Il vertice del Pd

Gandolfi detta le condizioni: grande coalizione o in Provincia non corro

Incontro in via Tasso fra il presidente (che ha chiesto garanzie) e il segretario provinciale del Pd Gabriele Giudici, criticato per aver compromesso i rapporti con i moderati del centrodestra

Gandolfi detta le condizioni: grande coalizione o in Provincia non corro

Il passaggio è stretto, strettissimo, impossibile o quasi. Il presidente uscente Pasquale Gandolfi ha posto come condizione fondamentale per la sua ricandidatura in Provincia che a sostenerlo sia la maggioranza con cui ha lavorato finora, formata da Pd, Lega e Forza Italia.

È la sintesi del vertice del Partito Democratico che si è tenuto nel pomeriggio di oggi (13 ottobre) in via Tasso a Bergamo. Presenti, oltre a Gandolfi, il segretario provinciale Gabriele Giudici, il responsabile Enti locali del partito, Daniele Pinotti, e i sette consiglieri provinciali dem.

Col centrodestra unito, Gandolfi si sfila

Secondo quanto emerso, Gandolfi si sarebbe detto indisponibile a fare il candidato di bandiera per il solo Pd, rischiando di perdere sonoramente contro il Centrodestra unito.

Durante il vertice, il presidente uscente avrebbe sottolineato di essere disposto al bis solo a determinate condizioni. Sine qua non, il fatto di aver al suo fianco una coalizione allargata. Quella Pd-Lega-Forza Italia e anche oltre che, secondo quanto risulta a PrimaBergamo, era in piedi fino a tre settimane fa. E che Gandolfi aveva tessuto con un abile lavoro di mediazione, raggiungendo anche il tacito assenso di Fratelli d’Italia.

Il “caso Caravaggio” e lo strappo

Solo che poi sono arrivati il caso Caravaggio e il conseguente terremoto che ha scosso gli equilibri provinciali, di fatto, ribaltandoli. Con il Pd entrato in contrasto con l’ormai forzista Claudio Bolandrini e poi uscito dalla maggioranza nel paese della Bassa, causa paventato assessorato a Matilde Tura, che peraltro è del Pd stesso (e, per inciso, la moglie del coordinatore regionale azzurro Alessandro Sorte). Inutile il tentativo del segretario provinciale Giudici di tenere la questione confinata nell’ambito locale. La vicenda è deflagrata, finendo per guastare irrimediabilmente i rapporti con gli azzurri anche in Provincia. Il che ha ridato fiato a Fratelli d’Italia e alla Lega. Il centrodestra ha così deciso di correre unito in via Tasso e oltre, mettendo il Pd in grave impasse.

Scontro interno al Pd

Il problema è che lo schema politico chiesto dal presidente uscente, allo stato attuale, non c’è più. Mai dire mai in politica, ma al momento non sussistono i presupposti per (ri)creare una grande coalizione come quella che ha retto finora la Provincia. Di qui l’aut aut di Gandolfi – che si è sempre presentato come trade union fra le forze politiche – pronto a ritirare la disponibilità se la gara dovesse essere Pd contro Centrodestra unito, al prossimo giro. Se non ci sono le condizioni che ho chiesto non corro, avrebbe detto a Giudici secondo le indiscrezioni. Aggiungendo, in sintesi, di non essere disposto a fare il capro espiatorio per scelte non sue.

Nella riunione di oggi, sono emerse dure critiche anche alla linea strategica del segretario dem. Un’ala del partito imputa a Giudici le mosse azzardatissime e gli errori che avrebbero indebolito il Pd e fatto saltare l’asse fra i moderati che durava da 10 anni, mettendo il partito in un cul de sac, da cui ora sarà davvero complicato uscire.

La maldestra vicenda di Caravaggio, che è scoppiata in mano al segretario e ai suoi sostenitori rischia di “ghettizzare” i dem, condannandoli a una sconfitta pesantissima anche sul versante delle nomine nelle partecipate della Provincia.

A difendere il segretario e la sua linea solo il consigliere provinciale Erik Molteni. Giudici, in un’intervista al nostro giornale (QUI l’edizione digitale per leggerla completa), ha spiegato le ragioni delle sue scelte. Senza però convincere i critici del suo stesso partito.