Un fisioterapista carismatico

Le mani sagge di Giuseppe Ferrenti Venti stagioni a servizio della Foppa

Le mani sagge di Giuseppe Ferrenti Venti stagioni a servizio della Foppa
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Spesso e volentieri i meriti per le vittorie di un club vengono attribuiti quasi esclusivamente ad atleti, capaci di dimostrare sul campo tutto il proprio talento, ad allenatori abili ad effettuare le scelte maggiormente opportune e a creare sistemi di gioco vincenti, oppure a dirigenti bravi a selezionare persone giuste da inserire in determitati ruoli e a gestire tutto il percorso stagionale. Ma spesso ci si dimentica che dietro un successo si nasconde l'operato di molte altre persone, una di queste è il fisioterapista, il cui ruolo è quello di seguire passo passo la condizione degli atleti. Nella Foppapedretti Bergamo questa figura è occupata da Giuseppe Ferrenti che, qualche giorno fa, ha iniziato la ventunesima stagione con il sodalizio presieduto da Luciano Bonetti.

 

 

L'arrivo a Bergamo. Proveniente dalla provincia di Potenza, Ferrenti arrivò a Bergamo da Matera nella stagione 1995/1996 insieme a Keba Phipps. «Ricordo ancora l'arrivo in questa città. Mi immaginavo una realtà diversa da Matera - spiega il fisioterapista rossoblù - ma ero sicuro che venendo qua avrei trovato un'organizzazione diversa. A me piace lavorare con un certo sistema, ed ero convinto che qui mi sarei potuto esprimere al cento percento. Sono arrivato per provare una nuova esperienza e vedere quale sarebbe stato il risultato, ma mai avrei immaginato dopo venti stagioni di essere ancora qui. Mi fa molto piacere perchè in questa società ho trovato una famiglia e mi fa piacere poter offrire ancora il mio contributo. Fare il mio lavoro per una società sportiva spesso significa dover cambiare città dopo un po' di tempo, ed ero già con la mente pronta a provare ed eventualmente cambiare. Invece con la Foppa è successa una cosa insolita in questo mondo, perchè dopo vent'anni sono ancora qua. L'anno scorso quando si sentivano tutte quelle voci sulla possibile chiusura, mi dispiaceva molto perché il solo pensiero di non essere più in una squadra dove ho lavorato per un lungo periodo, mi lasciava un po' d'amaro in bocca. Invece fortunatamente tutto si è risolto nel migliore dei modi». Vent'anni sono molti e qualche cambiamento è inevitabile. «In questo ventennio la città è migliorata tantissimo. Bergamo è molto più bella, giorno dopo giorno mi piace sempre più».

Le vittorie. Ovviamente i vent'anni di Foppapedretti, uniti alle precedenti esperienze in altri club, hanno portato molti trofei nella bacheca di Giuseppe Ferrenti, considerato da tutti un autentico recordman: undici scudetti, otto Champions League, una Coppa Cev, otto Coppa Italia, sei Supercoppa Italiana e una Supercoppa Europea. Tutte affermazioni vissute con emozione dalla panchina. «Il successo più emozionante è stato il "Grande Slam", conquistato nella mia seconda stagione a Bergamo (vittoria di scudetto, Coppa Italia, Champions League e Supercoppa, ndr). È stato il più bello perchè avevo già vissuto un'esperienza simile a Matera, ma ripeterlo con Bergamo è stato decisamente più bello ed entusiasmante. C'era una squadra che lottava per vincere, era forte sotto tutti gli aspetti e c'era una società che aiutava parecchio per raggiungere tutti gli obiettivi».

 

[Keba Phipps]

Keba Phibbs

 

Gli allenatori: Fenoglio e le spremute di Malinov. Avendo lavorato per un lunghissimo periodo nello staff tecnico bergamasco, Ferrenti ha avuto l'opportunità di conoscere tutti gli allenatori transitati a Bergamo quando la società ha militato nella massima serie. «L'allenatore che era maggiormente fuori dalle righe è stato Marco Fenoglio - racconta sorridendo Ferrenti -. Era molto particolare perchè andava avanti per la propria strada, non seguiva i canoni classici degli altri coach. Faceva tutto così e sotto certi aspetti ha dato una svolta alla squadra perchè si è comportato in modo diverso rispetto a tutti gli altri. Aveva un potere tale da conquistare tutte le ragazze e pur non essendo un allenatore di grande fama è riuscito a ottenere degli importanti risultati. Ancor oggi mi chiedo come abbia fatto un allenatore come lui a vincere così tanto. Però era in possesso di questo carisma che l'ha portato a vincere. Poi ci sono Bonitta e Caprara che sono due allenatori preparatissimi sotto l'aspetto tecnico e sono i migliori che abbiamo in Italia. L'unico scontro, sempre che si possa definire così, l'ho avuto con Malinov. Atanas veniva dalla scuola bulgara e con un modus operandi un po' diverso. C'è stata una situazione in cui lui aveva scelto di dare alle atlete delle integrazioni alimentari e io non ero d'accordo: si trattava di spremute di limone con l'aggiunta di sali. Ma al di fuori di questo episodio c'è sempre stato grande rispetto e abbiamo lavorato bene».

 

[Angelina Gruen]

Grun (BG)

 

Le giocatrici: Phipps e Gruen. Potendo lavorare in club come Matera prima e soprattutto Bergamo poi, Ferrenti ha avuto l'opportunità di osservare da vicino tutto il meglio della pallavolo femminile a livello mondiale. «La ragazza che, a mio avviso, è l'atleta più forte con cui ho lavorato è Keba Phipps. Ho avuto la fortuna di vederla all'opera sia durante la mia esperienza a Matera, sia qui alla Foppa. Veramente fortissima. Un'altra è Angelina Gruen, che mi è rimasta impressa perchè è una giocatrice completa sotto tutti i punti di vista, sia tecnico che umano. Riusciva a farsi seguire da tutte le compagne e dava una grossa mano alla squadra».

Gli arbitri. Ferrenti si è fatto conoscere anche per il proprio carisma in panchina. Durante i match è sempre pronto ad intervenire al minimo problema di un'atleta e cerca sempre di incitare la propria squadra. «Quando sono in partita mi carico tantissimo e quando vedo delle cose che non ritengo giuste magari vado un po' oltre. Mi è capitato di essere richiamato un paio di volte, ma non sono mai stato espulso. Però ormai gli arbitri sanno come sono, mi conoscono bene e sanno che una volta finita la partita noi ci salutiamo e parliamo senza alcun problema».

Un aneddoto. In più di vent'anni di storia sono accaduti molti episodi curiosi, anche fuori dal campo. Ad esempio, durante l'epoca Bonitta quattro ragazze vennero messe in stato di fermo. «Sì (sorride Ferrenti, ndr), in quell'occasione quattro atlete, tre cubane e una brasiliana, stavano trascorrendo una serata in libertà ma, evidentemente, non sono state riconosciute come pallavoliste... Fu Bonitta ad andare a liberarle in questura».

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