Reja, l’ultima speranza Ma onore a Colantuono

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Stadio Achille e Cesare Bortolotti, Bergamo, domenica 1 marzo 2015. La Samp ha appena battuto l’Atalanta infliggendole la quarta sconfitta consecutiva. Basta guardare le espressioni sui volti dello stato maggiore atalantino per capire come la situazione stia precipitando.

Inter, Fiorentina, Juve, Samp: è la stessa, maledetta sequenza dell’andata, con una differenza: che stavolta è costata il posto a Stefano Colantuono e Dio solo sa quanto questa decisone sia pesata ad Antonio Percassi, dopo quattro anni e mezzo di lavoro con il tecnico laziale, il primo che il presidente esonera dall’inizio della sua seconda gestione.

Colantuono, l’uomo che ha superato Mondonico quanto a longevità sulla panchina nerazzurra; Colantuono, l’uomo dei 52 punti sul campo nell’anno del -6 e delle sei vittorie di fila in serie A, record senza precedenti nei 107 anni di storia del club. Ma quest’anno non glien’è andata dritta una, in campo e fuori. Gli infortuni di Estigarribia e Raimondi, l’eclissi di Denis, i continui cambi di modulo, le sconfitte a ripetizione, giù giù sino al coinvolgimento nell’inchiesta cremonese sulle scommesse che gli ha dato la mazzata finale perché Colantuono è un galantuomo e non è solo una questione di assonanza e quando sarà stata riconosciuta la sua innocenza saranno in molti a dovergli chiedere scusa.

Nessuno potrà mai rimproverargli di non avere provato in tutti i modi a ribaltare la situazione. Non c’è riuscito, ma, in questo momento,  il minimo che si possa fare è rendergli onore per il lavoro fatto e per il modo in cui l’ha fatto.

Ruvido, ruspante, ma sincero e convinto delle proprie idee. Lo dice uno che, per avere scritto su bergamopost ciò che tutti i tifosi si domandavano dopo la sconfitta di Udine, cioè dove fosse finita l’Atalanta, da Colantuono era stato tacciato di picconare la sua panchina mentre intorno si scatenava la dietrologia. Come se scrivere liberamente ciò che si pensa, anche sul sito il cui editore è il presidente della Dea, fosse qualcosa di straordinario. Ma questo è un altro discorso.

Ora c’è Reja, navigatore di lungo corso che non ha paura di stare in mezzo alla bufera. A 69 anni, il signore goriziano diventa il decano della serie A sul campo perché Ventura, l’artefice del Super Torino 2015, ne conta 67.

Reja ha esperienza da vendere, è un lottatore nato, sa di calcio e non c’è bisogno di aggiungere altro perché la sua brillante carriera parla per lui.

Reja è la scelta migliore che l’Atalanta potesse fare in questo momento. Ha 13 partite a disposizione per rimanere in serie A. Ora tocca alla squadra dimostrare di meritarsela.

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