondare i fondali del proprio animo, tra debolezze, depravazioni e psicosi. Il suo biografo Andrew Le Vot scrive che «in Gatsby, pervaso com'è da un senso del peccato e della caduta, Fitzgerald assume su di sé tutta la depravazione della natura umana».

Dopo essere stato per anni criticato e, in parte, osteggiato dagli ambiente più perbenisti e conservatori, oggi Il grande Gatsby è un classico senza età, insegnato e letto nelle scuole anglosassoni e ritenuto un caposaldo della letteratura americana. Gatsby e il suo amore senza confini per Daisy hanno, anno dopo anno, pagina dopo pagina, conquistato lettori e consensi. E dove non è arrivato il libro, è arrivato il bellissimo adattamento cinematografico del 2013, diretto da Buz Luhrmann e magistralmente interpretato da Leonardo DiCaprio con Carey Mulligan e Tobey Maguire. Abbiamo deciso di raccontarvi, per omaggiare il suo novantesimo anniversario e, più in generale, la letteratura, alcune curiosità su Il grande Gatsby che probabilmente non sapete.

 

Un capolavoro nato da un fallimento

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Prima di scrivere il suo lascito spirituale all’umanità, Fitzgerald lavorò per circa un anno e mezzo alla stesura di una commedia teatrale che, a suo parere, l’avrebbe reso il più apprezzato commediografo di Broadway. L’opera si intitolava The Vegetable, or from President to Postman, una presa in giro scanzonata e pungente (a suo parere) del sogno americano e della presidenza Harding. Proprio mentre stava finendo la scrittura della commedia teatrale, viaggiando tra Long Island, Great Neck e New York per le prove dello spettacolo, Fitzgerald scrisse la prima bozza de Il grande Gatsby. Nel settembre 1923 The Vegetable andò per la prima volta in scena ad Atlantic City: fu un fiasco totale. Lo spettacolo venne ritenuto mediocre e mal scritto. L’autore era entrato nella spirale dell’alcolismo e aveva un disperato bisogno di soldi, così decise di concentrarsi sulla scrittura del romanzo.

 

Altro che New York: Gatsby viveva nel Midwest

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Uno degli elementi di maggior fascino de Il grande Gatsby risiede certamente nel meraviglioso dipinto che Fitzgerald dà di New York, una città ambigua, in continuo fermento, tesa sia verso le meraviglie dell’animo umano che alle sue più bieche bassezze. Originariamente, però, l’ambientazione del romanzo era il Midwest. Fitzgerald, infatti, voleva dare una forte caratterizzazione cattolica al romanzo. Successivamente, dopo aver toccato con mano la brulicante vita di Long Island e New York, decise di ambientare lì la storia, precisamente nell’estate del 1922, epoca d’oro della Jazz Age americana, abbandonando anche la critica alla religione che, nella bozza, era invece preminente.

 

La scomparsa del racconto sull’infanzia di Gatsby

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Dopo le prime limature alla bozza del romanzo, Fitzgerald aveva deciso di inserire, come una sorta di prologo la romanzo, un racconto dedicato all’infanzia di Gatsby, ambientata nel Midwest, in cui narrava i pensieri di un ragazzino cresciuto in un ambiente fortemente cattolico. Alla fine però, poco prima della pubblicazione, si decise di tagliare questa parte dello scritto. Fitzgerald, però, ci teneva a raccontare quel mondo e così il prologo divenne un mini racconto, dal titolo Absolution, pubblicato nel giugno 1925.

 

Hemingway la copertina del libro

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Non c’è molto da dire al riguardo, se non che il grande scrittore Ernest Hemingway definiva la copertina del romanzo di Fitzgerald «la più brutta che io abbia mai visto».

