La scimmia col talento di Cézanne e altri due incredibili animali artisti

Scimmie, pachidermi, cavalli, ma anche cani e leoni marini. Forse che Noè nell’arca tenesse un corso di acquarelli? Tanti sono gli esemplari di specie non umane che hanno manifestato un’inclinazione per la pittura e, dove si è trattato di un’attitudine spontanea e non dell’esito di un addestramento, che un animale avesse una passione per il disegno ha acceso l’interesse dell’etologia e della stampa, ma anche della filosofia e della comunità artistica.
Congo, lo scimpanzè
È dagli anni Cinquanta che si parla di lui, lo scimpanzè i cui quadri hanno impressionato i sommi. Sembra che Picasso ne possedesse uno e Mirò volesse barattare un proprio pezzo con uno del suo simile. Congo, il “Cézanne delle scimmie”, tra il ’56 e il ’58 realizzò 400 opere tra disegni e acquarelli. Impugnava correttamente il pennello, non voleva per nessuna ragione essere interrotto e manifestava un autentico entusiasmo per l’attività pittorica. Il merito della sua scoperta spetta a Desmond Morris. Nel 1957 questo antropologo e pittore surrealista curò una mostra all’Institute of Contemporary Art di Londra, dove i pezzi esposti erano tutti il prodotto della zampa di questo scimpanzé.
Esempio di espressionismo astratto al pari dell’animalesco Pollock, nel 2010 alcuni quadri di Congo vennero battuti all’asta di una galleria di Londra, al fianco di opere di Renoir e di serigrafie di Warhol. Howard Hong, un collezionista americano entusiasta dell’arte moderna e contemporanea, li acquistò al prezzo non indifferente di 21.500 euro. Sorprendersi? In fondo, queste scimmie condividono con l’uomo il 99percento del proprio DNA.
Cholla, il cavallo
Questo esemplare di mustang-quarter, nato negli anni Ottanta, aveva la tipica natura ribelle dei cavalli della sua razza. Cholla, chiamato con il nome di un cactus spinoso per via del suo carattere selvatico, era stato domato con la tecnica cowboy del sacking out: una volta legati gli arti inferiori, fu spinto a terra e immobilizzato con sacchi di farina. Il trauma che gliene derivò lo rese inavvicinabile, fino al momento in cui fu venduto alla proprietaria di un ranch, Renee Chambre. Renee fu l’unica a cui Cholla permise di farsi cavalcare in tutta la sua vita. Nel 2004, capitò alla donna di dipingere la staccionata della tenuta. Quando, per scherzo, mise il pennello nella bocca dell’animale, questo emulò la padrona e prese a spennellare a sua volta.
Fu così che il cavallo si guadagnò cavalletto e colori. Non ammaestrato (né ammaestrabile), con movimenti istintivi, dritti, arrotondati o puntiformi, Cholla riempiva le tele. Nitriva e batteva gli zoccoli per l’entusiasmo, si dedicava alla sua attività per lunghe sessioni di lavoro durante le quali rifiutava il cibo e manifestava richieste d’aiuto quando gli capitava di urtare e gettare a terra il colore. Danilo Mainardi, etologo dell’università di Cà Foscari, grandemente colpito dal comportamento del cavallo, gli dedicò un capitolo nel suo libro L’intelligenza degli animali.
Hong, l’elefantessa
Famosi più per la loro memoria che per l’attività artistica, sono molti gli elefanti ripresi nell’atto di dipingere e, addirittura, di realizzare immagini non astratte come quella di un elefante, appunto. Hong, una femmina adulta, è forse la più nota: i suoi video hanno catalizzato migliaia di visualizzazioni e a lei ha rivolto il proprio occhio sia la stampa italiana che internazionale. La sua abilità fu tale da confondere celebri critici come Jerome Witkin: all’oscuro del fatto che si trattasse di un elefante, si espresse in termini molto positivi sulla sua arte.
Nel caso dell’elefante, però, il fenomeno non è del tutto casuale: esistono in Asia scuole d’arte per pachidermi, dove gli animali vengono iniziati alla loro carriera. Trattandosi di un’attività non spontanea, alla quale gli animali sono peraltro costretti, quello degli elefanti resta un caso più discusso, sia dal punto di vista etologico che etico.