La partita a scacchi sui nuovi vertici di Uniacque, che intanto aumenta le bollette
Bertocchi (Pd) in testa come amministratore delegato, ma per la presidenza le trattative sono ancora in corso. Non senza scintille e colpi bassi
di Andrea Rossetti
PRECISAZIONE DI HIDROGEST:
«Rispetto al paragrafo in cui menzionate la nostra azienda, tengo ad evidenziare che gli impianti tuttora di proprietà di Hidrogest S.P.A. (ora HServizi), messi a disposizione del nuovo gestore, in questi anni sono stati costantemente ammodernati, grazie ad una mole di investimenti pari ad otre 40.000.000€ negli ultimi 10 anni, il che ha consentito una gestione ottimale del servizio, nel rispetto dei principi di qualità, continuità e rispetto dell’ambiente. In questi anni i nostri impianti sono sempre stati ritenuti conformi e certificati annualmente dall’ente preposto che ne verifica la correttezza funzionale, procedurale e documentale; mi preme puntualizzare anche che la società, nata 73 anni fa, con lo scopo di garantire il servizio idrico integrato, grazie agli investimenti fatti e alla capacità gestionale dei nostri tecnici, ha dato all’Isola bergamasca un servizio puntuale ed al giusto costo, molto inferiore rispetto alla percentuale indicata nel vostro articolo. Vi chiediamo pertanto, prima di pubblicare ulteriori inesattezze nei nostri confronti, di verificare i nostri bilanci, che sono pubblici e disponibili sul sito www.hidrogest.it. Essendo una società pubblica abbiamo sempre evitato sterili polemiche rispetto al confronto con altri soggetti, il nostro fine è unicamente quello di garantire un servizio di eccellenza ai nostri cittadini; capacità che in questi 73 anni ci è stata riconosciuta e misurata durante le campagne di customers care. Il contenimento dei costi è stato reso possibile grazie alla capacità dei tecnici e all’impegno dei consigli di amministrazione, la cui unica finalità è sempre stata l’interesse dei cittadini e non la carriera politica».
Il presidente Marco Donadoni
Non ha certo lo stesso fascino di quella americana, ma anche in Bergamasca, in questi giorni, si sta giocando una partita presidenziale importante. Sia perché riguarda da vicino tutti noi, sia perché l’esito di questa elezione avrà importanti ricadute politiche. Ormai da settimane, i partiti stanno discutendo delle nomine in Uniacque, la società pubblica che gestisce il servizio idrico provinciale. Le candidature per i vari organi dirigenti dovranno essere presentate entro martedì 10 novembre e fino a quel giorno tutto è ancora possibile.
Pesanti rincari in arrivo. Intanto, però, una cosa è certa: per tutti i bergamaschi sta per arrivare un netto aumento delle tariffe. Un rincaro che, per di più, sarà retroattivo e valido anche per il 2020. Il 28 ottobre, infatti, il Consiglio provinciale ha dato il via libera al nuovo tariffario, che prevede: un aumento dell’8 per cento sulla bolletta dell’anno in corso; un più 4,5 per cento per il 2021; un più 3,4 per cento per il 2022; un ritocco ulteriore verso l’alto del 4 per cento per il 2023. Si tratta di aumenti ritenuti «necessari» da Uniacque, dopo che negli ultimi anni le tariffe sono rimaste praticamente invariate (in sei anni l’aumento complessivo è stato di circa 3,5 punti percentuali). Un’evidenza di cui si sono detti consapevoli anche i consiglieri provinciali, tant’è che nessuno di loro ha votato contro la proposta.
C’è chi, però, ha preferito astenersi: si tratta dei rappresentanti dell’Isola, zona della nostra provincia che negli ultimi mesi ha già visto salire il prezzo delle bollette dell’acqua addirittura del 30 per cento in seguito all’acquisizione di Uniacque della Hidrogest, società che gestiva il servizio in quei Comuni. Un aumento importante ma impossibile da evitare, dato che la Hidrogest non effettuava investimenti, divenuti improrogabili, sul sistema idrico, ma soprattutto perché non poteva per legge aumentare le tariffe non essendo una società creata ad hoc, come invece è Uniacque, per gestire il servizio idrico pubblico. Resta però il fatto che nell’Isola le bollette dell’acqua, dopo essere già aumentate del 30 per cento, cresceranno di un altro otto per cento in questo 2020. Una bella mazzata.
