Una lezione per gli imprenditori Firmata: san Bernardino da Siena

A Bergamo, il 20 maggio ricorre, in occasione della festa liturgica del santo, il Dies Bernardinianus, organizzato da Parrocchia e Centro Culturale alle Grazie di Bergamo e da Parrocchia e Amici di S. Bernardino di Lallio. Una celebrazione che trova spazio nella cornice di otto giorni (dal 16 al 24) di concerti, visite guidate, conferenze, celebrazioni liturgiche, mostre e altre manifestazioni (il programma completo qui). E che ha coinvolto numerosi Comuni, associazioni e Parrocchie della Provincia legati al grande santo francescano. Bernardino fu molto attivo a Bergamo, dove abitò dal 1419 al 1422, anno in cui fondò la chiesa e il Convento delle Grazie di Porta Nuova. Qui divenne frate Licini Cacciaguerra, che fece costruire nel 1450 la chiesa di S. Bernardino a Lallio, prima in assoluto dedicata a lui.
Bernardino da Siena, a esser rigorosi, sarebbe di Massa Marittima, nella cui meravigliosa cattedrale fu battezzato i primi di settembre del 1380. I suoi erano personaggi importanti. È uno degli esempi più eloquenti di quel che si direbbe una smentita. I suoi morirono che lui era ancora gattonava, o poco più. Perse la madre a tre anni, il padre a sei. Così fu affidato a delle zie. Venne su bene lo stesso. Anzi, benissimo. A poco più di venti anni prese l’abito francescano, vendendo tutti i suoi beni e donandoli ai poveri. E prese a percorrere l’Italia ovunque predicando e cercando di metter pace fra le fazioni (lui le chiama: le parti, Guelfi e Ghibellini) che, letteralmente, si sbranavano a vicenda. Era un predicatore super richiesto, capace di performance oratorie inimmaginabili che, a detta dei presenti, tenevano avvinto il pubblico per ore e ore. Tutti che piangevano, si abbracciavano, decidevano di far penitenza.
In questa predica, ad esempio, ha anticipato di qualche secolo quel che papa Francesco ripete accorato sul danno arrecato dalle chiacchiere e dalle mormorazioni. Le chiacchiere sono omicide, introducono la divisione (Satana), nascono da pensieri ai quali bisognerebbe rifiutarsi di dar corda, si manifestano in iniziative dannose per tutti. Le cose vi vanno male, dice Bernardino,
Qualche suggerimento per la comprensione. «Voi che tenete le parti» - lo abbiamo detto - vuol dire «Voi che vi identificate in un partito piuttosto che in un altro», che vi sentite più guelfi o ghibellini che cristiani. Il fatto stesso di definirsi tramite l’appartenenza a un “partito” - è la parola a dirlo - implica accettare una divisione. Esser cristiano significa invece appartenere al tutto, puntare sull’uomo integrale, compiuto. Da cosa si capisce che «tenere le parti» non va bene? Da come sono ridotte le città nelle quali le divisioni politiche sono più profonde. Bernardino ha girato l’Italia, è stato un anno in Lombardia, e se n’è fatto un’idea terribile. Due mesi di lotte furibonde a Piacenza avevano cancellato quasi del tutto la presenza del clero: c’erano rimasti al massimo due preti e tre frati. A Como era stata l’urbanistica a soffrire: tre quarti degli edifici erano andati distrutti. Solo un quarto era rimasto in piedi. A Bergamo «peggio che peggio». Forse perché a quelle partitiche si accompagnavano appartenenze d’altro tipo. Poi un passo sintatticamente contorto - si tratta di appunti presi da un volonteroso che svolse la funzione dei nostri registratori scrivendo su tavolette di cera per non doversi fermare a intingere la penna nell’inchiostro - che sembra voler dire che i sueposti risultati si erano ottenuti in un paese come la Lombardia, tanto ricco che le perle (allusione al Quadrilatero della moda?) vi si contavano «a staia» (ossia come si misura il grano), al punto che la ricchezza di Siena - dove Bernardino stava predicando - al confronto valeva poco più di «una salsarella», l’intingolo per la bruschetta.




