L’intrigante storia del Monopoli che festeggia 80 anni con soldi veri

Il Monopoli compie 80 anni e la Hasbro, società che ne detiene i diritti, ha deciso di festeggiarlo in modo assai particolare: in occasione di questa ricorrenza, dal 2 febbraio, solo in Francia sono in vendita 80 scatole (tra le migliaia e migliaia prodotte) che invece delle classiche banconote “tarocche” contengono soldi veri. Una trovata geniale che ha già fatto impennare, dopo appena due giorni nei negozi, le vendite del noto gioco in scatola. In una di queste 80 scatole speciali sono state sostituite tutte le banconote finte, per un totale di 20.580 euro che intascherà il fortunato compratore. Nelle restanti 79 confezioni, solo alcuni tagli sono stati invece sostituiti: 10 conterranno cinque banconote da 20 euro, due da 50 euro e una da 100 euro; le restanti 69 scatole avranno invece cinque banconote da 10 euro e altre cinque da 20 euro.
Queste scatole speciali, naturalmente, non sono distinguibili dalle altre in commercio e la Hasbro ha precisato che è praticamente impossibile capire quali di queste contengano il vero denaro senza aprire le confezioni. Solo con una bilancia di precisione è possibile riscontrare una variazione minima del peso tra le scatole classiche e quelle contenenti denaro vero a causa della differenza di peso tra la carta con cui sono abitualmente stampate le banconote del gioco e il materiale con cui sono prodotti gli euro.
[Charles Brace Darrow]
La storia ufficiale. Una trovata geniale quella dei pubblicitari della Hasbro, l’ultima di una lunga serie di mosse vincenti che hanno reso Monopoli il gioco da tavolo più venduto e diffuso al mondo. In 80 anni di vita, sono ben oltre 350 milioni le copie vendute in 111 Paesi del mondo, in 43 differenti lingue e permettendo di giocare ad almeno 750 milioni di persone. Numeri da record, figli della sua grande capacità di adattarsi ai tempi e alle mode: si contano circa 500 sue versioni speciali, da quelle dedicate ad eventi particolari, come i Mondiali di calcio, a quella dei Pink Floyd, passando per il famosissimo Monopolino ispirato al mondo Disney.
Tutto questo successo mette le sue profonde radici in una data precisa e nel nome di un uomo preciso: 7 marzo 1933, Charles Brace Darrow. Meccanico disoccupato di Philadelphia, Darrow costruì 82 anni fa, nella sua casa, il primo prototipo del gioco da tavolo più amato di sempre. Il tabellone era un pezzo di tovaglia cerata, le case e gli hotel dei semplici pezzi di legno e le pedine dei ciondoli di sua moglie. I nomi che diede alle strade furono quelli di Atlantic City, sua meta vacanziera quando era bambino. Alla ricerca di qualche soldo, Darrow presentò il proprio prototipo (che si discostava per pochissimi particolari da quello attuale) alla Parker Brothers, grande casa produttrice di giocattoli allora in crisi nera dopo la Grande Depressione. Il responso, però, fu negativo: il gioco piaceva poco, era troppo difficile da capire e durava troppo. Darrow non si arrese e decise di promuovere singolarmente il gioco in tutti i negozi della città. Sarà per la sua ottima abilità oratoria, sarà perché già allora il gioco piaceva, fatto sta che fu un successo. Così, due anni esatti dopo, nel marzo 1935, la Parker Brothers lanciò la produzione ufficiale del Monopoly dopo averne comprati i diritti. Allora una scatola costava 2 dollari: vendette 2 milioni di copie nei primi due anni. Nel 1991, la Hasbro, diverse edizioni speciali dopo, ne comprò i diritti dalla Parker Brothers.
