Morto Silvio Albini, re delle camicie Tra i clienti la famiglia reale inglese
Quando non era in giro per il mondo alla ricerca dei filati più preziosi, si rilassava nella sua splendida casa di via San Lorenzo, in Città Alta, affacciata su Porta San Giacomo (in precedenza aveva abitato in un appartamento in Piazza Mascheroni), dove stava da alcuni mesi. Uomo dalle letture raffinate e dai gusti musicali profondi, gran conoscitore della storia e dell'arte, amava ascoltare i canti gregoriani. Silvio Albini, presidente e amministratore delegato del Gruppo Albini e presidente di Milano Unica, è stato trovato privo di vita a causa di un malore stamattina, lunedì 22 gennaio, proprio in quella casa (ma sembra che il decesso risalga a sabato sera). Il Cotonificio di famiglia, cuore del gruppo, è stato fondato nel 1876 ed è oggi guidato dalla quinta generazione. «Una persone per bene, un imprenditore illuminato, capace di investire in tempi di crisi in una valle bergamasca dalla quale in molti volevano scappare. È stato un privilegio conoscerlo», ha scritto su Facebook l’industriale Gianmarco Gabrieli, tra i primi a commentare la notizia della scomparsa. I funerali saranno celebrati giovedì 25 gennaio alle 10 in Duomo, in Città Alta.
Il «re delle camicie». La qualità dei prodotti del gruppo è talmente elevata che Albini è unanimemente considerato il «re delle camicie». Nel 2015 il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella lo aveva insignito della carica di Cavaliere del lavoro. Puntando sull’internazionalizzazione e sull’alta gamma, ha tenuto la barra dell’azienda dritta in anni di crisi nera, indicando all’intero settore tessile bergamasco una via per sfidare le burrasche di congiuntura. Tra i tanti clienti del Cotonificio anche la famiglia reale inglese: nel ‘92 il gruppo acquisì due storici marchi inglesi, Thomas Mason e David & John Anderson. Oggi sono gli otto stabilimenti - tecnologicamente all’avanguardia – del gruppo, di cui tre all’estero. Garantiscono una produzione di alta qualità con oltre 20mila varianti di tessuto. Il fatturato è di 147 milioni di euro con oltre 1.400 dipendenti. L’export si attesta attorno a una quota del 70 per cento in 80 Paesi.
Il 140esimo compleanno. Nel 2016 il cotonificio ha compiuto 140 anni: «Un anniversario di cui siamo molto orgogliosi – commentò Albini al Sole 24 Ore -. Ma non c'è quasi tempo per godersi questo traguardo oppure per organizzare eventi particolari: restare competitivi in un mondo così pieno di incognite significa non abbassare la guardia neppure per un attimo. Però un piccolo lusso ce lo siamo concesso: per la prima volta nella nostra storia abbiamo scelto una testimonial, o meglio, una madrina, che sentiamo vicina per molti motivi». Si trattava della modella e attrice Elisa Sednaoui. «Il padre di Elisa è egiziano, la madre italiana: questo è il primo punto d’incontro, perché il gruppo Albini è fortemente legato al territorio bergamasco, ma allo stesso tempo ha investito da molti anni nei campi di cotone in Egitto, creando le migliori condizioni di sostenibilità ambientale e sociale».
Superata la crisi. «Entrare nel tunnel della recessione globale, iniziata nel 2008, e uscirne vivi o forse addirittura rafforzati è stato un traguardo importante», diceva Albini. «Nei prossimi anni continueremo a proporre collezioni di tessuti in cotone, lino o in altri materiali pregiati e misti, frutto della ricerca nei nostri laboratori interni – prosegue Silvio Albini –. È sbagliato pensare che il tessile sia un settore maturo. O meglio, lo è perché ha tanta storia: noi siamo nati nel 1876 e dopo un solo anno di attività la tessitura era già dotata di 40 telai meccanici e impegnava 44 operai. Però c’è spazio per innovazione di prodotto e di processo».
La sostenibilità ambientale. Tema caro alla famiglia Albini è la sostenibilità: «Non basta utilizzare del cotone organico per definirsi sostenibili, ma bisogna ridurre l’impatto ambientale e lo spreco di energia in ognuna delle fasi di produzione. Non è tutto: credo che la sostenibilità passi per il rispetto e la tutela dell’ambiente in cui si opera, inclusi i propri dipendenti e le loro famiglie».