Lavorare nella moda: come creare il proprio brand
Come creare un brand di successo nella moda? In questo articolo abbiamo delineato un percorso con tutti i passaggi fondamentali per partire con il piede giusto e farsi strada in questo mondo.
In 10 passaggi il lettore può farsi così un’idea riguardo tutte le azioni da intraprendere. Dopo aver creato il brand, è di fondamentale importanza registrare il marchio. Quest’ultima operazione può essere affidata ai professionisti abilitati di registrareunmarchio.it, i quali hanno l’esperienza e le competenze necessarie per accompagnare il cliente durante tutte le fasi del processo.
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Capire quando si è pronti per mettersi in proprio
Non è una regola fissa, ma tendenzialmente è difficile che un giovane designer riesca a creare il proprio brand senza prima aver fatto un po’ di gavetta in una maison già strutturata.
Come capire quando i tempi sono maturi per fare il salto da dipendente a imprenditore? Come anticipato, non c’è nulla di dogmatico in tale scelta.
È chiaro che da un giovane designer ci si aspetti inventiva e creatività, che abbia dentro di sé, insomma, qualcosa da dire e comunicare agli altri, ma non basta.
Mettersi in proprio passa innanzitutto dalla consapevolezza che fare impresa richiede tutta una serie di competenze manageriali. Idealmente, a maggior ragione nelle fasi embrionali di un’azienda, è essenziale farsi affiancare da una figura qualificata, da un imprenditore - o un manager - con un certo grado di esperienza, che sappia come si gestisce un business.
Allo stesso modo, avviare una nuova attività richiede pianificazione e organizzazione, ossia un business plan che indichi la via, pianifichi i costi e gli investimenti e tenga conto dei fattori di rischio.
Per concludere, creare un brand nella moda da giovanissimi, magari a studi appena conclusi, non è impossibile, ma fortemente sconsigliabile. Piuttosto, per accorciare i tempi formativi ed evitare gli errori più grossolani, conviene prima lavorare come dipendente per comprendere dall’interno come funziona il processo creativo e manageriale di un’azienda.
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Avere la stoffa ‘giusta’ e creare una squadra di professionisti
Un giovane designer che stia accarezzando l’idea di mettersi in proprio dovrebbe possedere determinate caratteristiche psicologiche: avere fiducia in sé, innanzitutto; essere tenace, così da non scoraggiarsi di fronte alle prime e inevitabili difficoltà; saper gestire i rapporti interpersonali; essere orientato tanto alla creatività quanto agli aspetti più prettamente imprenditoriali.
Allo stesso tempo, dovrebbe avere l’umiltà di riconoscere che è impensabile farcela da soli in un mondo così competitivo come quello della moda, per quanto bravi si possa essere. Pertanto, è fondamentale che riconosca l’importanza di creare un team, piccolo o grande che sia.
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Tutelare dal punto di vista legale il brand e la creatività
Tutelare il marchio dovrebbe essere in cima alla lista delle priorità di chiunque decida di fare impresa. Come spiega l’avvocato La Malfa sul sito registrareunmarchio.it, registrare correttamente un marchio e assicurarsi che i contratti con fornitori e collaboratori siano legalmente validi permette di avviare nel modo migliore una nuova attività e risparmiarsi costosi guai nel futuro.
Come avviene la tutela del brand e di quali strumenti dispone un designer per proteggere il suo business?
Un designer può decidere di firmare le proprie creazioni sia con un marchio patronimico, ossia un tratto corrispondente alle proprie generalità, che con un marchio aziendale.
In entrambi i casi, ha la facoltà di tutelarsi dal punto di vista legale, avanzando una domanda di registrazione del marchio presso gli enti competenti.
Prima di fare domanda, il designer dovrebbe assicurarsi, tramite una procedura denominata ricerca di anteriorità, che il tratto designato non appartenga ad altri soggetti.
