A 8 anni era già al College

Il 17enne prodigio preso alla Nasa (che non ha neanche la patente)

Il 17enne prodigio preso alla Nasa (che non ha neanche la patente)
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Moshe Kai Cavalin è un enfant prodige dell’America multietnica e aperta all’integrazione. È nato il giorno di San Valentino a San Gabriel, in California, ma la madre è una cinese di Taiwan e il padre è brasiliano. Come se non bastasse, Kai vanta ascendenze italiane, portoghesi, polacche o tedesche (non è molto sicuro su questo punto). Fin da bambino ha mostrato uno spiccato interesse per la fisica e la matematica. I suoi genitori hanno raccontato che la sua prima parola l’ha pronunciata a quattro mesi, quando ha indicato un jet e ha detto “aereo” in cinese. A tre anni ha cominciato a risolvere semplici problemi matematici, a sette ha approfondito la trigonometria. Un anno dopo, a soli otto anni, è stato ammesso all’ East Los Angeles College. Dopo avere ottenuto il diploma, a undici anni, è entrato alla UCLA (University of California – Los Angeles), dove ha studiato matematica e dove si è guadagnato il bachelor degree, la laurea di primo livello. Non contento, si è iscritto a un Master in Cybersecurity presso la Brandeis University, nell’area di Boston, ma pare che dovrà posticipare di qualche mese la conclusione del corso perché, nel frattempo, ha firmato un contratto di lavoro con la NASA, per la quale si occupa di tecnologia per droni e aerei. Eppure Kai non guida nemmeno la macchina, dato che ha ancora 17 anni.

 

 

«Non sono un genio». Moshe Kai non ama essere definito un “genio”. La sua non è falsa modestia. A quattordici anni diceva: «È una questione che mi dà fastidio. Le persone devono sapere che non hanno bisogno di essere dei geni. Devi solo lavorare duro e puoi ottenere qualsiasi cosa». Kai si descrive come una persona assolutamente normale: «Tendo a non confrontarmi con gli altri, faccio solo il meglio che posso», afferma. Riconosce l’importanza che hanno avuto i suoi genitori, i quali hanno sempre appoggiato i suoi interessi, lasciandolo libero di seguire passioni e inclinazioni: «Il mio caso non è speciale. È solo una combinazione di affetto genitoriale, motivazione e ispirazione», ha dichiarato al Daily Mail. Il professor Daniel Judge, che per due anni ha insegnato matematica a Moshe, presso l’East Los Angeles College, fa notare che Kai ha lavorato duramente, per ottenere grandi risultati: «Molte persone pensano che sia semplicemente un genio e che le cose gli riescano con semplicità. In realtà ha lavorato tanto e duramente, più di qualsiasi altro studente che abbia mai avuto».

 

 

Arti marziali, aerei e libri. Ma Kai non è un ragazzo tutto studio e lavoro. I suoi interessi coinvolgono anche lo sport (è campione di arti marziali), il volo aereo (alla fine di quest’anno avrà il brevetto di pilota) e la scrittura. A nove anni, infatti, ha pubblicato un libro, We can do, una sorta di guida in cui spiega ad altri giovani come ottenere ottimi risultati scolastici, dando soprattutto importanza alla concentrazione e all’impegno. A incoraggiarlo a scrivere è stato un professore dell’East Los Angeles College. L’insegnante, Richard Avila, si occupava di una materia che a Kai non piaceva, ma era riuscito ad ottenere pieni voti anche grazie al fatto che Avila riusciva a trasmettere la sua passione. Il libro è stato dapprima composto in cinese e poi tradotto in inglese dallo stesso Kai. Pare, inoltre, che a breve uscirà una seconda opera dell’ormai ex bambino prodigio, questa volta dedicata al problema del bullismo.

 

 

Tra spazio e futuro. Moshe Kai è rimasto piacevolmente sorpreso, quando la NASA lo ha contattato per offrirgli un lavoro. In passato, infatti, era stato rifiutato dall’Agenzia per essere troppo piccolo. Ricardo Arteaga, capo e mentore di Kai, lo ha definito «perfetto» per il progetto di cui si sta occupando e che combina matematica, tecnologia informatica e spaziale: «Avevo bisogno di qualcuno che conoscesse il software e gli algoritmi matematici». Kai deve studiare simulazioni di aerei e di droni in via di collisione e trovare dei modi per evitare l’impatto. «È molto brillante in matematica», prosegue Arteaga. «Stiamo cercando di fargli sviluppare le sue abilità intuitive». Tra una sessione lavorativa e l’altra, Moshe ha elaborato pure qualche progetto per il suo futuro. Dopo avere concluso il Master a Brandeis, infatti, spera di ottenerne un altro presso il prestigioso MIT (Massachusetts Institute of Technology) e di avviare, più tardi, una sua compagnia di cybersecurity. Per il momento, però, il suo obiettivo immediato è quello di prendere la patente, dato che in California non ci si può mettere sulla strada prima dei 18 anni. Farsi dare passaggi dai colleghi o dal padrone di casa, ogni volta che deve uscire o andare a fare la spesa, sta incominciando a diventare un po’ imbarazzante.

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