L'intervista

Un secolo di monsignor Bonicelli: «Giovanni Paolo II mi chiamava "mio generale"»

I 100 anni del vescovo scalvino. Ha conosciuto tutti i papi. «Sono convinto anch’io che la chiesa di Bergamo soffra di depressione»

Un secolo di monsignor Bonicelli: «Giovanni Paolo II mi chiamava "mio generale"»
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di Bruno Silini

È reduce da una caduta a Vilminore di Scalve, ma niente di grave. Per Monsignor Gaetano Bonicelli solo qualche giorno di pomate per ammortizzare la botta.

«Sono caduto stupidamente - dice -. Qualche volta si cade senza sapere il perché. Devo stare un po’ più attento. A 99 anni le gambe sono un po’, come si dice da noi, “sifuline” (traballanti, ndr). Adesso mi sono ripreso, ma è evidente che devo andare un po’ più piano».

Eccellenza, è prossimo ai 100 anni, ancora in salute e lucido. Verrebbe da dire, che ha fatto un patto col diavolo.

«È perché non un patto con il Padreterno?».

Al di là delle battute, il diavolo esiste?

«Beh, io non ho mai fatto uno studio al riguardo. Ma che ci sia, purtroppo, è una constatazione visiva, che incontri e con la quale siamo obbligati a fare i conti».

Alcuni suoi “colleghi” sostengono che la chiesa di Bergamo soffre di depressione. È d’accordo?

«Ne sono convinto anch’io. Non ho l’impressione che le cose girino per il meglio».

In che senso?

«Di fronte a certi problemi dovrebbe esserci un’unità di indirizzo e di azione».

Qualche esempio?

«Pensiamo ai preti nelle nostre comunità. Il prete è per la gente e se la gente non percepisce questo e anzi cerca di reagire alla sua presenza vuol dire che c’è qualcosa che non funziona».

Parla di preti che non vogliono o non riescono a inserirsi nella comunità?

«Credo di si. Ho l’impressione che non badino abbastanza alla realtà con la quale dovrebbero fare i conti».

Poca corresponsabilità alla realtà nella quale sono chiamati a svolgere il loro ministero?

«La pratica è quella che è, ma direi che anche dal punto di vista teologico lasciano a desiderare».

Non ha mai sognato di fare il vescovo a Bergamo?

«Mai messo in testa una roba del genere».

Se qualcuno le rimproverasse di aver fatto una vita comoda, lei cosa risponderebbe?

«Forse avrebbe anche ragione, ma ho l’impressione che bisognerebbe rovesciare la domanda».

Cioè?

«Nella vita di prete prima e di vescovo poi, il Bonicelli ci ha messo più impegno o responsabilità?».

E cosa si risponde?

«Nel mio stemma vescovile c’è il cartiglio con la frase paolina “Omnibus omnia factus” (“Mi sono fatto tutto a tutti”, ndr). Pur con i miei limiti, ho sempre cercato di corrispondere nei fatti a quella frase».

Se non avesse fatto il prete?

«Non ci ho mai pensato. Mi sono trovato in questa situazione per mia volontà e ho sempre cercato di operare secondo la logica che l’impegno esigeva».

Le fa paura la morte?

«Sì, come a tutti».

Cosa vorrebbe per il suo centesimo compleanno?

«Niente di più che lasciare serenamente spegnere la mia vita dove il Signore ha voluto che trascorressi i miei ultimi anni».

Il momento più difficile della sua vita?

«Il Signore ha voluto che gli impegni che ho preso, le nomine che ho ricevuto, siano sempre state allineate a quel che potevo rendere. Non ho mai preteso niente cercando di fare ciò che potevo» (...)

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