Una ricetta in esclusiva

Wood*ing, dove le erbe selvatiche diventano piatti e bevande deliziosi

Wood*ing, dove le erbe selvatiche diventano piatti e bevande deliziosi
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Che sapore ha una camminata in montagna tra i prati delle valli bergamasche? Per imparare ad esplorare il nostro territorio con occhi (e papille) diversi, Bergamo Post ha incontrato Valeria Margherita Mosca, chef, forager e fondatrice di Wood*ing, laboratorio di ricerca sulla raccolta, la conservazione e l'utilizzo del cibo selvatico in cucina.

Il foraging è l'attività di raccolta, in luoghi incontaminati, di erbe spontanee o parti di vegetali ritenuti adatti al nutrimento. Dal bosco al piatto. Molte parti delle piante sono commestibili: cortecce, licheni, erbe, fiori persino alghe. Nulla di nuovo, da sempre la raccolta è un comportamento umano. Fino alla fine dell'Ottocento circa l'85 percento di un pasto del ceto medio-basso era composto da cibo selvatico. Dopo l'industrializzazione con l'avvento della globalizzazione alimentare ci siamo dimenticati tutto ciò, tanto da far sembrare il foraging un'attività oggi innovativa. Valeria ha trasformato la passione per la montagna e il contatto con la natura in un lavoro. Tiene anche lezioni per chi vuole (ri)scoprire questa pratica: adulti e bambini, curiosi e professionisti del settore della ristorazione. Wood*ing è anche sperimentazione con il wild food lab, un laboratorio di ricerca sulla raccolta, analisi, conservazione e utilizzo del cibo selvatico in cucina.

 

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Valeria, chi ti ha insegnato i segreti di raccolta?
Sono stata molto fortunata ad avere una nonna raccoglitrice originaria del nord, in un luogo molto isolato. Lei mi ha insegnato fin da piccola a raccogliere e per me è sempre stato del tutto normale. Ho sempre avuto un rapporto privilegiato con la natura: per me è fonte di ispirazione, mi insegna a vivere mi fa sentire a casa.

Cosa si può trovare in abbondanza tra le valli bergamasche in questo periodo?
Si possono trovare ancora erbe nei luoghi più freschi e più alti, la silente vulgaris, buonissima in insalata o cotta ad esempio; erbe più aromatiche come l'achillea o il timo, alcuni funghi, i primi frutti, le erbe acide come l'acetosa dei boschi o la rumex acetosa... Davvero moltissimi alimenti.

Come cambia il raccolto durante le stagioni nelle nostre zone?
Nel foraging si seguono delle microstagioni: alcune piante possono essere disponibili solo per pochi giorni. Si deve entrare in empatia con gli ecosistemi, con gli habitat, imparare a scivolare e surfare i loro ritmi, a farli propri. Ciò che viene raccolto dal nostro  food lab sperimentale viene conservato con le metodologie più disparate e in seguito cucinato proponendo una filosofia di alta gastronomia che va oltre al puro esercizio di stile ma si riempie di tutte le valenze di tutela ambientale e della nostra biodiversità.

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Ph. Francesco Zoppi
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Ph. Francesco Zoppi

Prepariamoci a partire, zainetto in spalla. Cosa è necessario portare con noi per fare foraging?
Abbigliamento tecnico da escursione, scarponcini da trekking, guscio o k-way per piogge improvvise, se usciamo dai sentieri mappe e un telefono cellulare, arnesi per la raccolta come sacche di stoffa naturale, coltellino, forbici e dell'acqua.

Con quali piante, molto riconoscibili, si può iniziare?
Consiglierei di iniziare dalle specie più semplici e più comuni come il tarassaco o la piantaggine (una buonissima pianta erbacea che ha note di fungo porcino fresco), le foglie di alcuni grandi alberi come la betulla e il faggio, i primi frutti del bosco.

Come si raccoglie in sicurezza per evitare pericoli?
Non si raccoglie mai ciò che non si conosce bene o non si sa riconoscere bene. Per ogni pianta buona esiste un sosia cattivo e quello cattivo può essere tossico o mortale. È importante formarsi. Wooding tiene corsi sia amatoriali che professionali aperti ad adulti ma anche ai bambini, per insegnare a conoscere i nostri boschi ed esplorare il territorio in ogni stagione.

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Sicurezza per noi ma anche per l'ambiente. Cosa è la regola del 5 percento nel foraging?
Non si raccoglie mai più del 5 percento di quello che vediamo disponibile davanti a noi. Non dobbiamo nuocere all'ambiente con la raccolta ma, anzi, se possibile, entrare in armonia con lei. Se raccogliamo solo poco di ciò che vediamo disponibile non andiamo a interferire troppo con l'ecosistema che stiamo visitando e non mettiamo a rischio l'esistenza delle specie.

Quali parti della pianta si possono mangiare?
Quasi tutte, dipende dalla specie che ci troviamo davanti: si mangiano le foglie, i semi, le cortecce interne, i frutti, le radici, i funghi, i licheni , le alghe...c'è un mondo ricco di alimenti la fuori!

Una volta in cucina, come possiamo utilizzare le piante raccolte?
Consiglio di cucinare in maniera più semplice possibile per godere al massimo dei sapori intensi tipici del cibo selvatico. Non cuocere questi alimenti troppo così da approfittare della carica di nutrienti enorme che contengono! Pensa che l'ortica, una delle più comuni foglie verdi selvatiche contiene ben 25 volte in più vitamina C rispetto alla lattuga coltivata oltre a ferro, potassio e altre vitamine.

 

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[Photocredit Francesco Zoppi]

 

Una ricetta in esclusiva per i lettori di Bergamo Post
Risotto all’abete e latteria
(Per 4 persone)
200 gr di formaggio “latteria” non troppo stagionato
4 pugni di riso carnaroli
Alcuni rametti di abete
aghetti di abete fresco
burro q.b.
parmigiano q.b
vino bianco q.b.
olio q.b.

 

  • Come preparare il brodo di abete: fare un infuso con abbondanti rametti di abete completi degli aghi. Questo si ottiene mettendo in infusione nell’acqua appena bollita (ma a fuoco spento) alcuni rametti di abete spezzati in più parti per 8 ore.
  • Filtrare.
  • Tostare il riso in una padella con poco olio.
  • Sfumare con  vino bianco e aggiungere piano piano il brodo di abete caldo fino a cottura ultimata (circa tredici minuti).
  • Mantecare con burro e parmigiano e il formaggio latteria grattuggiato.
  • Impiattare.
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