Se la Cassazione difende gli ultrà
La Cassazione ha stabilito che «mancano gravi indizi di colpevolezza» per uno dei tifosi atalantini accusato di avere partecipato agli scontri con un gruppo di sostenitori dell'Inter, due ore dopo la fine della partita con la squadra milanese, addi' 16 gennaio 2016 e a chilometri di distanza dallo stadio di Bergamo. La Corte ha revocato l'obbligo di firma cui il tifoso atalantino era sottoposto da cinque mesi, dopo essere stato in carcere per due settimane. Analogo provvedimento è stato preso dal Gup di Bergamo nei confronti degli altri ragazzi arrestati. Il 21 giugno, davanti al Tribunale di Bergamo, con rito abbreviato si celebrerà il processo a loro carico. La difesa degli imputati, forte del pronunciamento della Cassazione, punta all'assoluzione per mancanza di indizi di colpevolezza.
In attesa del verdetto di primo grado ed eventualmente del secondo e della Suprema Corte, se del caso, perché tutti sono innocenti sino a prova contraria e fino a quando una sentenza non sia passata in giudicato, sarebbe interessante sapere se qualcuno sia stato informato dei fatti, fra i rappresentanti di questo Stato debole che per mesi ha criminalizzato l'Atalanta, la Curva Nord e i suoi tifosi. Aggiungiamo anche alcuni zelanti zeloti della Casta locale, all’indomani dei fatti, lesti come un sol uomo a stracciarsi le vesti, ululando: «Ora basta!».
Basta de che? Forse basta con i ragazzi sbattuti in cella ed esposti al pubblico ludibrio prima che «i gravi indizi di colpevolezza» cadano a uno a uno e pazienza se ti sei fatto un po’ di galera? (En passant: si sa più nulla degli incidenti post Atalanta-Roma del 22 novembre 2014?).
Basta con i bandi alle trasferte dei tifosi bergamaschi organizzati, armati di pane e salame. Basta con i divieti d’accesso in Curva se non si ha la tessera del tifoso o se hai pagato il voucher, ma ti tengono fuori lo stesso, con la scusa delle ragioni di sicurezza. Basta con i danni inflitti all'Atalanta in termini d’immagine, di mancati incassi, di oltraggio alla reputazione del club non metropolitano che vanta il maggior numero di presenze in A.
Basta con le discriminazioni, prima inflitte e poi ritirate con un’invereconda retromarcia (vi ricordate ciò che accade alla vigilia di Atalanta-Chievo, notoriamente partita ad altissimo rischio che, al confronto, Inghilterra-Russia a Marsiglia è stata roba da educande?).
Il principio costituzionale della responsabilità penale individuale è sacrosanto, sottolineando con l’evidenziatore il sostantivo responsabilità e l’aggettivo individuale. Chi sbaglia deve pagare. Ma chi sbaglia. A Bergamo, pagano solo l'Atalanta e gli atalantini. O no, Alfano?