L'Atalanta siamo noi Un titolo davvero profetico

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Un anno, un giorno. Nel senso che sembrava non un anno, ma un giorno fa, quando con Ettore Ongis, nella sala parto di Bergamo Post, discutevamo di quale nome dare alla sezione nerazzurra del sito. Immediato e condiviso, nacque: "L’Atalanta siamo noi”. Titolo profetico, atalantino, senza se e senza ma, per comunicare che cosa volevamo dire, che cosa volevamo fare, di che cosa volevamo parlare.

"L’Atalanta siamo noi” scaturiva dal desiderio di raccontare il mondo della Dea così com’è. Per conoscerlo e per capirlo perché, soltanto se si conosce, si capisce. Prendendo a calci l’ipocrisia e il moralismo, soprattutto sul fronte che va contro il Nord. Inteso come la Curva Nord, incredibile serbatoio di Atalanta Pura.

Nell’intervista rilasciata a L’Eco di Bergamo, Antonio Percassi ha sottolineato quanto sia importante il dialogo e ha fatto bene: perché, mai come in questa stagione, chi doveva instaurare il dialogo, cioè questo Stato debole, non l’ha fatto. Anzi. Con una serie di provvedimenti e di misure urticanti, in alcuni casi, provocatorie, ha criminalizzato un’intera tifoseria, ivi compresa l’avanguardia dei diecimila protagonisti della Camminata. Il riferimento è alle famiglie atalantine alle quali per tre mesi il signor Alfano ha vietato le trasferte essendo notorio che le armi contundenti dei barbari orobici fossero il pane e salame e il Valcalepio doc.

Già, Alfano. Lo stesso che in questi giorni si sta coprendo di gloria in materia di contrasto agli schiavisti del terzo millennio e lasciamo stare il proclama dell’8 agosto 2014 (“Tratteremo i violenti come i mafiosi, restituiremo gli stadi alle famiglie”) perché qui si celebra l’anno atalantino di Bergamo Post e Alfano l’aspettiamo allo stadio Achille e Cesare Bortolotti in visita ufficiale. Magari per parlare della tessera del tifoso, dei tornelli, dell’articolo 9 e della paccottiglia di misure repressive che non sono servite a nulla. E magari anche dei poliziotti malpagati con straordinari da fame. E magari ancora, per invitare Alfano a prendere un caffè al Baretto dello stadio, chiuso per 4 turni interni dell’Atalanta ricorrendo a una norma in vigore durante il regime fascista. Queste cose, ad Alfano e a chi gli tiene bordone, le ricorderemo sempre. Come gli ricorderemo che, per gli incidenti del 22 novembre, un gruppo di ragazzi è stato sbattuto in galera e poi scarcerato senza nemmeno ricevere le scuse. A proposito: qualcuno sa chi li abbia scatenati quegli incidenti? Chi abbia ferito gli agenti? O è chiedere troppo?

Ecco perché, un anno dopo, L’Atalanta siamo noi festeggia il compleanno di Bergamo Post, orgogliosa di ciò che ha scritto e di ciò che ha fatto, raccontando la passione della gente di Bergamo per la sua squadra, con le foto e i servizi di Fabio Gennari, le pagelle, le interviste esclusive, le gallery dei tifosi immortalati in casa e in trasferta, il loro entusiasmo e la loro capacità di soffrire insieme con i giocatori. Per non dire della Festa della Dea che, in luglio, farà un altro boom. E quando la passione ci guida, il bello deve ancora venire.

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