Sulla vetta del Nanga Parbat

Valerio Annovazzi di Valtorta ha conquistato il suo ultimo ottomila a 64 anni

L'impresa il 3 luglio scorso, in cordata con italiani, un argentino e un pakistano. Ora stop: «L'ho promesso a mia moglie»

Valerio Annovazzi di Valtorta ha conquistato il suo ultimo ottomila a 64 anni
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Ha iniziato a scalare a cinquant'anni e, dopo una vita come muratore e camionista, si è dato prima al trekking, poi all'alpinismo. Dopo una serie di esperienze importanti, è così riuscito a raggiungere la vetta del Nanga Parbat Valerio Annovazzi, 64 anni (quasi 65), originario di Valtorta in Val Brembana. Lo ha fatto il 3 luglio scorso, durante una salita impegnativa e senza ossigeno supplementare. Adesso però, dopo il quinto ottomila (il monte è alto 8.126 metri) conquistato in Pakistan, ha deciso di smettere con le grandi imprese, anche se la passione per la montagna rimarrà anche in futuro.

Dal trekking all'alpinismo sopra gli ottomila

Nell'intervista pubblicata oggi (lunedì 10 luglio) su L'Eco di Bergamo, ha raccontato di come la scalata sia stata difficile, con un rilievo molto ostico, forse non come il K2 ma poco ci manca. Anzi, lui l'ha definito «forse tecnicamente ancora più difficile». Annovazzi ha superato sfide sulle Ande, in Asia e poi è approdato ai primi ottomila metri nel 2014.

Il primo è stato il Cho Oyu (8.201 metri), poi è arrivato il Manaslu (8.156 metri) e il Gasherbrum II (8.035 metri), dove è rimasto bloccato, senza cibo, per tre giorni a causa del maltempo. Nel 2018 ha rinunciato al Makalu, quando mancava poco alla vetta, mentre nel 2019 ha conquistato il Broad Peak, tra Cina e Pakistan, alto 8.047 metri.

Il Nanga Parbat dal suo versante nord-est

La conquista del Nanga Parbat

La conquista del Nanga Parbat è arrivata in cordata con il veneto Mario Vielmo, il primo a raggiungere la vetta, con il valtellinese Marco Confortola, l'argentino Juan Pablo Toro, il veneto Nicola Bonaiti e il pakistano Muhammed Hossein. La felicità è tanta, specialmente perché si trattava di un traguardo difficile: «Una grandissima soddisfazione - l'ha definita sempre a L'Eco -, perché il Nanga Parbat è veramente difficile, a detta dei più tecnicamente è veramente il primo. Dai 6.800 ai 4.900 metri si scende in corda doppia, la parete è verticale. Sia la salita sia la discesa sono veramente difficili, e stavolta ho rischiato».

Adesso, però, ha appunto promesso alla moglie che ci darà un taglio con le cime importanti. Per far capire che dice sul serio, ha pure donato gran parte della sua attrezzatura ai pakistani che ha incontrato in quest'impresa. Annovazzi si è trasferito da tempo in Valsassina, a Introbio, ma a Valtorta ci torna spesso e volentieri. Ora, avrà una bella storia in più da raccontare.

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