Come si prende e si trasmette

Curiosità e aneddoti sul raffreddore

Curiosità e aneddoti sul raffreddore
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È uno dei malanni di stagione più frequenti e fastidiosi che ci possano essere: basta qualche starnuto e il naso che cola e la testa va nel pallone. Eppure, tutti mettiamo in conto di provare questa sensazione o di incappare in un raffreddore, perché di questo stiamo parlando, almeno un paio di volte all’anno. È difficile sfuggirlo e la ragione è scientifica, perché i virus che lo propagano e ci contaminano sono almeno duecento.

I virus più diffusi. Sono i Rhinovirus, che causano il 30-40 percento dei raffreddori, ma di questi ne esistono almeno duecento varietà geneticamente differenti, cui si aggiungono altri cinque ceppi virali minori che possono infettare il naso. Avete capito perché siate destinati al raffreddore? Non è dunque un caso se gli adulti ci incappano tre o quattro volte l’anno e i bambini anche sette o otto. Insomma, è come dire che, calcolando la durata media di un raffreddore, pari a circa 5-7 giorni, e la sua frequenza, passeremmo cinque anni della nostra vita a soffiarci il naso e ad avere gli occhi lacrimosi. Prospettiva poco bella, ma meno male che almeno il rischio di raffreddore è stagionale: con un esordio in autunno e per tutto l’inverno e un colpo di coda a metà primavera. Poi durante l’estate dal raffreddore siete salvi, perché diventa quasi innocuo.

 

 

Come si prende e trasmette il raffreddore. Il termine raffreddore, che ha nella sua radice la parola freddo, induce in errore. Perché pare che la causa per contrarlo non sono esclusivamente le basse temperature. A dimostrazione c’è stato un esperimento degli anni Cinquanta, in cui dei ricercatori hanno collocato per un certo tempo alcuni volontari in un ambiente caldo, lasciandone invece altri, dopo un bagno, nudi e esposti a correnti d’aria i quali, una volta rivestiti, hanno pure indossato per mezzora calzini bagnati. A tutti i partecipanti è stato inoculato il virus del raffreddore e a sorpresa è stato scoperto che la percentuale di malaticci alla fine era la stessa in entrambi i gruppi.

 

 

Allora come si prende o si trasmette il raffreddore? Su questa domanda si sono interrogati in molti, già dalla metà degli anni Quaranta. Infatti nel 1946, vicino a Salisbury, nel Sud dell’Inghilterra, è stata persino istituita la Common Cold Research Unit (CCRV) per studiare il raffreddore, compresa la sua propagazione, e i suoi costi. Così sono stati reclutati, attraverso annunci sul giornale, volontari, i quali ricevevano anche un piccolo compenso, più vitto e alloggio, a fronte della disponibilità a restare reclusi per dieci giorni (salvo libere uscite nella bella campagna inglese) e a sottoporsi ad alcuni esperimenti. Ad esempio, un volontario venne munito di un apparecchietto che faceva colare dal naso un liquido fluorescente in quantità simili a quelle del muco in un normale raffreddore e fu lasciato in una stanza a compiere normali attività quotidiane insieme ad altre persone. Dopo alcune ore, illuminando la stanza con luce ultravioletta, si osservò che le goccioline infette erano presenti ovunque: nell’ambiente, sugli oggetti toccati e su ogni punto del corpo delle persone. Si è capito che, insieme all’aria dove il virus dopo uno starnuto circola alla velocità di un centinaio di chilometri l’ora nel raggio di metri, anche le mani sono un mezzo privilegiato di trasmissione del raffreddore con il quale ci si potrebbe contaminare nel 50 percento dei casi. Ovvero, tosse e starnuti sono mezzi di trasmissione teoricamente possibili, mentre un bacio non sembra esserlo, ma una stretta di mano sì.

 

 

Il tempo infettivo. Stabilito, in uno studio del 1973, che il virus del raffreddore ha una vita di circa 3 ore e che sopravvive meglio su tessuti di nylon, lana, seta, su ripiani lisci in formica, acciaio, legno e anche sulla pelle, rispetto a superfici porose o a fazzoletti di carta e/o cotone, si è anche giudicato che esso può essere più facilmente trasmesso nei primi tre giorni iniziali di contagio, quelli in cui la persona e il virus sono più infetti. A tal punto che anche toccare superfici contaminate o le mani di persone virali, nel 60 percento dei casi assicura un bel raffreddore. Dunque prima regola per evitare il naso che cola, in inverno o dopo aver frequentato ambienti e contesti a maggior rischio, è lavarsi accuratamente le mani.

Quanto è forte il nostro sistema immunitario. Il nostro sistema immunitario non è solo robusto, ma anche geniale, perché escogita sempre sistemi per tutelare il nostro organismo dagli attacchi nocivi esterni. Anche nel caso del raffreddore, il quale non sarebbe altro che una risposta difensiva infiammatoria del corpo al virus: ovvero le sostanze chimiche prodotte dal sistema immunitario infiammerebbero le cellule e i tessuti delle vie aeree, provocando naso che cola, gola gonfia, tosse, starnuti. Dunque, paradossalmente, il nostro sistema immunitario è forte e non debole, come si potrebbe pensare, se ci becchiamo il raffreddore!

 

 

Avere cura di sé. Un po’ di debolezza però ci sta. Allora, attenzione all’attività fisica in caso di naso che cola. Anche i più fanatici dello sport dovrebbero evitare di strafare, sospendendo la pratica, se i sintomi del raffreddore si concentrano dal collo in giù e si hanno tosse, dolori muscolari, congestione ai bronchi, mentre una leggera corsetta o il corso in palestra sono concessi se i disturbi vanno dal collo in su con naso intasato e lieve mal di gola. Se avete il raffreddore, in ogni caso, prendetevela un po’ comoda: rallentate i ritmi e concedetevi anche del riposo che se non curano i sintomi del raffreddore, comunque male non fanno. Anzi!

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