grassobbiese classe ’99

Sara Morotti, promessa del nuoto e tutta la caparbietà di un sogno

Sara Morotti, promessa del nuoto e tutta la caparbietà di un sogno
Pubblicato:
Aggiornato:

Sirena e squalo allo stesso tempo, un aspetto frizzante e leggero, occhi azzurri che brillano di spensieratezza, ma che sanno anche accendersi, ardere di determinazione e agonismo, tra le corsie di una piscina olimpionica: parliamo di Sara Morotti, grassobbiese classe ’99, talento in rapida ascesa nel panorama del nuoto agonistico che recentemente, nei campionati regionali, si è aggiudicata il primo posto nei 100 misti (il 24 febbraio a Milano, con il tempo di 1' 03'' 22''') e di nuovo il gradino più alto del podio nei 50 stile “rana” (il 4 marzo a Monza, con il tempo di 31 secondi e 43 centesimi). Due successi che ci offrono lo spunto per conoscere più da vicino questa giovanissima atleta orobica, che ormai dedica al nuoto una fetta davvero corposa della sua quotidianità, con il chiaro scopo di affermarsi anche nello scenario italiano di questa disciplina.

«Ero iperattiva». «Ho iniziato a nuotare quando avevo cinque anni, dopo che me lo aveva prescritto il medico, essendo io sempre stata una bimba iperattiva. Mia mamma era praticamente disperata e così hanno pensato di buttarmi in acqua per provare a calmarmi: non sono più uscita dalla vasca. Dopo solo due lezioni di corso mi hanno chiesto di entrare nel pre-agonismo, e da li è iniziato tutto. Da quel momento in poi, il nuoto ha preso parte della mia vita, fino a diventare la mia vita. Nuoto perché amo l'acqua, perché mi piace da morire, perché mi fa sentire viva e mi permette di sfogarmi: nuoto perché provo delle emozioni che sono sicura nient'altro riuscirà a farmi provare in tutta la mia vita».

 

 

A 15 anni, la scelta. Sara Morotti gareggia per la Ssd Team Lombardia Nuoto, una società altamente strutturata, forte di una ventennale esperienza nel campo della gestione sportiva e di una capillare presenza sul territorio; al suo interno moltissimi atleti svolgono un percorso agonistico d’élite (250 atleti tesserati nel settore agonistico e altrettanti nel settore propaganda), nei numerosi impianti lombardi dove la società opera: da Brescia a Desio, passando per Lecco, Mantova, Rho e Treviglio, solo per citarne alcuni. E proprio a Treviglio la Morotti vive e studia ormai da quattro anni, allenandosi presso la Piscina Comunale A. Quadri: «A 15 anni ho preso la decisione di trasferirmi e cambiare radicalmente tutto ciò che mi circondava, allontanarmi da tutto quello che aveva fatto parte della mia vita fino a quel momento, e crearmene una nuova da sola, per inseguire quello che era ed è il mio grande sogno».

Le gare... e la scuola. Partendo da un piccolo comune dell’hinterland bergamasco, Sara è ormai un’atleta di livello nazionale. Eppure mantiene quel carattere schivo e riservato che la contraddistingue, e che rifugge quella visibilità naturalmente connessa a traguardi di pregio: ha vinto più volte i campionati italiani giovanili delle diverse categorie e questo per lei è primo anno nel mondo dei grandi. Lo scorso dicembre, ai Campionati Italiani Assoluti Invernali, ha strappato un notevole quarto posto, mancando il podio di soli 3 centesimi di secondo: un risultato che nessuno si aspettava, essendo lei la più piccola in mezzo a molte ragazze ormai “assolute” da molto tempo e inserite a pieno titolo nel professionismo.

 

 

La Morotti, invece, non ha un contratto, quest’anno dovrà affrontare la maturità e giustamente si sta concentrando molto anche sulla scuola: eppure a metà aprile parteciperà ai Campionati Italiani Assoluti Primaverili Lifesaving della Fin (la Federazione Italiana Nuoto), con l’obiettivo dichiarato di strappare qualche medaglia e vendere cara la pelle anche nei confronti di atlete ben più quotate. Per conciliare il tutto, dopo quattro anni di scuola pubblica (a indirizzo ragioneria) senza debiti o bocciature, ha infatti optato per lo svolgimento del quinto anno di superiori presso un istituto privato (dedicato sostanzialmente agli sportivi) che somministra video-lezioni online, con orari “sagomati” sui suoi impegni giornalieri e professori in collegamento Skype.

