Commenti su: Luciano Ravasio: «Il dialetto bergamasco muore, ma non ne faccio una tragedia»

gus

Riprendo, con il rischio di essere ripetitivo e tedioso. Quando ce ne andremo, ci porteremo via le nostre conoscenze e lasceremo qui solo le palanche, quelle che avevamo risparmiato pensando di campare sempre. Incontreremo anche il papa Gioanì, che in Vaticano parlava volentieri in bergamasco con i suoi amici, tra i quali il fotografo Dante Frosio di S.Omobono: i Roncalli eramo originari della Vallimagna. Riporto quanto Dante gli aveva detto: gà ni gnà ὒ gna ù?

Guido

Ol bec al ga de es magher e sec!

gus

I bergamaschi, amò, amò. Ma le bergafemmine....Spesso si rifiutavano di trasmetterlo ai figli, i quali "dovevano" aver a che fare solo con l'italiano, lasciando perdere, per snob, quanto loro avevano imparato in famiglia. A mio avviso, ià fàcc u messciòtt: abbandonare la parlata era intesa come una sorta di emancipazione, di promozione sociale. No, l'emancipazione è un'altra cosa. E intanto, a quelli che se ne vanno, resta il rincrescimento di non essere riusciti a trasmettere la lingua locale alle generazioni future. Una domanda: chi sono i bergamaschi? Quelli che abitano a Bergamo e provincia, o quelli che sanno parlare bene il bergamasco. Non certamente quello italianizzato, che io chiamo "del senterù" .

Luca

Invito la direzione a dare un piccolo spazio al sig. Ravasio dove ci diletta/stimola su argomenti di varia natura , canzonette, poesie ( mi viene in mente la poetessa recentemente scomparsa Rudelli), proverbi , storielle in dialetto e noi da casa possiamo commentare in bergamasco o italiano e al tempo stesso imparare o perfezionare il nostro bergamasco.

Cri

Concordo. Un bel tacer non fu mai scritto. Ma se mi guardò attorno ,non la riconosco più la mia Bergamo. Questo piango,ma la colpa è del tempo che passa.

gus

Non mi piace chiamarlo dialetto, ma "parlata", farcita di localismi che ne sono il sale. Un bergamasco "interpaesano" è un po' una forzatura. Certe volte per capirci fra di noi bisogna ricorrere all'italiano. Trovare insegnanti di madrelingua, che lo parlano perchè l'hanno imparato dalla mamma, is hard to find. Scriverlo e, pès amò, leggerlo è una forza-tura, cioè una tortura. Chi lo sa, lo parli. Gli altri, si arrangino!

Luciano Ravasio

Il titolo è "brutale"... Sembra quasi che non me ne importi nulla del futuro della nostra parlata... Argomentavo con Silini sulla difficoltà che si incontra ormai nel trovare "madrelingua" bergamaschi e sulla scomparsa delle persone in grado di cogliere anche le finezze linguistiche della scrittura in dialetto. Sicché diventa sempre più difficile farsi capire in chiave di qualità cantautorale se si usa il bergamasco. Vale sempre la cifra comica o parodistica. In una mia canzone intitolata I ròbe de salvà canto: "Ma ölerèss riàga pò a salvà / ol nòs dialèt savrìt, la sò poeséa…/ ‘n d’ün àngol a l’ delima moribónd / l’è come öna candela squase in fónd" (Ma vorrei riuscire anche a salvare / il nostro dialetto gustoso, la sua poesia / in un angolo si consuma moribondo / è come una candela quasi in fondo). Lo stesso brano termina dicendo che vorrei salvare l'amore dei bergamaschi per la loro terra e anche le mie canzoni e "si è röse i fiurirà...". Mi importa sì del nostro dialetto. Guardo in faccia la tragica realtà della nostra parlata e come chiudono le ballad americane: "I hang my head and cry".

Luca

Te Ravasio , parla per te. ades ta dighe come la pense . Me ogni tat al parle ol dialet e ma pias.so mia bù de scrif in dialet e de cert le mes dialet e mes italiacano. Ta salute e ta ole be come o fradel .

Matteo

"Ma francamente non ne faccio neanche una tragedia" Chèsta ólta te fàet piö bèla figüra a fà sito.