L'eresia della paghetta di Stato Ai giovani non servono altre scuse

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Così come si parla di reddito di cittadinanza, si arriva a vagheggiare perfino un reddito di figliolanza. Del primo si sa che dovrebbe concorrere a colmare quel reddito talmente basso da confinare le fasce più deboli nella zona della conclamata povertà, del secondo non si sa ancora nulla di preciso se non che dovrebbe somigliare a una paghetta di Stato. Un ipotetico provvedimento per dare un qualche ristoro a quelle famiglie alle prese con le esigenze economiche, anche voluttuarie, dei figli a carico e senza lavoro.

Da un’indagine appena svolta pare che un trentenne su due sia completamente mantenuto dai genitori o dai nonni, che spesso vengono spremuti fino all'inverosimile dalle richieste dei loro pargoli, non sempre di natura essenziale. Anche il cosiddetto bonus cultura è stato un flop, anche perché chi ne ha beneficiato ha creduto opportuno spendere in beni superflui quei soldi: infischiandosene di musei, festival e acquisto di libri.

Così, tra le tante bizzarrie di questa epoca, che sembra saperla lunga rispetto a tutte quelle passate e quasi prescrive di accettare ogni cosa come normale, siamo prossimi a inaugurare un’altra trovata del sistema assistenzialista, col pretesto di pesare meno sul portafoglio delle famiglie pressate da figli non proprio adolescenti. Discoteche, aperitivi con gli amici, viaggi e gite e per qualcuno generi vari da sballo: ecco quali sono le priorità di una larga parte della gioventù che ormai sfiora i quarant’anni.

Il Sole 24 Ore esamina la questione della paghetta e scopre che è utile ai ragazzi per sviluppare meglio la loro dimestichezza col denaro e imparare ad amministrarlo: questo è di massima sacrosanto e condivisibile, assai meno se si parla di persone adulte. Alessandro Magno morì poco più che trentenne e a soli vent’anni era stato incoronato re, una vita brevissima da conquistatore. Ci sono esempi di imprenditori, di uomini di scienza, di artigiani abili, di padri di famiglia responsabili sotto la soglia dei fatidici trent'anni, da sempre.

È vero che stiamo attraversando un periodo difficile, che l'occupazione è spesso un miraggio, che le prospettive sono incerte. Tuttavia va sottolineato con forza e onestà intellettuale come ogni epoca abbia avuto le sue fasi critiche, con guerre, carestie, crolli finanziari. Non esiste generazione che non abbia sofferto di un qualche danno, ma è proprio nel mezzo a queste tempeste che i talenti migliori emergono, che si può e deve mostrare la stoffa di cui si è fatti.

Troppo comodo pretendere di sedersi a una tavola bell’e apparecchiata dai genitori, sedervi con mille pretese e magari lamentarsi per non essere soddisfatti a dovere, piangendosi per giunta addosso e lamentandosi con il mondo cinico e baro. La maturità si raggiunge proprio quando si ha coscienza prima che dei propri diritti dei doveri da compiere e svolgere. Conosco decine di ragazzi che non proseguono negli studi perché lo trovano faticoso, restando in stand-by sine die: si guardano attorno e scoprono di avere nei propri genitori autentici sindacalisti pronti a sposare ogni loro causa, anche la più assurda.

Perché dunque sforzarsi? Molto meglio andare in giro a divertirsi la notte e alzarsi a mezzogiorno, tanto c'è la mamma che provvede e fa trovare tutto pronto. Tutto questo appare  frutto di un sistema ruffiano e corrotto, che ha prima azzerato l'intelligenza dei più e poi ha seminato a grano idee che sono principi senza valore. Ognuno oggi può predicare su qualsiasi argomento, si sente protagonista tronfio e così lo scemo del villaggio ha lo stesso apparente diritto a parlare di un genio della quantistica. I social hanno completato il danno a dovere, quindi troviamo le più incredibili stupidaggini con la pretesa di essere prese sul serio: perché l'opinione di ciascuno è equivalente. Questa, sì, scemenza sesquipedale.

Fosse veramente così io per primo non avrei imparato un bel nulla nella mia vita, cosa che in qualche modo ho fatto seguendo invece maestri autorevoli. Mi chiedo, allora: come possiamo preoccuparci delle fake news? È bene rendersi conto che viviamo quotidianamente in un contesto di assolute e assordanti fake news, che una società malata ci impone di prendere per buone: la terra è piatta, i vaccini uccidono, le scie chimiche... E chi più ne ha più ne metta. Tutte cose sostenute da saccenti da tastiera con vuota prosopopea. Mi auguro e vi auguro che anche la storia della paghetta di Stato appartenga all'universo delle fake news, perché di oppio sulle coscienze di tutti e specie su tanti dei nostri comodisti giovani ne è stato sparso già e fin troppo. Confucio sentenziava: «Non ti regalo un pesce,piuttosto ti insegno a pescarlo».