[Il tabellone del Landlord's Game]
Una donna, un filosofo e la comunità quacchera. Come ogni grande personaggio che si rispetti, però, anche la storia del Monopoli nasconde una leggenda. Sebbene Darrow sia unanimemente riconosciuto come l’inventore ufficiale del gioco, c’è chi dice che in realtà le origini del Monopoli siano più antiche e femminili. La protagonista di questa storia alternativa è Elizabeth Magie, per tutti Lizzie Magie. Lizzie era un’attrice nativa del Maryland, ma anche una grande attivista sociale. In particolare sosteneva con forza la teorie economiche del filosofo di Philadelphia Henry George, molto seguito anche da grandi scrittori come Tolstoj e Twain, e che fu anche candidato sindaco di New York. Il suo pensiero economico era costruito attorno ad una convinzione: nessuna singola persona poteva reclamare il diritto di possedere un terreno, o meglio, di vivere di rendita su di esso, dato che era la società che gli dava un valore. Per questo sognava una grande riforma del capitalismo in cui si sarebbe introdotta una tassa sui terreni e le risorse naturali.
Leggenda narra che, con l’intento di diffondere il verbo di George, nel 1906 Lizzie Magie iniziò a distribuire un gioco che chiamò The Landlord’s Game, “Il gioco dei possidenti”, basato proprio sulla filosofia economica dello scrittore: le fondamenta del gioco erano molto simili a quelle dell’attuale Monopoly, con l’unica fondamentale differenza che i giocatori potevano “vincere tutti” se avessero pagato di comune accordo una tassa. Il gioco si diffuse rapidamente, in parallelo al diffondersi delle idee di Henry George, anche se la comunità quacchera della città di Atlantic City, dove il gioco riscontrò il maggior successo, pensò di modificarne alcune parti per renderlo più semplice e intuitivo. Fu proprio una di queste versioni che un amico di Darrow mostrò, agli inizi degli anni ’30 del ‘900, al meccanico disoccupato, che pensò bene di crearne una versione più moderna.
Il successo italiano. La prima versione non americana del gioco fu quella inglese, ma non ci volle molto perché il Monopoly si diffondesse anche nel resto d’Europa prima e del mondo poi. In Italia arrivò pochi mesi dopo la sua messa in commercio: l’editore Arnoldo Mondadori ricevette in regalo da un amico negli Stati Uniti una versione di questo nuovo e sconosciuto gioco. Nonostante lo trovasse assai ingegnoso e divertente, si disse non interessato alla sua commercializzazione. La mostrò però ad alcuni suoi traduttori, tra cui l’allora 29enne Emilio Ceretti, dicendo che se qualcuno avesse voluto provare a produrlo in Italia avrebbe comunque avuto il suo appoggio. Fu proprio Ceretti a crederci. Grande giornalista, traduttore e scrittore, Ceretti fu anche un grande imprenditore. Una volta venuto a conoscenza del Monopoly, decise di fondare insieme a due colleghi la Editrice Giochi, società dedita alla produzione e commercializzazione di giocattoli. E il Monopoly fu il loro primo prodotto.
Allora, però, l’Italia era sotto il fascismo: questo nome anglofono non andava affatto bene. Per questo si optò per Monòpoli, volutamente con l’accento sulla “o” per distanziarlo dall’idea del monopòlio, anche se poi il gioco parlava proprio di quello. E per decenni l’accento rimase anche nella dicitura presente sulle scatole. Solo dal 2009 anche in Italia si chiama e si scrive Monopoly, all’americana. Ceretti, naturalmente, attuò alcune piccole modifiche, soprattutto nei nomi delle vie, che vennero resi più piacenti al governo fascista. Ma al di là di questo, le regole erano invariate rispetto alla versione originale. Da quel che si sa, Roma non apprezzava particolarmente il gioco, troppo “capitalista” per i gusti del Duce, ma il successo fu subito tale da sconsigliare un intervento di limitazione della sua diffusione. Ceretti era innamorato di questo gioco, tanto da ritenere il suo valore sociale ben più importante del suo valore ludico. Leggenda vuole che, quando dopo la guerra il valore della lira crollò, lui decise di non cambiare il valore delle strade, questo come segno di speranza nella ripresa economica italiana. Perché Monopoly è più di un gioco, è un personaggio del secolo scorso, che porta meravigliosamente i suoi 80 anni.