Droga dello stupro e ambienti gay: la Lega si dissocia dalla "sparata" del leghista Galizzi
Il consigliere regionale bergamasco aveva sostenuto l'opportunità di aumentare i controlli negli ambienti omosessuali
Non soltanto la comunità arcobaleno, ma anche la sessa Lega ha voluto prendere le distanze da Alex Galizzi, consigliere regionale bergamasco leghista che nei giorni scorsi aveva sostenuto l'opportunità di aumentare i controlli negli ambienti gay per arginare la diffusione della droga dello stupro e di altre sostanze, come il mefedrone e il chrystal meth.
La condanna del Carroccio è arrivata per bocca del deputato e segretario provinciale Cristian Invernizzi che, interpellato da Corriere Bergamo, ha definito la “sparata” di Galizzi «un’uscita infelice», aggiungendo che la Lega non ha condiviso questa dichiarazione e di non conoscere i dati a cui faceva riferimento il consigliere regionale, che è anche vicepresidente della Commissione Antimafia di Regione Lombardia.
Galizzi aveva sostenuto che «gli ambienti gay» potevano potenzialmente diventare luoghi di distribuzione e diffusione della droga dello stupro, anche se non ne aveva specificato la ratio. «Se togliessimo il velo di ipocrisia che riguarda taluni gusti sessuali – aveva dichiarato – avremmo campo libero per arginare questa droga che sconfigge psicologicamente e fisicamente le donne e ragazze, ma che oggi deve preoccupare pure i ragazzi».
Una dichiarazione che Marco Arlati, presidente di Arcigay Bergamo Cives, ha definito «aberrante e agghiacciante», sottolineando come i problemi legati all’abuso e allo spaccio delle droghe sia indipendente dall’orientamento sessuale o dall’identità di genere di una persona.
Tuttavia, Alex Galizzi, pur avendo rimosso da Facebook il post incriminato, non è parso intenzionato a rimangiarsi quanto sostenuto. Anzi, sempre a Corriere Bergamo, Galizzi ha detto che se fosse stato per lui il messaggio sarebbe rimasto al suo posto. «Le statistiche dicono che in alcuni ambienti l’utilizzo di droghe è maggiore – ha ribadito -. Non sono parole offensive, ma è un monito a tutela di tutti, in particolare dei giovani».