In vasca sei ore al giorno. Nell’intervistare la nostra baby campionessa abbiamo voluto porre la nostra attenzione sugli aspetti quotidiani di un’esistenza al momento letteralmente votata a quell’acqua per lei così speciale, che mescola cloro e passione, sacrifici e soddisfazioni. «Di fatto sono cresciuta con il nuoto e l’agonismo mi ha cambiata totalmente: mi ha temprato e fortificato il carattere, perché in vasca sei da sola con le tue forze, e nessuno può aiutarti. Ci si allena dalle quattro alle sei ore al giorno, si nuota come forsennati per circa dodici chilometri, senza contare le ore passate in palestra: tutto questo per una gara che dura trenta secondi o un minuto, e che magari hai preparato ininterrottamente per sei mesi. E se va male, magari per pochi centesimi di secondo, praticamente un battito di ciglia, il giorno dopo la batosta pesa davvero tanto, è difficile da digerire. Eppure devi rimettere la testa in acqua e prepararti ad altri sei mesi di duro allenamento».

 

 

Uno sport “immersivo”. «A seguirmi è Renzo Bonora, uno degli allenatori più bravi e con maggiore esperienza, e pazienza, in Italia – prosegue –. Il nostro è sostanzialmente uno sport povero, dove girano pochi soldi: soltanto la Pellegrini e pochi altri riescono a campare di solo nuoto. Eppure riesce a regalare soddisfazioni enormi, e io ho la fortuna di togliermene parecchie: superata la trafila delle categorie giovanili, che interessano blocchi di due annate contigue, dal settembre 2017 sono passata negli “assoluti” e gareggio con atlete di ogni età provenienti da tutta Italia. Condivido l’appartamento con due ragazze livornesi, una di 23 e l’altra di 25 anni, con cui ho legato molto, e che gareggiano per professione con i colori della mia stessa società. I miei spazi liberi? I momenti di libertà che dedico a me stessa effettivamente sono minimi, ma neanche me ne accorgo. Quello del nuoto è un mondo così immersivo, soprattutto vivendo a stretto contatto con persone che lo praticano al mio stesso livello. Poi, dopo ore di allenamento, la sera siamo talmente stanche che le energie per uscire e fare tardi mancano proprio. Quando ho weekend liberi, senza gare in programma, torno con piacere a Grassobbio per due o tre giorni, così da poter rivedere la mia compagnia di amici e soprattutto i miei genitori. Allo stesso tempo ho molti amici e amiche nel mondo del nuoto, compreso il mio fidanzato, che è di Roma e anche lui ha un passato da nuotatore».

 

 

La carriera appesa a un filo. Immancabile anche qualche considerazione sui futuri progetti personali e professionali: «So bene quanto lo sport sia imprevedibile: la nostra carriera è sempre in bilico, appesa a un filo, e un infortunio può comprometterla anche definitivamente. Per quanto possa andar bene il mio percorso agonistico, sto infatti coltivando altri possibili sbocchi: consideriamo infatti che solitamente una donna nuotatrice si ritira tra i 26 e 28 anni, poiché il nostro è uno sport prettamente fisico, e così l’efficienza organica e la potenza muscolare naturalmente declinano dopo anni di allenamenti logoranti. Personalmente non mi vedo, come tante mie colleghe, nelle vesti di allenatrice a bordo vasca: vorrei comunque restare in questo ambiente, ma nelle vesti di psicologa dello sport. Vorrei studiare psicologia e nel contempo “sfruttare” la mia comprensione degli atleti e delle loro logiche. Mi piacerebbe tuttavia lavorare anche nel settore dell’infanzia, e in particolare con bambini autistici e disabili: il rapporto con questa fascia d’utenza sa essere estremamente stimolante e ricco di accrescimento personale».

Non è facile. Infine, la Morotti ci regala uno sguardo d’insieme su una vita, la sua, che giorno dopo giorno si colora di avventura, di ricerca continua di obiettivi sportivi ma anche personali: «Il nuoto mi ha permesso di sperimentare un’autonomia inedita, sono davvero cresciuta in fretta: spesso mi rendo conto di sentirmi decisamente più grande dei 19 anni indicati sulla mia carta di identità. E per questo ringrazio i miei genitori che mi hanno sempre sostenuta e permesso di uscire di casa così piccola. Non è stato facile non vivere a pieno la mia adolescenza, per di più lontano dalla mia famiglia che adoro e cui sono molto legata: ogni volta che posso mi butto tra le braccia di mia madre e le chiedo di coccolarmi, di farmi sentire quella calorosa presenza di cui ho bisogno nei momenti di difficoltà. Quello che mi rende orgogliosa non sono però i risultati sportivi, pur importanti, ma la ricchezza interiore che devo solo al nuoto. Una passione che mi ha trasformata, che mi ha spinto e gettarmi a soli 15 anni in un autentico “buco nero”, fatto di persone e posti sconosciuti: tutto questo perché credo follemente in quello che faccio, nel vivere una vita unica, anche se gli altri forse non possono comprenderla».

Seguici sui nostri canali