Perché Reja merita un bel nove
La pagella del primo quadrimestre premia Edoardo Reja, 70 anni, veterano della Serie A che, con disarmante disinvoltura, ha cambiato pelle all’Atalanta dandole un gioco, un’anima, una mentalità offensiva. Reja prima ha salvato l’Atalanta dalla retrocessione e poi ha gettato le basi per questo campionato che, definire brillante, dopo 17 giornate, è eufemistico. Quel nono posto a quota 24 (7 vittorie, 3 pareggi, 7 sconfitte, 19 gol segnati, 19 gol subiti) premia il lavoro del signore goriziano che ha in Bollini il suo alter ego.
C’è dell’altro. C’è la capacità di valorizzare i ragazzi di Zingonia (Sportiello è da Nazionale, Grassi sta progredendo a velocità supersonica, Conti promette bene) e un nazionale Under 21 come Monachello che, per il girone di ritorno, promette sfracelli. C’è la sintonia con i tifosi che di Reja apprezzano non solo la bravura, ma la sobrietà, lo stile, la naturalezza con la quale si è subito calato nei panni del tecnico di una squadra i cui sostenitori non dicono «vado allo stadio», ma «vado all’Atalanta».
Non serve aggiungere altro. E, se i giocatori non si concederanno cali di tensione, modello sconfitta con il Chievo tanto per intenderci, nel 2016 Reja ci farà divertire ancora di più. L’Europa non è né un sogno né un’utopia. L’Europa è un obiettivo possibile. Ma bisogna crederci sempre.