Fatto questo, può presentare domanda presso l’Ufficio Italiano Marchi e Brevetti, così da far valere il diritto solo in Italia, oppure presso l’EUIPO, l’Ufficio dell’Unione Europea per la Proprietà Intellettuale. In quest’ultimo caso il titolare del marchio gode di pieni e esclusivi diritti patrimoniali e intellettuali sulla sua firma in tutti i Paesi dell’Unione Europea. Diritti di cui dovrà però usufruire entro i termini previsti dalla normativa di riferimento se non vuole rischiare di vederli decadere.
La registrazione è valida per 10 anni, terminati i quali potrà essere rinnovata. Per estendere la tutela legale anche ai Paesi extra-Ue, la richiesta dovrebbe essere avanzata poi alla WIPO, l’Organizzazione Mondiale per la Proprietà Intellettuale o rivolta direttamente agli enti competenti dei Paesi in cui ci si vuole tutelare, qualora questi non avessero sottoscritto il Protocollo di Madrid. Al contempo, il designer dovrebbe anche procedere alla registrazione del dominio web di suo interesse, onde evitare di dilatare tempi e costi nel tentativo di recuperarlo in un secondo momento.
Se da una parte è necessario registrare il marchio per tutelarlo dai tentativi di falsificazione e contraffazione, dall’altra è altrettanto importante proteggere i diritti sulle opere creative del designer.
Le norme in merito al diritto d’autore adempiono il compito, ma è sempre preferibile rivolgersi a uno specialista del settore per analizzare la situazione di caso in caso, per capire cosa conviene proteggere e come scongiurare il rischio di violare i diritti d’autore altrui.
Un altro capitolo spinoso riguarda i problemi legali in cui potrebbe incappare un designer. Generalmente, afferiscono a nodi contrattuali legati alla proprietà intellettuale, che vengono trascurati o affrontati per ultimi per mancanza di tempo e attenzione, poiché il designer che decide di fare impresa è solitamente impegnato in molte attività.
Tuttavia, quando non adeguatamente disciplinati, i contratti con produttori, distributori e agenti possono trasformarsi in un motivo di litigio e fraintendimenti, e quindi in un danno inquantificabile per il business.
La durata dei contratti, la demarcazione dei territori affidati, l’esistenza o la mancanza di esclusive sono tutti elementi che, se non chiariti subito, possono destabilizzare l’azienda e causare litigi, a volte anche in via giudiziale. Per la stessa ragione, ossia evitare dissidi e cause legali, andrebbero disciplinati i rapporti in riferimento alla proprietà del marchio anche con gli eventuali finanziatori che potrebbero entrare in società con il designer.
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Studiare il mercato e individuare il target
La moda è un settore sconfinato e dinamico, costantemente a caccia di novità; pertanto, la tentazione di pensare che si tratti di un mercato accessibile, in cui c’è spazio per tutti e per qualsiasi tipologia di collezione, potrebbe essere forte.
Tuttavia, prima di lanciarsi nella creazione di una fashion house, è sempre raccomandabile condurre approfondite indagini di mercato e studi preparatori per avere conferma che la nicchia di nostro interesse esista effettivamente e che vi sia spazio per inserirsi.
Identificare una nicchia feconda è la condizione necessaria per mettere in piedi un business profittevole. Si pensi, per esempio, a segmenti di mercato come il curvy, l’abbigliamento da bambini o il bridal, e alla crescita esponenziale che hanno vissuto negli ultimi anni.
Quali sono i passaggi che uno stilista emergente dovrebbe seguire per condurre una ricerca di mercato prima di lanciare il suo marchio?
Innanzitutto, dovrebbe identificare il suo cliente target: effettuare un’indagine di mercato senza conoscere il target è come cercare un oggetto in una stanza buia di cui non si conosce la configurazione. Il primo passo, dunque, è quello di intercettare il cliente target:
- Dove vive?
- Qual è il suo stile di vita?
- Che lavoro fa?
- Quali sono i suoi interessi?
- Come spende il suo denaro?
Maggiori e più precisi sono i dettagli che si riesce a raccogliere, più alte sono le probabilità del designer di creare qualcosa che piaccia, che venda e che sia adatto a un certo tipo di stile di vita.
