La scelta di Giova Un agriturismo sull'Etna
Questa è la storia di un’emigrazione al contrario. Di una famiglia bergamasca che ad un certo punto ha avuto il desiderio di cambiare vita e aprire un agriturismo da qualche parte in Italia. La crisi, il futuro incerto, la voglia di ricominciare da un’altra parte. Così padre, madre e figli sono andati su Google, e il posto turistico che hanno trovato in cima alla lista di vendite era un agriturismo in Sicilia, a Puntalazzo: La Foresta del Salto del Corvo. Sono andati a vedere com’era. Si trova sull’Etna, a 600 metri sul livello del mare e 1800 dai crateri. Neve, mare, sole, fuoco. Otto ettari di terreno, di foresta non coltivata ma piena di frutta e di vita, di flora e fauna, e un casale da ristrutturare composto da 12 camere, un’abitazione privata e due piscine. Un ottimo rapporto qualità-prezzo. Affare fatto. No, non ancora: una trattativa lunga ed estenuante, che dura un anno. Poi il colpo finale, trattativa chiusa.
«Da un giorno all’altro, ci siamo dovuti curare di questo posto» racconta Matteo Giovanelli detto “Giova”, il figlio maggiore, 29 enne bergamasco che ha preso in mano l’attività. «Come sempre il futuro riserva soprese, niente va mai come uno lo progetta. Questo è anche il bello. Ed è successo che di punto in bianco, in famiglia, abbiamo dovuto inventarci tutti una nuova professione. Nessuno di noi veniva da un background turistico. È difficile trovare qualcuno che abbia il coraggio di emigrare al contrario: vista la potenzialità del posto però, a mio avviso, è stata intelligenza più che coraggio. È anche una bella casa, uno ci vive bene. La vista è magnifica, sul golfo di Taormina, hai alle spalle un vulcano la cui forza di gravità e il cui magnetismo sono impossibili da descrivere a parole. Uno lo sperimenta quando c’è. Le eruzioni, essendo effusive, hanno già i loro percorsi prestabiliti e non c’è pericolo fino a 1900 metri di altezza, dove vivono gli ultimi abitati delle comunità montane – più simile ai bergamaschi per indole e chiusura».
L’attività, per una serie di combinazioni, parte subito in impennata. Siamo nella primavera del 2013. Racconta Matteo: «La prima stagione, senza esserne capaci, siamo stati invasi da stranieri in vacanza. Gli stranieri sono il 90% della nostra clientela». L’attività parte forte anche grazie alla pubblicità creata da Matteo, che in passato ha lavorato (e continua a farlo) nel mondo dei media e della creazione musicale e cinematografica – argomento che merita una storia a parte. Tutta la casa è tappezzata di cose sue: quadri, film, scritte, video. «Quest’anno, alla nostra seconda stagione, siamo arrivati più preparati e strutturati. Abbiamo anche aperto un ristorante per gli ospiti». I feedback sono stati estreamemnte positivi. L’agriturismo già figura tra le prime 100 strutture ricettive in Sicilia e tra le migliori sull’Etna. Anche i rating e commenti di TripAdvisor e Booking sono molto positivi per esperienza riportata e qualità del servizio.
E a livello umano? «È stato difficile trovare persone che si sono aperte. Siamo riusciti, con parecchia umiltà – non abbiamo mai rubato lavoro alle strutture che nate e cresciute lì per 30 anni – ad essere ben accolti, a creare la nostra nicchia, non essere disturbati da interventi esterni. Insomma, hanno cominciato a volerci bene. Tuttavia, la differenza culturale è notevole. Noi siamo molto più precisi, a fatti e a parole: ci atteniamo meglio al programma. Lì il programma non è così prioritario. Mancanze di appuntamenti e dimenticanze non sono vissute come negligenze, ma come variazioni sul tema. Laggiù c’è molta più cura dell’estetica, in tutte le sue forme – dal fisico, alla casa, al vestito. Orgoglio e famiglia sono ancora valori che si sentono tantissimo. Alla domenica, fra mezzogiorno e le quattro, non esiste nessuno: sono tutti a pranzo in famiglia. Fa piacere vederlo: da noi è un aspetto che si è un po’ perso. E poi, a livello culturale, la grossa differenza è la solidarietà. S’instaura una specie di fiducia reciproca che è quasi più chimica, magnetica fra le persone. E c’è un altissimo attaccamento religioso».
La stagione dura da aprile da novembre, ma l’agriturismo apre 10 giorni anche a Natale. Questo perché lì d’inverno si scia, con una pista in mezzo a sassi di lava e nessun tipo di vegetazione. Solo neve e cenere nera. «È iper-surreale. È come sciare nella stracciatella» dice Matteo. E si scia guardando il mare. Ci sono solo altri due posti al mondo che offrono la stessa possibilità: uno è in Giappone, l’altro alle Hawaii.
«Tante cose agli ospiti piacciono, e molto. Trovano un posto magico in linea con l’atmosfera del vulcano e della foresta. È un mondo a sé. Sei abbastanza isolato, per questo motivo va benissimo per workshop e sessioni di studio. La mia idea era quella di aprire, la prossima primavera, a qualche scolaresca. Il posto si presta tantissimo: tranquillità, tempo… vorrei scrivere una lettera a qualche scuola di Bergamo. A Taormina ci sono gli scavi, a due ore di macchina ci sono siti famosissimi. Se studi scienze e geologia lì a livello didattico puoi trovare molto».
Turisti ne arrivano da tutto il mondo: Australia, Cina, Giappone. Da Olanda, Belgio e Germania sono tantissimi. Con annessi aneddoti divertenti. «Anche se è sbagliato generalizzare, i luoghi comuni sui caratteri delle varie nazionalità sono puntualissimi. I tedeschi lasciano le camere perfette. Tutti i vestiti a posto, letti rifatti, buttano la spazzatura da soli: tutto organizzatissimo. I francesi non si fanno mai una doccia: i tappetini del bagno sono sempre puliti. Pulire la camera di uno spagnolo è sempre un terno al lotto. Nelle camere degli inglesi si sentono odori strani, e c’è spesso alcol. I russi comprano un sacco di roba, e non sono pulitissimi, ma amano l’Italia e sono sempre molto contenti di stare qui. I belgi hanno l’arroganza francese e la precisione tedesca, per questo sono i clienti più esigenti e puntigliosi: hanno sempre da ridire. I giapponesi sono personaggi di un altro pianeta, come stile e atteggiamento. Eleganti in tutto quello che fanno, nelle richieste, nell’approccio... Quest’anno ho venduto 414 camere, con una media di 3 persone a camera. 1300 persone circa. Capita di trovare persone davvero maleducate (gli italiani in primis), ma la maggior parte sono educate e intelligenti, e amano il posto che scelgono».
Un ultimo chiarimento. Da dove viene il nome “foresta del salto del corvo”? «Nella foresta più di un secolo fa scorreva un torrente che le persone di qui chiamavano corvo. Nella foresta il letto del torrente ha un salto, che doveva essere una cascata. Da cui “la foresta del salto del corvo”. Nessun riferimento al volatile, anche se qui è pieno di uccelli di qualsiasi tipo: aquile, falchi, corvi, gazze, volpi, lepri, talpe, topi, gatti, cani. Di cani ne ho cinque o sei, di gatti sette o otto. Vanno, vengono».