Resterà nello staff

Il saluto di CR77: «Ora sono felice»

Il saluto di CR77: «Ora sono felice»
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L’ultima partita della sua carriera è stata sabato, Atalanta-Chievo. Nel giorno della grande festa per il ritorno in Europa dell’Atalanta da record, Cristian Raimondi saluta la comitiva ed entra nello staff di Gasperini. Gli abbiamo chiesto come si sente dopo mesi tanto incredibili e abbiamo capito che è un uomo felice. A 360 gradi.

Cristian Raimondi, ma cosa avete fatto?
«Abbiamo fatto qualcosa di cui ci renderemo conto, forse, tra trent'anni».

Se diciamo che è qualcosa di leggendario, esageriamo?
«No, assolutamente, non è esagerato. E lo dice uno come me che conosce bene cosa significa l’Atalanta, la sua storia, i suoi valori. Abbiamo superato il record di punti in Serie A. Sono stati battuti tutti i record, abbiamo raggiunto un piazzamento al quarto posto. E poi ci sono tante sfumature che non stanno nei numeri».

Ad esempio?
«Penso alle partite che abbiamo vinto e a come lo abbiamo fatto. Gare già sul 3-1 a fine primo tempo, successi incredibili come quello di Napoli e altre partite chiuse alla grande anche in dieci. Penso e ripenso a tutte le partite di questa stagione e mi viene da dire solo questo: definire “leggendaria” questa stagione è giusto, mi sembra che l’aggettivo calzi a pennello».

 

 

È un’annata irripetibile?
«Non me la sento di dirlo, ma certamente siamo di fronte all’annata delle annate. I risultati, come ho detto, sono lì a dimostrarlo».

Come ci siete riusciti?
«Credo che non ci sia un motivo solo, me ne vengono in mente parecchi. Il gruppo, prima di tutto. Pensando ai ragazzi che lo compongono, alla sintonia che si è creata e a tutto quello che di bello è successo a Zingonia posso dire che questo sia il migliore in cui io abbia mai giocato. E tecnicamente parlando, siamo quasi al massimo: la qualità è pari a quella del Palermo in cui ho giocato anni fa, ma dal punto di vista fisico non credo di aver mai visto un gruppo stare così bene».

Tutto perfetto, quindi.
«La società è al top in Italia e abbiamo una tifoseria che ci trascina in ogni momento. Tutto questo rappresenta un grande valore aggiunto. Non sempre basta per vincere, in passato abbiamo fatto altri buoni campionati, sempre in Serie A, ma è indubbio che questo sia qualcosa di storico».

Il mister ha cambiato il concetto di calcio a Bergamo?
«Gasperini è davvero preparatissimo, avevo sempre visto da fuori le sue squadre e mi colpivano ma ora che l’ho visto lavorare da dentro non posso che confermare tutte le buone impressioni. È uno che ha idee valide, in cui crede moltissimo, e i risultati in campo parlano da soli. Quando vedevo Biava portare palla e andare al cross, le volte che ci ho giocato contro quando era a Crotone e in tante altre occasioni mi sono stupito: il suo calcio è diverso da quello degli altri, è fantastico ed è riuscito a metterlo in pratica anche a Bergamo. L’Atalanta di Vavassori e di Delneri, in passato, hanno dimostrato che ci sono altre filosofie di calcio che colpiscono positivamente ma i risultati di quest’anno sono davvero grandiosi».

 

 

La partita più bella?
«Atalanta-Roma, senza dubbio. Il secondo tempo è stato spettacolare, ho avuto la possibilità di giocare qualche minuto nel finale e vi assicuro che certe partite sono incredibili anche se scendi in campo per pochissimo. Poi contro il Pescara in casa, in Coppa Italia, è stata un’altra partita per me particolare perché ho segnato il secondo gol ufficiale con l’Atalanta e ho pure sfiorato la doppietta: è stato bello guidare i tanti giovani che erano in campo al mio fianco».

Cosa porterà, nel suo nuovo ruolo, della sua carriera da calciatore?
«La passione del pubblico, quella che ho sempre avuto anche io e che mi ha accompagnato durante tutta la mia avventura calcistica. Sono un tipo positivo, credo che le cose improbabili si possano comunque avverare, senza mai dimenticare che nel calcio basta pochissimo per passare da un estremo all’altro».

Ha pensato di chiedere di poter giocare almeno un minuto in Europa?
«Sinceramente sì, ci ho pensato. Però non l’ho mai chiesto. Con la società ho un grande rapporto, in particolare con Luca Percassi c’è qualcosa di speciale, e quando abbiamo deciso di fare questo passo per il futuro non ci siamo detti quasi nulla. Ci siamo capiti e abbiamo trovato una soluzione praticamente senza discutere. Il desiderio di giocare anche solo un minuto in Europa sarebbe stata una cosa solo di Raimondi e io non voglio mettermi davanti alla squadra obbligando qualcuno a farmi giocare quel semplice minuto prima di smettere. Ho preferito lasciar andare tutto come doveva andare».

 

 

Si sente realizzato nel calcio?
«Ripenso alle parole di Favini e sono motivo di grande orgoglio: ha riconosciuto che non aveva valutato alcune mie caratteristiche e detto da lui è stata una vittoria. L’unico piccolo cruccio che ho è che avrei potuto tornare prima a Bergamo, quando vinsi il campionato di C2 da titolare a 18 anni ci rimasi male per il fatto che non venni chiamato per andare almeno in ritiro con la squadra di Vavassori che si preparava alla Serie B. Oggi, un ragazzo giovane che vince da titolare un campionato di Lega Pro, difficilmente non va in ritiro con i grandi. Una volta era più difficile. Però sono tutte esperienze che ti aiutano a crescere e mi hanno fatto venire le spalle larghe».

Nel prossimo ritiro sarà dall’altra parte della barricata.
«Sono molto curioso. Torniamo nello stesso posto, con le stesse persone, eppure sarà tutto molto diverso. Il nuovo punto di vista, l’attenzione ai dettagli, ragionare sui giocatori e quello che pensano e non il contrario, cercando di far andare tutto bene. Non mi spaventa, sono consapevole che non sarà facile dimenticare che fino a ieri stavo dalla parte del gruppo, con battute e rapporti da compagno di squadra, mentre adesso servirà intelligenza per cambiare la prospettiva. Ma sono pronto».

Cristian Raimondi è un uomo felice?
«Assolutamente sì, a 360 gradi. Nel 2017, alla faccia della scaramanzia, l’Atalanta è tornata in Europa e mi è nata la quarta figlia: sono veramente un uomo felice».

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