La sicurezza di aver trovato il giusto target non è immediata, ma un qualcosa che il designer impara nel tempo, costruendo un rapporto con il suo pubblico, e di cui ha contezza quando quest’ultimo si dimostra effettivamente disposto a pagare per le sue creazioni e prodotti.
La vendita è soltanto l’ultima fase di un processo più ampio che si mette in moto quando tra lo stilista e i suoi clienti vi è condivisione di sensibilità, gusto e valori. Se le vendite stentano ad arrivare, ciò non indica necessariamente che si sia sbagliato target, ma denota verosimilmente che c’è ancora da lavorare su quello che in gergo tecnico prende il nome di product-market fit, ovvero quell’insieme di parametri come prezzo, tipologia di prodotti, target e approccio che necessitano di essere sapientemente calibrati per produrre vendite.
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Creare il business plan
Il business plan è un documento che permette di analizzare la situazione del mercato, del settore e del contesto produttivo. Raccoglie le informazioni essenziali su cui costruire una strategia di lancio e di espansione del business.
Un business plan è inoltre uno strumento comunicativo imprescindibile per il designer perché gli consente di illustrare e condividere con investitori, fornitori e potenziali partner commerciali la missione e i valori dell’azienda.
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Trovare i fondi per finanziare il brand
Senza finanziatori, nessun progetto sarebbe realizzabile. Per il designer, così come per qualsiasi altro imprenditore, è dunque fondamentale raccogliere i fondi necessari per aprire e sostenere un business.
In una fase iniziale, una buona idea potrebbe consistere nel rivolgersi a investitori ‘informali’ come amici o familiari; persone che insomma credono nel valore e nel talento dello stilista.
L’obiettivo è quello di raccogliere una somma sufficiente per sostenere i costi di apertura e stipulare i primi contratti con fornitori e collaboratori.
In una seconda fase, invece, con la crescita del giro d’affari, ci si può guardare attorno alla ricerca di investitori professionisti o richiedere direttamente un prestito in banca. Ottenere finanziamenti è in ogni caso una scelta da ponderare con attenzione, in quanto vincola l’imprenditore a una serie di obblighi legali e patrimoniali.
Qualora si optasse per questa soluzione, bisognerà prestare attenzione anche al tipo di finanziatore da coinvolgere nel progetto. Idealmente, infatti, l’investitore non dovrebbe essere soltanto una figura che si limita a prestare del denaro, ma anche un professionista con un set di competenze e know-how che possano contribuire attivamente ad arricchire e migliorare il business della maison.
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Scegliere il produttore giusto e il tipo di contratto
La scelta del giusto produttore per realizzare le collezioni e del tipo di contratto con cui legarsi è un momento cruciale.
Per scegliere il produttore più adatto per prima cosa bisognerà raccogliere informazioni:
- Quali sono le caratteristiche della sua piattaforma produttiva?
- A quali progetti ha lavorato e con quali azienda ha collaborato?
- A cosa sta lavorando attualmente?
Per fare un esempio concreto, un produttore potrebbe occuparsi principalmente di collezioni leggere, e lo stilista essere specializzato in abiti per la sera, il che potrebbe significare che le due aziende non sono poi così compatibili tra loro.
Più in generale, un elemento irrinunciabile del produttore ideale è una buona dose di sensibilità nei confronti dell’idea creativa del designer e dei suoi prodotti: non ci sono limiti a ciò che è in grado di realizzare un bravo produttore con il giusto grado di disponibilità.
Come anticipato nel precedente paragrafo, un’altra scelta importante riguarda il tipo di contratto con cui legarsi al produttore.
Tra i più utilizzati, vi è la licenza di produzione, attraverso cui al proprietario dell’impresa di produzione vengono affidate sia la produzione che la distribuzione dei prodotti del marchio.
Generalmente, la licenza di produzione è la soluzione adottata da chi decide di fare un investimento di lungo periodo, nell’ordine dei 5-10 anni.
