Il lutto

Se n’è andato Elio Capelli, sindaco di Albino dal 1990 al 1995, l’ultimo eletto dal Consiglio comunale

Vedovo da qualche anno, abitava a Vall'Alta in Valle del Lujo; da tempo ammalato, ma sempre lucidissimo, una brutta polmonite se l’è portato via

Se n’è andato Elio Capelli, sindaco di Albino dal 1990 al 1995, l’ultimo eletto dal Consiglio comunale

di Fabio Gualandris

Si è spento stamane (lunedì 22 dicembre) Elio Capelli, l’ultimo sindaco di Albino eletto dal Consiglio comunale nonché ultimo democristiano prima della riforma dell’elezione diretta del primo cittadino; nel suo mandato, dal 1990 al 1995, visse in prima persona il passaggio dalla Prima alla Seconda Repubblica. Vedovo da qualche anno, abitava a Vall’Alta in Valle del Lujo; da tempo ammalato, ma sempre lucidissimo, una brutta polmonite se l’è portato via.

«Sono nato col referendum istituzionale, nel 1946 da famiglia di semplici coltivatori con qualche attività nei trasporti – ci confidò in un’intervista -. Mio papà, di ritorno dalla prigionia in Germania e Polonia, e mia mamma con qualche occupazione al servizio di famiglie agiate, avevano l’aspirazione che i figli avessero un futuro migliore del loro e di tutto hanno fatto per farmi studiare almeno un po’… E poi mio padre se n’è andato presto e quindi l’esigenza di trovare un lavoro è diventata la priorità. Dopo aver conseguito il diploma di Corrispondente in Lingue Estere, allora non era molto diffusa la conoscenza delle “lingue”, venivo assunto di tre mesi in tre mesi in qualità di centralinista presso la Centrale Internazionale di Milano dei Telefoni dello Stato, per poi passare ai Servizi tecnici, per occuparmi anche delle trasmissioni audio della Rai».

Il suo percorso fu comune a tanti altri ragazzi: all’oratorio, nelle Acli, per passare alla passione per la politica e quindi la classica “gavetta” nella sezione della Democrazia Cristiana, qualche corso di politica nelle scuole di partito, così come avveniva normalmente anche in casa d’altri. La conoscenza di un po’ di storia, di democrazia liberale, con qualche rudimento di economia, la Costituzione, senza dimenticare la Dottrina sociale della Chiesa, poi in Consiglio comunale con tutti i passaggi e nessuna improvvisazione. Fino a diventare sindaco dal 1990 al 1995.

«I primi quattro anni sostenuto dai consiglieri della Democrazia Cristiana – diceva ancora nell’intervista già citata -. All’inizio del 1994 cominciano le difficoltà, pieno periodo di tangentopoli, la DC entra in crisi e tutto si dissolve. Una parte di consiglieri DC insieme alla “Lista Civica del Ponte” e al Partito Socialista decidono, dopo un confronto su un programma di fine mandato, di ridarmi fiducia e così nel giugno vengo rieletto insieme a una nuova giunta. Le difficoltà erano conosciute, però mi sono trovato ad avere la responsabilità delle gestioni nel periodo meno propizio, bastava una denuncia qualsiasi per avviare inchieste da parte della Procura e vi assicuro che non era piacevole… anche se poi tutto è finito lì, se firmavi rischiavi l’abuso in atti di ufficio, se invece negavi c’era l’omissione di atti d’ufficio. È stata una bella esperienza, ho conosciuto tante persone, sia colleghi di partito che di altri schieramenti, ci siamo confrontati anche aspramente ma abbiamo comunque mantenuto un buon rapporto che continua anche dopo un bel po’ di anni».

Ma cosa consigliava Capelli a chi ha l’onore e l’onere di amministrare Albino? «Consiglierei di ripensare a qualche iniziativa importante nella Cultura, di riprendere in mano, con maggior forza, il ruolo che Albino ha sempre avuto in Valle Seriana. Di metter mano alla macchina comunale, mi sembra che ultimamente si sia ulteriormente appesantita! Ma pensare anche al bello, il nostro territorio è ancora ricco di luoghi interessanti da valorizzare».

E cosa pensava della politica? «Oggi è di moda pensare che “quelli” che si occupano di politica siano necessariamente tutti dei ladri e quando va bene dei profittatori a caccia di privilegi, io penso non sia così. Non ci facciamo mai l’esame di coscienza, ci dividiamo sui social in tribù e diamo il consenso, di volta in volta, a chi ci garantisce qualche scappatoia, qualche condono, oppure a quelli che sono capaci di parlar meglio alla nostra pancia più che al nostro cervello, o che ci ingolfano di promesse irrealizzabili… salvo poi dare la colpa sempre agli altri. E poi la buona politica non specula sulla paura! Sono messi da parte quelli che propongono un progetto che tenga conto del futuro, che sappia pensare anche alle nuove generazioni e non solo ad una immediata convenienza elettoralistica. Preoccupazione questa che era una costante nel pensiero di Moro».