I funerali in Piazza Navona

Sei grandi gesti di Pannella

Sei grandi gesti di Pannella
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Una vita al fulmicotone. Senza mai un momento di respiro. Un uomo senza sonni, si direbbe. Questo è stato Marco Pannella, protagonista senza etichette né caselle della vita italiana degli ultimi 60 anni. Anche nella malattia e nella fine ha saputo essere protagonista, a modo suo. Al centro del potere, ma libero dal potere. È morto senza famiglia, pare senza averi, senza partito. «Lentamente muore chi teme di morire», diceva a proposito proprio della morte. «Più ti neghi le cose, più spegni la vita. Spero di accoglierla con grande familiarità, spero che in qualsiasi momento, soprattutto la notte, quella arrivi e possa darle il benvenuto, felice di trovarmi così...». La vita di Pannella più che di grandi fatti è stata segnata da grandi gesti. Tanti grandi gesti. Questi sei certamente non li dimenticheremo.

 

1. La rottura con gli amici (1962)

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Nel 1962 rompe con gli amici con i quali aveva fondato sei anni prima il Partito radicale. C'era in gioco l'ingresso dei socialisti al governo. Il partito si spaccò. Restarono solo lui e quattro amici. Che mantennero il nome ma cambiarono completamente la prospettiva. Da forza politica a movimento civile per i diritti. Le idee prima del potere. Poi le si potevano condividere o meno. Ma era una rottura di metodo.

 

2 - Lo sciopero della sete (1975)

Era presidente Giovanni Leone. Lui chiese di essere ricevuto in qualità di segretario del Partito Radicale. Ma non avendo eletto nessun deputato, Leone non poteva ricevere una forza non presente in Parlamento. Lui iniziò lo sciopero della sete, seminando il terrore al Quirinale che temeva di vedersi sfuggire il controllo della situazione. Alla fine Leone si arrese. Ricevette Pannella in qualità delle tante cariche che aveva come responsabile di numerose associazioni per i diritti civili. Alle quali s'aggiungeva quella di segretario del Partito Radicale...

 

3) Roma 1974, no ai plebisciti

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A sorpresa l'Italia laica vince al referendum sul divorzio. La richiesta dei cattolici oltranzisti di abolire la legge Baslini-Fortuna viene clamorosamente bocciata dagli elettori. Pannella era il vero vincitore, per la prima volta le sue battaglie d'avanguardia si saldavano con il sentimento della maggioranza. Ma al raduno trionfale delle sinistre e dei liberali lui non si presenta. Chiama i suoi a piazza Navona e festeggia da solo. Non gli piace l'Italia plebiscitaria...

 

4) Nudi contro il bavaglio

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Roma 1995. I Radicali propongono dei referendum per una riforma in senso liberale di Camera e Senato. Raccolgono le firme ma si trovano davanti il muro di silenzio dei media. In un teatro romano Pannella costringe gli amici del partito, Lorenzo Strik Lievers, Giorgio Cusino, Sergio Stanzani, Paolo Vigevano, Rita Bernardini, Giustino Mariano, Alfredo Frateloreto e Lucio Berté, ad un gesto clamoroso. Apparire tutti nudi in pubblico prima dello spettacolo. Lui no. Perché lui dietro le quinte iniziò a leggere un passo di Isaia: «Sciogliti il sacco dai fianchi e togliti i sandali dai piedi...». Poi spiegò: «Questa è la nuda verità come i nostri corpi, nudi, come la nostra denudata fatica, la nostra nuda politica...».

 

5) Capodanno coi detenuti

Padova 2009. È Capodanno. Pannella si presenta alle porte del carcere con Rita Bernardini. Sono le 11 e tutti i detenuti dormono perché nessuno ha voglia di fare festa. Lui ottiene di entrare e inizia un'intera notte di incontri, di dialoghi, soprattutto di ascolto. Chi c'era racconta di un'amicizia istantanea. Come se tutti i detenuti lo conoscessero da sempre e sapessero di potersi aprire con lui. Ancora una volta la politica è prossimità di corpi.

 

6) L'ultima lettera a Francesco

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22 aprile 2016. Un Pannella ormai sfiancato dalla malattia decide di scrivere una lettera a Papa Francesco. Ha la mano ormai fragile, e il manoscritto ordinato è quello di un amico. Sua la firma, con quel commovente «ti voglio bene davvero». La lettera non è quella di un convertito, ma quella di un uomo vero, che ha incontrato in Francesco un amico, un altro uomo vero. Alla fine c'è anche un'ammissione dell'esperienza di dolore che sta vivendo. È il parametro di quel dolore torna ad essere la Croce. Quella di Romero, scrive Pannella, riferendosi all'arcivescovo salvadoregno ucciso sull'altare, per aver difeso i poveri e la giustizia. Alla fine è la memoria della croce che rende la morte amica.

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