Spesso capita che il produttore in questi casi richieda una partecipazione diretta nelle quote societarie. Altri tipi di contratto sono quelli che invece fungono da supporto agli stilisti per quanto riguarda la parte più comunicativa e di progetto, che di norma hanno una durata ancora più lunga rispetto ai precedenti. In alternativa, vi è anche la possibilità per il designer di stipulare contratti semplici di produzione, attraverso cui mantenere il controllo della parte distributiva.
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Impostare correttamente la produzione
Il percorso che porta dallo sviluppo dell’idea alla realizzazione materiale di una collezione è molto lungo. I bozzetti dello stilista, che si traducono nel modello, sono l’inizio dell’intera filiera produttiva.
Dopo il modello, viene la selezione dei giusti materiali, tessuti e accessori per trasformare il disegno in realtà.
Il passaggio dal disegno al prodotto passa attraverso un disegno tecnico in cui lo stilista espone nel dettaglio ai modellisti tutte le caratteristiche del capo da realizzare. Dunque, i modellisti realizzano il cartamodello da cui viene poi eseguito il prototipo.
In certi casi, i produttori si occupano in prima persona della modellistica, perché dotati di dipartimenti interni predisposti allo scopo; in altri casi, invece, esternalizzano il servizio ad aziende terze. Lo scenario migliore per una fashion house è quello di affidarsi a un produttore dotato di tutte le risorse interne necessarie per seguire in ogni sua fase la realizzazione della collezione.
Per ciò che riguarda le materie prime, a sceglierle è la maison. Ovviamente la griglia di materiali tra cui scegliere viene fornita direttamente dal produttore, che si occupa del loro acquisto.
I costi della produzione variano da collezione a collezione, da capo a capo. La prima collezione di una fashion house è in genere la più costosa, poiché occorre creare tutto da zero, compresi i cartamodelli. Per una prima collezione, infatti, potrebbe essere necessario investire fino a 4.000-5.000 euro per un singolo capo. Tra le spese di cui tener conto bisogna calcolare non solo quelle per i cartamodelli, ma anche quelle per i materiali, i tessuti, gli accessori, i servizi di cucitura, lavaggio e così via.
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Scegliere la giusta sala espositiva
Quando la collezione è ultimata, è pronta per essere lanciata sul mercato. Un lancio che si rispetti non può prescindere dalla scelta della giusta sala espositiva.
Non esiste lo showroom perfetto, ma quello più adatto a rispecchiare e a mettere in luce i punti di forza di un designer e della sua firma. Nella scelta della sala, lo stilista dovrebbe valutare anche la collocazione geografica e la risonanza internazionale che è in grado di offrirgli.
Un designer, inoltre, dovrebbe cercare uno showroom in linea con l’immagine del proprio brand, con cui possa sentirsi libero di dialogare ed esprimere al meglio la sua creatività, e che gli assicuri tutti i servizi commerciali di cui ha bisogno, che gli proponga clienti adatti, che lo tenga costantemente aggiornato sull’andamento delle vendite e che costituisca, più in generale, un supporto completo per la promozione, la crescita e lo sviluppo della linea.
Il lavoro di promozione e distribuzione è un gioco di squadra, a cui partecipano lo showroom, il designer e il produttore. Il dialogo costante tra le parti e la condivisione di strategie e obiettivi sono ingredienti essenziali per la buona riuscita del business.
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Definire la strategia distributiva
Come si posiziona il brand sul mercato? Come è opportuno distribuirlo? Su quali mercati e target concentrarsi? Rispondere a queste domande permette di impostare la giusta strategia distributiva.
Per impostare una corretta strategia distributiva è necessario, infine, valutare un’espansione a livello globale del brand sul medio-lungo periodo, anche tenendo conto della sua capacità produttiva. È altrettanto importante considerare tipo e frequenza delle uscite della collezione. Idealmente, qualsiasi maison dovrebbe puntare ad averne quattro: due main, fall e resort.
Fonte: https://www.vogue.it/vogue-talents/news/2016/11/11/lavorare-nella-moda-come-creare-brand-2