 

Fitzgerald non amava il titolo Il grande Gatsby

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L’autore ci teneva molto a quest’opera, che rappresenta, come detto, una sorta di testamento spirituale e autobiografico lasciato all’umanità. Per questo il titolo era una questione che lo crucciava molto. Il grande Gatsby non gli piaceva, o meglio, non lo riteneva adatto al testo. Troppo banale, poco profondo e misterioso. All’editore lo stesso Fitzgerald presentò una serie di titoli alternativi, con l’intento di convincerlo a cambiarlo. Questi erano: Among the Ash-Heaps and Millionaires (cioè “Tra cenere e milionari”), Trimalchio in West Egg, Gold-Hatted Gatsby, The High-Bouncing Lover, On the Road to West Egg o, semplicemente, Gatsby. Ancora tre settimane prima che il libro uscisse ufficialmente a New York, Fiztgerald fece l’ultimo estremo tentativo per cambiare il titolo al suo libro. Propose Under the Red, White and Blue, titolo che non dispiacque, ma era troppo tardi per cambiare oramai. Fortunatamente, aggiungiamo noi oggi.

 

Gatsby come Trimalcione

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Tutti i dilemmi sul titolo provati da Fitzgerald nei convulsi mesi che precedettero la pubblicazione dell’opera sono riscontrabili dal fatto che esiste un’edizione del libro che presenta, sotto il titolo originale, il sottotitolo Trimalchio in West Egg. Per Fitzgerald, infatti, il personaggio di Gatsby doveva rappresentare l’incarnazione della tragicità di un Trimalcione moderno, dedito ai vizi e alla bella vita, ma fondamentalmente logorato dalle proprie debolezze e perversioni. E voleva che questa cosa fosse chiara sin da subito.

 

Il fallimento della prima edizione

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Fitzgerald era convinto che Il grande Gatsby sarebbe stato un vero e proprio successo. All’editore aveva predetto che, solo nel 1925, avrebbero venduto almeno 75mila copie, un numero decisamente alto per l’epoca. La realtà fu ben diversa: in pochi capirono la profondità e la forza dell’opera e nei primi 12 mesi il libro vendette appena 20mila copie, ripagando appena i costi di stampa e pubblicazione dell’editore Scribners. Com’era prevedibile, Fitzgerald rimase molto deluso dalle scarse vendite e invece che assumersi delle colpe si scagliò contro l’editore, affermando che la colpa del fallimento era tutta da rinvenire del titolo sbagliato dell’opera. In particolare, a suo parere, la pubblicità si era soffermata poco sul pubblico femminile, quello che all’epoca dominava il mercato letterario, dando poco risalto a Daisy.

 

Per le recensioni era «un disastro»

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La critica si divise molto nel giudizio relativo al libro, ma bisogna ammettere che la maggior parte dei critici dei quotidiani americani, almeno di quelli più popolari, erano concordi nel definire l’opera «un vero disastro». La prima recensione in assoluto a essere scritta a New York, appena due giorni dopo la pubblicazione, si intitolava “L’ultimo disastro di F. Scott Fitzgerald”. La redattrice del Brooklyn Eagle che scrisse il pezzo, affermò di «non aver trovato in tutto il libro neanche una traccia di magia, di chimica tra i personaggi, di ironia, romanticismo, di vita insomma».

 

Fitzgerald morì prima che Il grande Gatsby diventasse un successo

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Francis Scott Fitzgerald morì nel 1940 e non potè quindi assistere al successo del suo capolavoro. All’epoca Il grande Gatsby veniva ancora venduto nelle librerie, ma principalmente perché le copie realizzate e non vendute nelle prime stampe erano ancora moltissime. Ci volle più di un decennio perché l’opera riuscisse finalmente a imporsi tra i lettori: nel 1959 l’opera raggiunse le 50mila copie vendute nei 12 mesi, un risultato mai raggiunto in precedenza. La nuova generazione di americani era curiosa e desiderosa di sapere qualcosa del proprio passato, inoltre il libro era decisamente più avanti dei tempi in cui fu scritto e pubblicato. Per questo venne poco amato e capito all’inizio. Ma ad aiutare la sua diffusione ci si mise anche la guerra: ai soldati che partivano per il fronte durante la Seconda Guerra Mondiale, venivano consegnati dei libri per fargli compagnia. Essendoci migliaia di copie invendute de Il grande Gatsby, questo fu uno dei libri che più venne regalato e letto dai soldati

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