Yuri Previtali, il bergamasco che combatte in Ucraina: «Sono pronto anche a morire»
Ha 27 anni e una figlia di 6. Ha lasciato Palazzago e si è arruolato in un battaglione di Kiev. «Qui tutto è distrutto, tutto è morto, anche gli alberi»
di Andrea Rossetti
«Hola hermano, como estas?». La risposta dell’uomo passato sullo sfondo resta a noi sconosciuta, distanti quasi tremila chilometri da lì e aggrappati a una connessione ballerina. Vediamo però il volto di Yuri aprirsi in un sorriso. Sopra di lui, il cielo è azzurro e con poche nubi.
Durante la videochiamata, è seduto per terra, all’esterno di quella che pare essere una casa di pietra. Ogni tanto passa qualche suo compagno di battaglione, si salutano. Tutti indossano una tuta mimetica, quella che ha fornito loro l’esercito ucraino. Ma non sono ucraini. «Il nostro è un battaglione misto: c’è qualche ucraino, ma per lo più sono sudamericani. Brasiliani, colombiani. Per fortuna, lo spagnolo un po’ lo mastico, quindi riesco a capire e farmi capire».
Il foreign fighter bergamasco
Yuri Previtali ha 27 anni, è nato e cresciuto a Palazzago. Da due mesi si trova in Ucraina per combattere, «per difendere gli ideali di democrazia e libertà in cui credo fortemente».
Yuri è un foreign fighter e racconta di aver conosciuto altri due italiani lì. Uno di questi è Kevin Chiappalone, ventenne genovese noto alle cronache per essere il primo italiano indagato perché ritenuto un mercenario.
Lo prevede la legge e Yuri sa bene che vale anche per lui: «So cosa dicono le norme e a cosa vado incontro, ma non mi interessa. Mi pare un enorme controsenso: il nostro Stato, giustamente, finanzia l’esercito ucraino, invia armi e munizioni. Perché allora io non posso combattere al fianco del popolo di Kiev? Sinceramente, penso che ci vorrebbe più gente come me. Siamo qui in tre su sessanta milioni di italiani, ti pare normale?».
In realtà, secondo fonti dei servizi di intelligence e Antiterrorismo italiane, allo scorso novembre erano tra i venti e i trenta i nostri connazionali combattenti in Ucraina, da una parte e dall’altra dei due schieramenti.
Yuri e alcuni compagni di battaglione in partenza per il Donbass
La devastazione nel Donbass
Yuri Previtali al fronte
Yuri Previtali in videochiamata
La scelta di partire
Di sicuro, Yuri non è lì per soldi. E lui non si definisce un mercenario. «Lavoravo come autotrasportatore per un’azienda, avevo un contratto a tempo indeterminato. Ho presentato le dimissioni quando ho deciso di partire. A dire il vero, non ti so dire quanto mi paghino qua. Ho una specie di carta prepagata e mettono lì lo “stipendio”, ma non mi interessa...».
Una posizione diversa da molti suoi compagni di battaglione (...)