Foto di Sergio Agazzi
Sulla grande via del centro di Bergamo che dalla stazione porta lo sguardo fino in Città Alta, ha sede dal 1922 la Gioielleria Recalcati Davide e figlio. Si trova in un elegante palazzo degli inizi del Novecento sulla cui facciata compaiono i volti dei due musicisti Donizetti e Mayer, che fecero Bergamo ancor più bella. La bottega fu aperta da nonno Davide che «era decisamente un tipo intraprendente», racconta Marco Recalcati, classe 1960 e attuale proprietario della gioielleria che gestisce con la moglie. «Mio nonno ha fatto la Grande Guerra, fu chiamato al fronte ancora diciassettenne, era testardo e coraggioso e fu uno dei pochi a resistere al Piave e tornare indietro». Come spesso accadeva in quegli anni, i giovani non sognavano uno o l’altro lavoro, ci pensava la vita a dargli un’occasione, mentre la fame faceva il resto. Nessuno si sarebbe sognato di rinunciare alla possibilità di andare a bottega. Così fu per Davide che, dopo soli due anni a fare il piccolo da un orafo, aprì giovanissimo la sua attività.
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Marco racconta con i suoi modi gentili di questo nonno generoso e temerario che partì volontario in Africa (con il nonno di Tentorio) e che durante la guerra andò in treno a Chiasso, sotto i bombardamenti, per prendere la merce per tutti i commercianti di Bergamo. Un gran lavoratore che non conosceva il tempo delle ferie e che ci pare ancora di vedere chino sul tavolino da lavoro premurosamente conservato nel retro del negozio. Marco, mostrando il macchinario che il nonno usava per incidere le fedi – tutt’ora in uso -, ricorda le tante volte in cui le donne arrivavano con gli anelli rovinati per farli sistemare e lui al primo sguardo diceva: «Lei ha a casa un bimbo malato?». Sapeva che era il mercurio dei termometri a scomporre l’oro e che da questo ne dipendeva l’usura. Davide Recalcati era uno dei “Ragazzi del ’99”, quei giovani chiamati al fronte non ancora diciottenni e che nel 1981 ricevettero il Diploma d’onore e la cittadinanza onoraria di Fossalta di Piave. Marco, figlio di Mario e Piercarla – una delle prime donne laureate in Bocconi – iniziò a lavorare presso la gioielleria di famiglia dopo un’esperienza a Milano in corso Buenos Aires, dove faceva il fotografo. Il padre era un uomo di grande fiuto commerciale: faceva la pubblicità sui giornali e fu uno dei primi a intuire negli anni Ottanta le potenzialità di vendita degli orologi Swatch. «Ne comprò 450 in un colpo solo e in poco tempo riuscì a venderli tutti!».
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Se gli strumenti promozionali di quegli anni erano i contatti “sulla strada” e le vetrine, per Marco oggi è imprescindibile la presenza online, in particolare sui social, che da autodidatta ha studiato e iniziato a utilizzare con cura, competenza e ottenendo ottimi risultati. Più che commerciante, Marco si definisce un consulente con una spiccata attitudine a leggere i tratti e la comunicazione verbale e non verbale di chi gli sta di fronte. Gli interessano soprattutto le persone ed è profondamente convinto che solo il lavoro di squadra possa fare la differenza. È stato fondatore dell’Associazione di commercianti Bergamo InCentro, di cui è presidente e instancabile promotore. Per primo ha intuito l’opportunità di utilizzo dei gruppi WhatsApp per fare rete e lo ha fatto così bene che da altre città vengono a chiedergli consulenza. «L’Associazione è importante perché insieme si conta di più ed è più facile far sentire la propria voce, così come crescere e rinnovarsi. Purtroppo siamo in un tempo in cui il nostro lavoro è molto faticoso ma a nulla servono quelli che io chiamo i lamentatori seriali». Marco ha quasi sessant’anni e il primo nipote in arrivo. È testardo come il nonno, intuitivo come il papà e tenace come solo un vero appassionato sa essere. «Non serve piangersi addosso. Come diceva quello lì? Bisogna aver fame ed essere curiosi».