La vicenda del tennista americano che un giorno si risvegliò svedese
Michael Boatwright non era uno stinco di santo. Non gli piaceva fermarsi per troppo tempo nello stesso posto, viaggiava spesso, cambiava mestieri e relazioni. Non che non ci mettesse dell’impegno. Si era persino sposato, ma il matrimonio era finito e la moglie non aveva più voluto sapere nulla di lui. C’era stata anche una volta in cui l’uomo aveva tentato di suicidarsi, ma poi era sopravvissuto. Un’altra volta, invece, aveva perso la memoria e diceva di essere svedese e di chiamarsi Johan Ek. Era accaduto nel febbraio 2003, quando aveva 61 anni. Lo avevano trovato privo di sensi in un motel di Palm Springs, in California, e quando si era risvegliato al Desert Regional Medical Center aveva cominciato a esprimersi solo in svedese. La diagnosi formulata dai medici era di amnesia transitoria globale.
Un matrimonio fallito e una casa galleggiante. Michael Boatwright era nato in Florida nel 1952. Da giovane si era arruolato nell’esercito ed era stato mandato in Vietnam come meccanico dell’aviazione, tra il 1971 e il 1973. Alla fine della guerra si era trasferito in Svezia, per giocare a tennis. Era una sua passione e forse voleva avviare una carriera in questo campo. Si era sposato con una donna svedese e insieme si erano trasferiti in Florida. Nel 1983 i due avevano divorziato: dopo la rottura del matrimonio, l’uomo era andato a vivere in una casa galleggiate nel Rhode Island. Da lì si era spostato a Houston, nel Texas, poi in Messico e di nuovo a Miami, nella casa dei genitori. Durante questo periodo era anche rientrato in contatto con quella che sarà poi la sua fidanzata, la svedese Ewa Espling.
Tra il Giappone e la Cina. Nel 2003 Boatwright aveva deciso di interrompere i contatti con le persone che conosceva e si era trasferito in Giappone, dove era stato assunto come insegnante. Si era sposato una seconda volta e era diventato padre. Il figlio si chiamava Tiaki. Pare che il suocero avesse regalato all’uomo una spada da samurai, a cui Boatwright teneva moltissimo. Purtroppo, però, anche questo matrimonio era finito male e l’ex moglie, di cui non è nota l’identità, si è poi rifiutata di fare incontrare il bambino con il padre. L’ennesima disavventura sentimentale aveva spinto l’ex soldato a cambiare Paese, secondo uno schema ormai consolidato nella sua vita. Cercava di sfuggire ai problemi cambiando residenza. Boatwright aveva trovato una nuova casa in Cina. È qui che aveva conosciuto Gifford Searls, un istruttore di tennis con cui avrebbe stretto amicizia. Entrambi risiedevano a Zhuhai, vicino Hong Kong. Gifford insegnava inglese allo United International College, mentre Boatwright era stato assunto dalla TPR English School.
Un uomo controverso. Michael era un uomo controverso. Era appassionato ai giochi di ruolo e usava molti alter ego: negli anni Ottanta, in Svezia, era conosciuto come "Strongbow”. Era un amante dei combattimenti con la spada (su DeviantArt usava il nickname di “Korstemplar”) e aveva inventato un personale universo con miniature di elfi e di altre creature magiche realizzate al computer. Boatwright era anche convinto che ciò che era accaduto l’11 settembre 2001 in America fosse frutto di una cospirazione e che presto i militari avrebbero smesso di obbedire ai loro superiori. Non era nemmeno ostile alle teorie sulla reincarnazione e ai racconti delle esperienze di pre-morte.
Il (primo) tentativo di suicidio. L’interesse per l’esoterismo sviluppato da Boatwright era qualcosa di peggio di una mania eccentrica. Searls ha raccontato che Michael si era licenziato dal lavoro e, una sera, gli aveva telefonato dicendo che stava male e che aveva preso una dose eccessiva di tranquillanti per animali. Voleva suicidarsi, perché non aveva una famiglia, né un lavoro, ma poi aveva cambiato idea. Searls ha soccorso l’amico e gli ha pagato un biglietto aereo per la California. Gli aveva anche procurato un colloquio di lavoro. Per ringraziarlo, Boatwright gli ha ceduto il suo computer e la spada da samurai a cui era affezionato.
Il risveglio in ospedale. Boatwright era arrivato a Palm Springs con una borsa contenente vestiti e strumenti da tennis, diversi telefonini e circa 400 dollari in contanti. L’incontro con l’istruttore di tennis organizzato da Searls, tuttavia, non era andato bene. Boatwright non aveva quasi più denaro e nessuna prospettiva per il futuro. Lo stress accumulato ha provocato una sorta di blackout ed è così che, il 28 febbraio 2013, è svenuto e ha perso la memoria. Quando si è risvegliato all’ospedale era convinto di chiamarsi Johan Ek. «Quello era il mio nome: Johan Ek. Mi sembra naturale e mi viene naturale rispondere a quel nome. Tutta questa situazione e il fatto che non riconosco niente intorno a me a volte mi rendono molto triste. Altre volte sono furioso», ha detto Boatwright a un giornalista della College of the Desert Foundation. E a chi sosteneva che il suo atteggiamento fosse una finzione replicava: «Mettetevi nei miei panni per un giorno. Così capirete l'incubo che sto vivendo». L’uomo è rimasto in ospedale fino a luglio. Successivamente è stato trasferito in una casa per senza tetto.
Forse fingeva. Wyler, una 80enne svedese che ha conosciuto Boatwright nella casa di ricovero, ha raccontato che secondo lei le persone che circondavano l’uomo si lasciavano trascinare dall’emotività e non ragionavano sui fatti. «Dato che era bello, aveva un bel sorriso ed era educato, le donne si innamoravano di lui e finivano per volersene prendere cura, e lui sembrava molto felice che così fosse». Wyler non credeva alla storia della nuova identità svedese: «Si sentiva che lo svedese che parlava non era la sua lingua madre ma una lingua che aveva imparato. Il cibo [svedese] che menzionava era molto costoso, roba che una persona normale non mangerebbe. Roba che si prepara quando si organizza una cena, non tutti i giorni», ha spiegato. Insomma, le conseguenze del trauma subite da Boatwright sarebbero state da lui stesso inventate. Joahn Ek, in sostanza, avrebbe tratto beneficio dagli anni trascorsi da Boatwright in Svezia e sarebbe stato un “personaggio” utile per attirare l’attenzione dei giornali e per procurarsi un posto in cui vivere. Anche la sorella dell'uomo ha descritto il fratello come un opportunista: «È sempre stato in giro. A volte tornava, ma solo quando gli servivano soldi o voleva qualcosa da qualcuno. Poi se ne andava di nuovo».
L’ultimo viaggio di Boatwright. Dopo tre settimane trascorse nel ricovero per senza tetto, Boatwright era partito di nuovo, per la Svezia. Era entrato in contatto con persone che volevano aiutarlo. Per otto mesi aveva lavorato come maestro di tennis a Udevalla, una città costiera. Allo Swedish Press aveva dichiarato: «Mi sento rinato. Sono molto fortunato». Il 22 aprile del 2014, tuttavia, Boatwright è stato trovato morto nel suo appartamento da un amico. Il portavoce della polizia di Uddevalla ha dichiarato che si trattava di un caso di suicidio: poco prima di morire, Michael aveva guardato un documentario del 1992 su esperienze di pre-morte, in inglese e senza sottotitoli. Forse, a Boatwright era tornata la memoria.