«Una svista a diciotto anni e sulla cittadinanza sono dovuta ripartire da capo»
Una giovane nata e cresciuta a Bergamo, sconvolta per un lutto familiare, ha dimenticato di presentare la domanda entro l’unico anno concesso

di Nicola Magni
C’era una data cerchiata in rosso sul calendario, ma la vita ha avuto altre priorità. Eliana (nome di fantasia) è nata e cresciuta in Italia da genitori albanesi, ha frequentato qui le scuole, parla italiano con gli amici, si sente parte di questo Paese in tutto e per tutto.
A 18 anni avrebbe potuto fare richiesta per ottenere la cittadinanza italiana, come previsto dalla legge per chi nasce qui da genitori stranieri, ma proprio in quell’anno un lutto improvviso le ha tolto il fiato e le coordinate. Il tempo è passato, la scadenza è sfuggita e ora, a distanza di anni, quell’attimo mancato pesa su ogni scelta della sua vita.
Per non aver presentato la domanda entro quell’unico anno concesso, oggi Eliana si trova costretta a ricominciare da capo. Dovrà affrontare l’intero iter previsto per chi non è nato in Italia, con attese che possono durare anche un decennio. La sua è una storia semplice, ma potente: racconta cosa succede quando i diritti si intrecciano con la burocrazia e quando una distrazione umana o un dolore troppo grande diventa una condanna a tempo indeterminato.
Come previsto dalla legge italiana (art. 4, comma 2 della legge n. 91/1992), chi nasce in Italia da genitori stranieri può richiedere la cittadinanza al compimento dei 18 anni, a patto che presenti la domanda entro un anno. Un solo anno. Dopodiché, la porta si chiude. E proprio a 18 anni, la vita di Eliana è cambiata per sempre: il lutto familiare l’ha travolta, lasciandola in una nebbia di dolore e confusione. In quel periodo, nessuno in casa sapeva o riusciva a pensare che stava per scadere un diritto.
Cresciuta tra due mondi
«Sono cresciuta tra due mondi, ma Bergamo e l’Italia sono casa». Eliana è nata a Bergamo, una città che accoglie con discrezione (...)