L'Autobianchi compie 60 anni

La Bianchina e tutte le altre auto orribili di una volta

La Bianchina e tutte le altre auto orribili di una volta
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Sessanta anni fa nasceva l’Autobianchi. Chiuderà trent’anni dopo. Di buono aveva fatto in tempo a produrre la Primula, di incredibile la Bianchina, l’auto resa immortale dal ragionier Fantozzi. Era, come si diceva allora, un’utilitaria di lusso. Dove il lusso o lo si prendeva con ironia o non poteva suonare altro che come un insulto. Tozza, con le sue alette posteriori che avrebbero voluto dire cinema, America, dollari facili, era un segno evidente della disistima del produttore verso il consumatore, identificato come un Fantozzi diffuso. Ne furono prodotti vari modelli, da quello base alla Trasformabile Special. Sfilarono davanti ai nostri occhi increduli la Cabriolet, la Panoramica, la Berlina 4 posti normale e Special (insostenibili allo sguardo) e perfino la versione Giardiniera, che in realtà era una Cinquecento familiare FIAT vestita per una malinconica festa.

Riandando con la memoria a quei tempi viene da pensare che non fosse tutta colpa della Bianchi. Che qualcosa dovesse essere andato perso un po’ in tutta Europa in quegli anni di ripresa e sviluppo del mercato automobilistico. La tedesca Ford continuò a produrre una vettura più grande della Bianchina, la Ford Taunus 12 M, a tre sole marce, che finì in una serie televisiva come auto di un prete detective a far da equivalente europeo della Peugeot del Tenente Colombo. Eppure aveva sul muso, al centro, la riproduzione in 3D di un mappamondo che faceva molto Detroit.

 La Ford Taunus 12 M

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La NSU, anch’essa tedesca e, come la Bianchi, operante nel campo delle due ruote, mandò sul mercato un’auto, la NSU Prinz, che riservava al passeggero la piacevole sensazione di trovarsi dentro una vasca calata dentro un’auto cui fosse stata tolta la parte superiore. Un ambiente surreale, molto più ampio di quanto l’aspetto esteriore lasciasse supporre, con divano posteriore a due piazze. Ma, dicevano in Germania, si accendeva sempre e non lasciava mai a piedi. Contenti loro.

La NSU Prinz

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La BMW, per non essere da meno, volle presentare una vettura, la 700 SL, dove il numero indica la cilindrata, e le lettere il lusso, che le foto col grandangolo fanno assomigliare a una Chrysler o una Chevrolet dell’epoca (aveva anche lei le alette), ma che era in realtà un’auto piuttosto piccola - costosissima, per la sua categoria - equipaggiata con un motore da motocicletta alloggiato posteriormente e raffreddato ad aria. Era inoltre dotata di una carrozzeria che sarà parsa molto protettiva solo a chi fosse abituato a viaggiare senza.

La BMW 700 SL

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La francese Citroen, nel probabile intento di spingere anche i più renitenti a comperarsi la meravigliosa DS 19  - che mandava arrosto i piedi del passeggero davanti, ma in compenso faceva viaggiare tutti nelle poltrone del salotto buono - decise di promuovere una specie di pagoda che chiamò Ami 6. Visivamente era divisa in due parti: quella inferiore, coi sedili, la strumentazione di guida, il motore e il bagagliaio, era - vista di lato - sobria, lineare e priva di alette a causa del dissidio tradizionale fra Parigi e Washington. Al piano superiore i progettisti avevano invece impiantato un tettuccio la cui parte posteriore si prolungava a dismisura, come se avessero voluto che i passeggeri - anche quelli seduti sul sedile posteriore - fossero protetti dai saggi solari perfino al tramonto.

 La Citroen DS 19

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Sembra impossibile che siamo passati indenni da un periodo esteticamente tanto disastrato. D’altro canto, di là dal muro, avevano la Trabant che ammorbava l’aria per chilometri ovunque passasse. E dunque, di che ci lamentiamo.

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