la denuncia

Pecce e Ribolla allarmati per la "riforma" dei centri socio-culturali e per il futuro degli operatori

La loro riorganizzazione comporterebbe l'abolizione del servizio di consultazione e prestito di libri, ma soprattutto metterebbe a rischio chi lavora al loro interno

Pecce e Ribolla allarmati per la "riforma" dei centri socio-culturali e per il futuro degli operatori
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«I centri socio-culturali di Borgo Palazzo, Celadina, Grumello al piano, Lazzaretto, Longuelo, Malpensata, Pignolo e Villaggio Sposi potrebbero diventare “case del quartiere”, sorta di luoghi di assistenza culturale con un educatore, anche itinerante, i cui spazi sarebbero assegnati alle associazioni. Il pubblico, però, in questo modo abdicherebbe al suo compito di gestione, dando in mano a privati onori e oneri, oltre che grosse responsabilità».

I consiglieri comunali della Lega Luisa Pecce e Alberto Ribolla levano un grido di allarme in vista della riorganizzazione di questi centri, veri e propri punti di riferimento per la socialità dei quartieri, soprattutto in virtù del servizio di consultazione e prestito di libri offerto.

La riorganizzazione minerebbe proprio il servizio di prestito e consultazione libraria. «Verrebbe meno quella che è forse la funzione più amata – evidenziano Pecce e Ribolla – che permette di richiedere volumi anche da altre sedi e dove le scuole, i cittadini meno abbienti e gli anziani che hanno difficoltà a muoversi trovano i testi e un ambiente accogliente i cui leggerli. Il modello Monterosso infatti prevede la totale eliminazione dei libri in dotazione, scaffali compresi».

I rappresentanti del Carroccio, impegnati entrambi a seguire da oltre 10 anni le vicende dei centri socio culturali, sono preoccupati per le ricadute sociali della riorganizzazione, visto che gli attuali operatori, sono in cassa integrazione.

«Si trovano in una condizione di assoluta incertezza – sottolineano -, visto che si potrebbe profilare la perdita del contratto a tempo indeterminato e, secondo il modello “casa del quartiere”, la riduzione delle ore di lavoro e la reperibilità per serate e fine settimana, se non addirittura la perdita del posto di lavoro perché non corrispondenti alla figura di educatore».

«È un grave errore buttare a mare i libri e l’esperienza per raddoppiare un servizio di assistenza sociale, quando in realtà c’è la necessità di centri di valenza culturale di socializzazione, che in gran parte già funzionano – concludono Pecce e Ribolla -. Cosa tanto più importante oggi, visto che il Covid ha reso le persone più sole. Inoltre, reclamiamo rispetto e riconoscimento per questi lavoratori della cultura, meno salvaguardati dei bistrattati riders».

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