Le critiche al presidente uscente. È in questo scenario che si sta giocando la partita politica della nomina dei nuovi organi dirigenziali di Uniacque, in primis il presidente. La carica è attualmente ricoperta da Paolo Franco, consigliere regionale di Cambiamo! ed ex Forza Italia. Praticamente tutti i sindaci (soci della società, sono loro a votare) riconoscono a Franco un buon governo in questi anni, ma anche alcune criticità. Su tutte, l’eccessiva “personalizzazione” del ruolo e l’eccessiva spesa in sponsorizzazioni e pubblicità. Si parla, mediamente, di settecentomila euro l’anno (contro i quindicimila della gestione precedente). L’accusa a Franco è quella di aver usato i soldi di Uniacque per pubblicizzare la sua immagine politica. Anche perché una società che gestisce il servizio idrico pubblico che necessità ha di farsi pubblicità? E se da un lato alcune spese possono rientrare nell’ambito del “supporto al territorio” (come i 150 mila euro dati alla Fondazione Donizetti), altre, come la sponsorizzazione della Gran Fondo Gimondi o i soldi spesi per pubblicità sui media locali risultano essere meno giustificabili.
Anche il non aumento graduale delle tariffe dell’acqua negli anni, stando al parere di diversi consiglieri di Uniacque, è stata una scelta più politica che amministrativa e ha portato alla decisione, non più procrastinabile, di aumentare tanto in una botta sola.
Chi al suo posto? Al di là di queste critiche, però, come detto Franco resta una figura apprezzata per il modo in cui ha saputo gestire Uniacque. Il consenso nei suoi confronti, però, non è unanime, soprattutto quando si esce dalla “comfort zone” degli amministratori locali. E nel suo stesso partito c’è chi non vede proprio di buon occhio il consenso che Franco è riuscito negli anni a costruirsi tra i sindaci. È per questo che Alessandro Sorte, parlamentare di Cambiamo! e uomo forte del centrodestra nella Bassa, da settimane ormai è in dialogo con il Pd per trovare una quadra. Il suo primo nome per la successione di Franco (che non ha preso benissimo questo attivismo di Sorte) è stato Jonathan Lobati, sindaco di Lenna e dal 2019 presidente della Comunità Montana della Val Brembana. Un nome però bocciato dal segretario provinciale dem Davide Casati, che ha detto chiaramente che a guidare un ente sovracomunale come Uniacque non può essere un referente politico di un partito.
Il Pd, dal canto suo, vorrebbe una rivoluzione totale del Cda di Uniacque con una spartizione delle cariche un po’ più chiara: se Cambiamo! intende esprimere il presidente, allora i dem vorrebbero la carica di amministratore delegato, una figura che all’inizio con Franco non c’era, dato che il presidente uscente ricopriva anche questo incarico. Il nome dei dem per questo ruolo pare sia Pierangelo Bertocchi, attuale numero uno dell’Ato (Ambito territoriale ottimale) di Bergamo, realtà pubblica che, di fatto, supervisiona l’attività di Uniacque.
Il conflitto d’interessi di Gian Battista Pesenti. In area Pd, però, nei giorni scorsi era circolato anche un altro nome, questa volta per la presidenza: Gian Battista Pesenti, membro del Cda di Uniacque e amministratore delegato di Sesaab, società che controlla anche L’Eco di Bergamo. Una figura che proprio per questo suo doppio ruolo lascia perplessi anche diversi altri consiglieri. La Sesaab, infatti, è una delle fondatrici del Fondo Priula, un Fondo comune di investimento immobiliare nel quale sono confluiti praticamente tutti gli immobili della diocesi di Bergamo (valore complessivo di oltre 116 milioni di euro) e affidato alla società di gestione del risparmio Castello, di cui fa parte anche Fabio Bombardieri, tra le varie cose presidente della Fondazione Mia. Tra questi immobili, c’è anche la sede di Uniacque. Non solo: la Sesaab, attraverso le sue varie diramazioni “comunicative”, tra cui appunto il primo quotidiano cittadino, negli anni ha preso moltissimi soldi da Uniacque. (...)