«Questa convocazione se l'è meritata»

Un Gallo bergamasco in Nazionale Belotti raccontato da chi lo conosce

Un Gallo bergamasco in Nazionale Belotti raccontato da chi lo conosce
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Anche i galli crescono. Nascono pulcini e poi s'azzuffano. In area di rigore. Come fa Andrea Belotti, oggi per tutti il Gallo, uno che la cresta la alza eccome, e che canta tre volte (chiedete al Bologna di Donadoni), ma anche due o una soltanto, cosa importa? È pur sempre una questione di gol, mica chicchirichì. «Tre anni fa io già lo dicevo: per me era uno da Atalanta, uno da squadra importante» dice sorridendo Alessio Pala, uno degli allenatori che Belotti lo ha avuto per le mani. Prima nelle giovanili e poi in Serie B con l'Albinoleffe. Nel pollaio, tra bomberini con i capelli pieni di gel e attaccantuculi da saturday night special, quello con la cresta più dritta era proprio Belotti. Cresciuto a Calcinate, ammiratore di Shevchenko («Campione umile, mai sui giornali per una stupidata», ha confessato lui), Andrea da piccolo rincorreva i galli nell'azienda agricola di Grumello del Monte della zia. Di tempo ne è passato, ma a ripensarci sembra quasi ieri. «Vederlo in Nazionale fa un certo effetto - racconta Pala -, fa piacere, è bello. Anche queste sono soddisfazioni. Ma i meriti sono soltanto suoi. È uno che si allena seriamente, che non lascia niente al caso, ci mette la grinta, la voglia. A cosa serviamo noi allenatori quando esplode uno così? Quando un ragazzo arriva lì è perché la somma degli insegnamenti fa il campione. Ma i meriti sono suoi».

 

alessio pala allenatore albinoleffe belotti

[Alessio Pala]

 

In azzurro ritrova Ventura che lo ha avuto al Torino. Conta?

«Anche questo può essere uno stimolo per lui. Un qualcosa in più. Il ct lo conosce bene, lo ha avuto e sicuramente sa come prenderlo. Ma credetemi, Andrea è un ragazzo d'oro e anche uno molto serio».

Chi le ricorda?

«Il primo Vialli, quello della Cremonese. Ha un motore che va il doppio di quello degli altri, è una dote che madre natura gli ha dato e gli altri ci possono fare ben poco. Quando gli avversari sono stanchi, quando la partita cala d'intensità, lui è ancora lì che spinge e viene fuori ancora di più la sua energia».

Faceva così anche nelle giovanili da ragazzino?

«Ho avuto Zaza, Gabbiadini, Pazzini. L'occhio, insomma, ce l'ho (ride, ndr). Se ho avuto un merito è solo quello di aver intuito le sue potenzialità. Nulla di più. Da ragazzo ci dava dentro. Ma non pensavo diventasse l'attuale cannoniere del campionato e un possibile bomber della Nazionale maggiore».

Allora è andata meglio del previsto.

«Se l'è meritato. Anche perché Andrea sa fare gol in tutte le maniere. Di testa, in acrobazia, sullo scatto. È un attaccante completo. Si diceva che non era molto aggraziato, non proprio elegante, per uno che sta in area di rigore. Ma se fai gol va bene lo stesso, no?»

 

andrea belotti albinoleffe

 

Ce lo racconta il Belotti dietro le quinte?

«Una volta andiamo a giocare a Udine, vinciamo e ne segna uno anche Andrea. A Mestre ci fermiamo, lui salta giù dall'autobus e si cambia la tuta: toglie quella dell'Albinoleffe e mette quella della Nazionale. Aveva il treno per Roma, una delle prime convocazioni della sua carriera. Ricordo che si mise a piangere dall'emozione».

Anche la maglia azzurra se l'è guadagnata.

«L'Under 18 la guidava Evani. Lo chiamai e gli dissi: "Non ti dico che è forte, ma almeno provalo". Dopo le cose sono andate avanti da sole. Andrea ha fatto bene in tutte le Nazionali giovanili e farà bene anche in quella maggiore, ne sono certo».

Invece fuori dal campo?

«Furbo. Soprattutto quando si giocava a briscola chiamata. Pure con le carte Andrea se la cava bene, ha le mani da croupier».

E la storia del Gallo?

«È nata il quel periodo lì. È la dedica all'amico Juri, o una cosa del genere. Questa storia è uscita un po' dappertutto, sui giornali e in televisione, e io a dire il vero non me la ricordo neanche troppo bene (la potete leggere QUI, ndr)».

 

 

Invece il primo gol in B se lo ricorda?

«A Livorno. Perdemmo 4-1, ma Andrea fece gol. Io ero subentrato a Salvioni, che lo aveva già fatto debuttare. Con me Belotti giocò la prima da titolare in casa contro la Juve Stabia. Anche quella volta perdemmo, ma segnò ancora».

In pratica un predestinato?

«Non lo so. Di certo Andrea è uno che si è messo sotto per arrivare dove è arrivato. Poi il destino fa il suo corso, uno ci frulla in mezzo e finisce nel punto giusto in cui la vita ti porta. Però Andrea lavora sodo, e questo aiuta».

Il resto è solo funky Gallo.

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