«La bellezza salverà il mondo». Cita Dostoevksij e ci aggiunge «ma la bellezza non può essere separata dall’amore», il vescovo di Bergamo, Francesco Beschi, per accogliere al museo Bernareggi, in Città Alta, una quarantina di persone in stato di grave marginalità. A loro ha voluto dedicare la giornata di oggi, 14 novembre, che coincide con la nona Giornata mondiale dei poveri.
Abbracci, strette di mano, sorrisi, fraternità. Partendo dall’Aula Picta, il vescovo li ha accompagnati in una visita al museo diocesano aperto il mese scorso: «Sono felice della vostra presenza – ha detto – tenevo molto ad avervi qui. Papa Leone XIV ha definito la bellezza dell’arte come una forza necessaria per contrastare la disperazione e il declino esistenziale. Rivelando la verità, la bontà e la bellezza nascoste nei drammi della vita. San Paolo VI diceva che “questo mondo nel quale viviamo ha bisogno di bellezza per non sprofondare nella disperazione”».
Di fronte, ha persone giovani e meno giovani. Uomini e donne. Italiani ma anche stranieri. Tutti accomunati da storie difficili. Volti che quotidianamente incontrano e sono assistiti dalla Caritas diocesana e dalle diverse realtà della chiesa di Bergamo. «Come Caritas gli siamo sempre vicini – spiega il direttore don Roberto Trussardi -. Li assistiamo e diamo loro posti letto nella struttura del Galgario. Diamo loro da mangiare e la possibilità di farsi la doccia. Sono persone che conosciamo bene, ognuno con i suoi problemi. Tutti con le loro speranze».
«Crediamo che l’impegno della Chiesa nei confronti delle persone in condizioni di povertà non debba fermarsi a soddisfare i bisogni primari, cosa che facciamo comunque tutti i giorni con i tanti servizi attivi sul territorio – continua don Roberto -. I poveri, anche coloro che vivono nella grave marginalità, sono persone che, come tutti, hanno una propria dignità, dei desideri, ed è quindi importante dar loro l’occasione di fruire dell’arte e della bellezza, stando vicini a loro in tutte le dimensioni della persona».
L’emozione di incontrare il vescovo Beschi e di vedere in un museo la bellezza di solito preclusa, li ha spinti all’incontro di oggi. Qualcuno si è messo in ghingheri. Altri hanno fatto con gli abiti a disposizione, una tuta sportiva, un bomber sgualcito per i più giovani. Quando stringono la mano al vescovo, abbassano gli occhi. Lo ringraziano. Beschi sorride. E il volto di don Trussardi si fa radioso, persino orgoglioso.
Abbraccia i suoi ragazzi, don Roberto. Li chiama per nome. Ci sono tante storie di sofferenza dietro queste persone. La vita li ha provati. Fiaccati dalla droga, dall’alcol, dalla perdita di un lavoro in età avanzata. Il tutto che improvvisamente si sbriciola fra le mani e finisci sulla strada. Non ne parlano volentieri. Qualcuno si lascia andare a qualche confidenza. Come quell’anziano di Brembate che cammina con una stampella. Per una vita ha fatto l’operaio edile sui cantieri di Bergamo e Milano. Poi all’improvviso ha perso ogni cosa. Non dice perché: l’orgoglio e il dolore gli bloccano le parole. Ma ora non ha più nessuno, nessun parente, nessun amico. E a quell’età, senza soldi dove vai.
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Ma oggi è una giornata diversa. E i quaranta preferiscono godersi quanto di bello questa visita può offrire. Ascoltano con attenzione le splendide spiegazioni della guida del Bernareggi. Fanno domande. Osservano con gli occhi spalancati le mirabili opere di Lorenzo Lotto, del Moroni, del Baschenis, del Manzù. E per un paio d’ore dimenticano la strada, così lontana da quassù.
«Viviamo un tempo di crisi profonda, non solo economica e sociale, ma anche esistenziale – ha detto loro Beschi, citando il Papa – Ci chiediamo quale sia la nostra direzione: siamo pellegrini con una meta o erranti dispersi? L’arte ha il potere di aiutare l’umanità a non perdere l’orientamento, a non smarrire l’orizzonte della speranza. L’arte è sempre un incontro con il mistero, con la bellezza che ci supera, con il dolore che ci interroga e con la verità che ci interpella e richiama la nostra umanità più profonda».
A coordinare la visita, gli educatori di Fondazione Bernareggi e i giovani de ‘Le Vie del Sacro’, il progetto di valorizzazione del patrimonio storico-artistico della Diocesi. Qualcuno dei quaranta scambia battute e sorrisi con gli operatori della Caritas. Sembrano amici, più che assistenti. C’è il tempo per una salto anche all’affascinante museo della Cattedrale. Poi è il momento del convivio. Del pranzo con il vescovo, che a dire il vero in tanti stavano aspettando. Prima però una foto di gruppo nel giardino del palazzo vescovile.
Di fronte, una vista clamorosa sul Duomo, il Battistero, la Cappella Colleoni, le guglie di Santa Maria Maggiore. E’ di una bellezza sconcertante. Capace di farti dimenticare, per un istante, tutte le brutture di questo mondo.