Tra una valle e l'altra, ecco il monte Sasna. Meraviglia invernale tutta da scoprire
di Angelo Corna
Al confine tra la Val Seriana e la Val di Scalve, al cospetto delle montagne più alte e severe delle prealpi Orobie, si erge la sagoma del monte Sasna. I suoi bianchi crinali richiamano escursionisti, ciaspolatori e scialpinisti, che raggiungono il Passo della Manina (punto di confine tra le due valli) lungo un percorso caratterizzato dalla bellezza del territorio e dalla storia che per secoli l’ha caratterizzato.
La via più breve per raggiungere il monte Sasna vede il suo via dall’abitato di Lizzola, borgo montano posto a 1.250 metri di altitudine e conosciuto per le sue piste da sci, situate alle pendici dei monti Vigna Vaga e Vigna Soliva. Il percorso, che in questa stagione è una traccia su neve, è contrassegnato dal segnavia Cai 307 e vede la sua partenza a monte dell’abitato. Passo dopo passo ci porterà, dopo circa un’ora e mezza di cammino, alla chiesetta dedicata alla Madonna Pellegrina, ubicata a 1.821 metri di quota e posta a spartiacque tra la Val Seriana e la Val di Scalve.
Se vogliamo raggiungere la vetta della montagna, la nostra traccia si snoda a nord-est e conduce alla prima croce del monte Sasna, posata dagli abitanti di Nona a 2.205 metri di quota. Seguendo il filo di cresta, raggiungiamo, con altri dieci minuti di cammino, una seconda croce “sghangherata”, piegata dal vento e dalle intemperie. Davanti ai nostri occhi si apre una meraviglia tutta bergamasca: spiccano i giganti orobici Coca e Redorta, il Pizzo del Diavolo di Malgina, i monti Gleno, Recastello e Tre Confini, fino ad arrivare alle cime scalvine e alla lontana Val Camonica. Un bianco paradiso tra neve, sole e montagne.
Il monte Sasna racchiude un “cuore di ferro”. Lo ricordano le miniere della manina, fino agli anni '70 tra i più importanti complessi minerari della nostra provincia. Dal passo sono ancora visibili le “Baracche Rosse”, strutture che fino a qualche decennio fa ospitavano i minatori impegnati nell’estrazione del minerale. Proprio tra queste gallerie è stata scritta, negli anni della Seconda Guerra Mondiale, una pagina legata alla storia partigiana bergamasca. Il Passo rappresentava un valico strategico considerato di enorme importanza sia dalla truppe alleate che da quelle nemiche. Un luogo che l’esercito tedesco doveva presidiare e che i partigiani, invece, dovevano assolutamente conquistare. Quest’ultimi sferrano un attacco alle milizie fasciste il 27 settembre del 1944, passando attraverso i cunicoli scavati nelle viscere delle montagna. Ancora oggi viene ricordata come una delle azioni partigiane più coraggiose avvenute sulle nostre montagne.