Era terribile, questo affascinante oratore insieme coltissimo e popolare, soprattutto quando attaccava la corruzione. Ossia - come la chiama lui - l’usura o, come lo diremmo noi, il potere della finanza. Una selezione di prediche nota col nome di Tractatus de Contractibus et Usuris, e un’altra intitolata Tractatus de Restitutionibus permettono di riconoscerlo come il primo difensore dell’imprenditore sano nella storia occidentale. Egli sostenne ad esempio - come farà ai nostri giorni il papa parlando di Enrique Shaw (il primo santo “in giacca e cravatta” com’è stato definito) che il commercio, al pari di tutte le altre professioni, può essere esercitato come una preghiera («State esercitando onestamente il vostro lavoro? Bene: state pregando») o come un delitto. Nel primo caso svolge una funzione altamente positiva equilibrando la disponibilità di beni nelle diverse regioni, costituendo una salvaguardia in caso di improvvisa calamità. In alcuni passaggi sembra di avvertire un elogio della logistica, in altri la difesa appassionata dei consumatori. Artigiani e aziende per la trasformazione trovarono certamente in lui un paladino:
Bernardino osservò inoltre che l’imprenditore viene dotato da Dio di una precisa e speciale combinazione di doti naturali che gli consentono di portare a termine questi compiti molto utili. Egli identificava in questa rara combinazione quattro precise doti imprenditoriali: efficienza, responsabilità, laboriosità, assunzione del rischio. Pochissime persone posseggono queste quattro virtù. Per questa ragione Bernardino sosteneva che l’imprenditore, giustamente, guadagna quanto gli basta a rimanere sul mercato e ad essere ricompensato per la sua fatica. Tutti questi guadagni sono la ricompensa per la sua fatica, per le spese e i rischi che ha corso. [fonte: Economic Thought Before Adam Smith by Murray N. Rothbard (Edward Elgar, 1995),e Istituto Acton].
Al contrario, la finanza - l’usura - si limita a rubare il tempo (cioè la vita) delle persone, obbligandole a lavorare per poter restituire gli interessi dei prestiti, senza tuttavia creare alcun valore al di fuori del capitale che manipola. C’è un passo in cui si parla del processo di usura che rende impossibile, a noi, evitare il confronto coi meccanismi della globalizzazione finanziaria. Cosa consentirebbe dunque lo sviluppo del bene e la contemporanea riduzione del danno generato dalla corsa al denaro improduttivo? La riscoperta dell’unità della persona, la disposizione culturalmente conquistata a rinunciare alla nozione stessa di nemico, di avversario. Il bene non può infatti essere diviso: può essere soltanto unito. Se, per i limiti dello spazio e del tempo cui è sottoposta l’umanità, il bene è diviso in parti lo è però come la particola dell’eucarestia, ciascun frammento della quale contiene il tutto. Per questo motivo Bernardino propose in ogni occasione, opportune et importune, il riferimento al corpo di Cristo come punto di partenza e di arrivo di ogni pensiero e di ogni attività che intenda essere realmente umana.
Lanciò per questo il logo IHS che si diffuse in maniera virale: «Perché i cristiani avessero sempre sotto gli occhi quel nome, egli li esortò a scolpirlo o a disegnarlo anche sulle porte delle case, sui vessilli, sui libri, sugli aratri, sulle culle e persino sulle pentole. A Siena (1425) ebbe tra gli uditori il celebre umanista Enea Silvio Piccolomini, futuro Pio II. I magistrati fecero dipingere il trigramma propagato dal santo sulla faccia del Palazzo Pubblico e alle di lui esortazioni riformarono gli statuti della repubblica. Bernardino era convinto "che molto meglio si può vivere senza pane che senza giustizia». [vedi] Anche questa l’abbiamo già sentita, nei giorni scorsi. E più volte. Segno che la santità non consiste nella capacità di risolvere i problemi politici, imprenditoriali, finanziari. Serve soltanto a ricordare ai distratti che non è impossibile tentar di vivere ad altezza d’uomo, che non è necessario dedicarsi alla rapina sistematica dei consumatori, che si può benissimo usare il denaro in maniera corretta. Qualcuno lo ha già fatto, e dunque, perché non potrebbe ciascuno di noi far lo stesso?