10 film che puntano tutto sul buio

Spesso l’arte funziona per concetti antitetici. Prendiamo il cinema: oltre che per la narrazione in sé ci attira per la sua particolare visione delle cose, per il piacere della spettacolarizzazione. Fin dalle sue origini la Settima Arte è stata un po’ il teatro del meraviglioso, anche quando non c’erano gli effetti speciali di oggi: nel 1902 Georges Méliès con il film Le Voyage dans la lune apriva il grande filone del cinema come spettacolo puro e molti cineasti nel secolo successivo l’hanno seguito fedelmente. Ma come si diceva, l’arte vive di opposizioni, di ribaltamenti stilistici continui. E allora non è un caso se negli ultimi decenni si sia affermato un particolare gusto che gioca gran parte del suo potenziale sull’elemento meno spettacolare di tutti: il buio. C’è tutta una poetica del buio cinematografico, l’arte di non mostrare le cose, di nascondere la realtà per renderla più enigmatica, spaventosa, imprevedibile. Gabriele Niola ha stilato per Wired la classifica dei 10 film che puntano di più – o in modo più intelligente – sull’assenza di luce. Eccoli.
10) Sicario
https://youtu.be/U-QtpEk_c8Y
Piccolo capolavoro dello scorso anno di Denis Villeneuve; non è sempre al buio, ma in una sequenza in particolare sfrutta le tenebre in modo magistrale. La protagonista e i suoi colleghi della task force entrano in un lungo tunnel che permette ai narcotrafficanti di passare dal Messico agli Stati Uniti indisturbati. Secondo voi può finire bene?
9) Buried
Film controverso di qualche anno fa, nel quale (sulla scorta della celeberrima sequenza di Kill Bill vol. 2) è protagonista un uomo sepolto vivo. Uno pensa: «Che noia!», invece no, perché il regista Cortes (sempre mutuando da Tarantino) sa gestire bene le diverse gradazioni di luce, in modo tale che lo spettatore si abitui alla luce fioca di un cellulare o un accendino e quando scompare anche quella cada nella disperazione insieme al protagonista.
8) Barry Lyndon
Qui si parla di una colonna portante della storia del cinema. Kubrick per girare le sequenze notturne illuminate dalle sole candele dovette farsi prestare gli obbiettivi dalla Nasa. Secondo il critico di Wired, il modo di illuminare o meno utilizzato dal regista fu innovativo, perché non seguiva solo l’avvicendarsi del giorno e della notte, ma indicava anche il sentire del personaggi.
7) The Blair Witch Project
Un film che simula di essere stato girato con videocamere amatoriali. Quindi, per risultare coerente con questa impostazione, le parti in notturna vengono scarsamente illuminate. La questione decisiva non è tanto questa, ma come vengono gestite le riprese: in modo pazzesco, sfruttando inquadrature rapide e sfuocate, oppure con ampie porzioni di immagine completamente nere. Insomma, è un film di paura da recuperare per forza.
6) Il tempo dei lupi
Un altro grande cineasta, Michael Haneke, arriva al punto di non ritorno quando si parla di buio al cinema. Qui siamo proprio al nero pece, non c’è un buio più buio di questo. In questo film post-apocalittico il regista di Amour mette in scena la notte senza compromessi, una notte attraversata dalla protagonista Isabelle Huppert in cerca di salvezza.
5) L’infernale Quinlan
L’abc della storia del cinema. Uno dei massimi capolavori di Orson Welles, che si apre con uno dei piani sequenza che più hanno fatto scuola (sicuramente Iñárritu se lo sarà visto e rivisto fino alla nausea). Ovviamente un film in bianco e nero, ma con pochissimo bianco. E in quelle grandi campiture scure c’è metaforicamente la perdizione morale, la mancanza di pietà, quel «tocco del male» del titolo originale. Al contrario, le poche luci che squarciano le tenebre sono sempre portatrici di salvezza.
4) Collateral
Uno dei gioielli più luccicanti del maestro Michael Mann. Una vicenda che si svolge quasi interamente durante una lunga notte a Los Angeles, dove le vite di un normale tassista e di un killer spietato si intrecciano inestricabilmente. Una notte urbana, vorticosa e labirintica, che spesso Mann inquadra dall’alto, per comporre quasi dei «quadri in digitale» (come è stato scritto in una recente recensione). Perfezione stilistica.
3) Pitch Black
Cosa ci si può aspettare da un film il cui titolo si traduce con «buio pesto»? Qui il buio è una componente essenziale della trama, dato che gli alieni che minacciano Vin Diesel e compagni si muovono soltanto nell’oscurità. Basta questa dinamica a costruire un film intrigante, che sfrutta bene la notte anche a livello di soluzioni visive e messa in scena.
2) Paranormal Activity
Una diversa gestione della notte. Basandosi fondamentalmente sulle immagini a infrarossi delle telecamere di sorveglianza, questo film impone allo spettatore un’attenta osservazione di ogni dettaglio per individuare l’attività paranormale del titolo. La calma è solo apparente, il pubblico sa che una minacciosa presenza si manifesterà prima o poi. È tutto qui il motore della paura, ogni pixel che si sposta nell’inquadratura immobile potrebbe essere un segnale di pericolo imminente.
1) Alien
Scusate se è poco. Uno dei film più influenti di sempre, uno dei grandi capolavori di Ridley Scott. L’esigenza di mostrare il meno possibile l’alieno viene trasformata dal regista in un punto di forza. Un incubo nero pece, uno scenario complesso, labirintico e oscuro, che è nemico di Ripley e compari tanto quanto lo xenomorfo. Scott riscrive le regole del film di fantascienza, spingendo al massimo sui tasti dell’orrore, della cupezza e del pessimismo. I protagonisti, muovendosi in luoghi oscuri, sempre braccati da un mostro letale, sono la trasposizione delle nostre paure metafisiche, dei nostri incubi più inconsci.