Via Pignolo alta, uno dei “corridoi” più antichi e belli che collegano Bergamo bassa a Città Alta, si sta lentamente spegnendo.
Negozi storici chiusi, serrande abbassate, attività che semplicemente non resistono più al calo di passaggio. E da settembre, con la chiusura del Bar Perry – un’istituzione della zona – il buio è sembrato avvolgere ancora di più una strada che i residenti considerano un pezzo di casa.
Ma una luce è rimasta accesa. È quella del Caffè Papavero, gestito da Sheghi Taba, 44 anni, iraniana d’origine e bergamasca d’adozione, che ha deciso di estendere gli orari del suo locale. Non per guadagnare di più, ma per tenere vivo il quartiere.
L’ultima luce?
In via Pignolo, Sheghi ci lavora dal 2013 e da allora è diventata parte integrante del quartiere. Ora lei ha scelto di essere la luce che mantiene viva la piazzetta del Delfino. E non per motivi economici, ma per un senso di responsabilità sociale.
«Di solito chiudevo sempre alle tre del pomeriggio – racconta -. Ma il giorno in cui il Perry ha chiuso ho pensato che, se avessi spento anch’io la mia luce, questa via sarebbe rimasta completamente isolata. Non ci sarebbe stato più nessun negozio aperto».

L’elenco delle attività scomparse è lungo: «Avevamo due pizzerie, una panetteria, una galleria d’arte… Tanti anni fa persino frutta e verdura, macellerie. Tutti andati via. E così la via si è spenta».
Dalla chiusura del Perry, Sheghi ha preso una decisione: restare aperta fino alle 20, e il venerdì fino alle 23. «Per qualcuno sembrava che lo facessi per lavorare di più. Ma non entra nessuno! Due clienti, tre. È una zona dove la gente non passa più. Io tengo aperto solo per non spegnere anche quest’ultima luce nella via».
«Non lo faccio per guadagnare di più»
Molti hanno pensato che avesse allungato gli orari per “prendersi” anche la clientela che era del Perry. «Me lo hanno chiesto in tanti, ho fatto pure un video e pubblicato sui social per spiegarlo meglio», dice Sheghi.
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E a chi le chiede perché lo faccia, la risposta è semplice: affetto. «Pignolo per me è più di un quartiere, è una casa. Mi piace la sua bellezza. È un luogo che amo». Da sempre, Sheghi è rimasta aperta anche quando non conveniva: «Dopo il Covid non abbiamo mai chiuso un giorno. E ad agosto resto sempre aperta per gli anziani. Sono tanti qui. Alle dieci del mattino vengono a bere un caffè. Se chiudo io, dove vanno? Per affetto al quartiere non ho mai smesso».
L’effetto Perry
Il Bar Perry, storico punto di riferimento, ha chiuso a settembre. È stato acquistato da una nuova gestione, ma i lavori richiederanno mesi: «Lo hanno preso, stanno lavorando. Ci vogliono diversi mesi per riaprire».
Fino ad allora, la via rischierebbe di restare completamente buia, così Sheghi ha deciso di non tirare giù la serranda. «Una volta che un quartiere perde il giro, è difficile farlo tornare. Ci vogliono anni. Se chiudessi anch’io, sarebbe ancora più buio. Io non voglio lasciare morire questa via».
Sheghi è arrivata in via Pignolo nel 2013. «È da un po’ che sono in questo locale, e ho visto questa via spegnersi piano piano». I clienti abituali sono una piccola comunità mista: professori universitari, qualche studente, residenti storici. «È un quartiere abbastanza vecchio, tanti anziani. E purtroppo piano piano stanno morendo». Senza esercizi aperti e un cambio generazionale, una via antica rischia di diventare davvero solo un passaggio vuoto.
Perché Sheghi ci tiene così tanto
Arrivata in Italia da giovane, laureata e con una carriera nel settore finanziario, Sheghi ha lasciato il lavoro da finance manager nel 2013 per aprire il suo piccolo bar in via Pignolo. Negli anni ha aperto anche un secondo locale, “Il Coccio”, in via Sant’Alessandro: una piccola cucina artigianale senza freezer né conservatori, dove tutto viene preparato a mano e servito nella stagione in cui è fresco e possibile.

«Ho lasciato tutto perché ho capito che ero felice quando stavo a contatto con le persone. Anche i turisti stranieri: vengono, chiedono dove andare, cosa mangiare. A me piace vedere la gente, parlare, accogliere. Quando faccio un menù penso a tutti. Voglio che chi entra trovi qualcosa che può mangiare. Non siamo attrezzati per allergie gravi, ma facciamo il possibile per le intolleranze».

Ora, in un momento in cui la sua amata via Pignolo è in difficoltà, Shighi si sente in dovere di fare qualcosa per salvare il suo amato quartiere. Più che tentare grandi imprese, lei ha deciso di iniziare tenendo accesa – letteralmente – la luce del proprio locale. E non è poco.