Roma chiama Gori: prenda in mano il Pd. E dall'opposizione attaccano: «Traditore»
Il primo cittadino passato dagli impegni locali a quelli nazionali. Qualcuno nel suo partito gli chiede di più, ma lui nicchia
Il sindaco di Bergamo Giorgio Gori ha pensato di occupare per bene ogni casella della sua agenda. Il risultato è stato che questa settimana Gori ha invaso anche i media nazionali, tra una provocazione e un’illazione, una dichiarazione e una smentita. La settimana di Gori è stata una di quelle impegnative, anche se diversa dalle solite, passate alle prese con i problemi e i temi amministrativi di Palazzo Frizzoni. Questi giorni, invece, Gori li ha dedicati alla politica, capitolo sul quale ogni tanto ha zoppicato (è stato considerato migliore come amministratore che come politico).
L’orobico Gori si è prima chiuso nel ritiro monastico del Partito Democratico in provincia di Rieti, la pausa di riflessione che il segretario Zingaretti ha voluto per costruire un confronto e un’agenda in vista delle elezioni regionali di Emilia Romagna e Calabria e del lungo 2020 che aspetta il Partito. Già qui Gori si è preso il suo spazio con un intervento che si è fatto notare per i toni critici nei confronti della possibile alleanza strutturale con il Movimento 5 Stelle, sostenendo che «non siamo noi a dover andare da loro, ma loro a dover passa di qua», rottamando Maometto e la storia della montagna.
Gori ha però rotto il ritiro laziale con un articolo uscito su Il Foglio di lunedì scorso, un pezzo che ha fatto molto discutere: «Diamo a Craxi quel che è di Craxi», il succo del testo, con Gori nel ruolo del riabilitatore di una figura sempre controversa come quella dell’ex segretario del Psi, scomparso 20 anni fa nell’esilio di Hammamet, in Tunisia. Gori ha scritto che il Pd deve al controverso Craxi - politicamente - più di quanto debba al tanto amato e rimpianto Berlinguer...