Ora il sogno europeo

In trecento al freddo e al gelo finché non ci ha scaldati Ilicic

In trecento al freddo e al gelo finché non ci ha scaldati Ilicic
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È iniziata con zero gradi di temperatura e due squadre in campo senza le maglie con i colori sociali addosso, è finita con il Papu Gomez abbattuto da Sirigu e la percezione diffusa dell’ennesima partita in cui si sarebbe meritato di più e invece bisogna accontentarsi. L’1-1 di sabato sera a Torino, ambientalmente parlando, è una di quelle gare che sarebbe molto più comodo e caldo vedere a casa sotto una copertina di pile. Siccome noi e gli altri trecento bergamaschi al seguito siamo matti, allo stadio Grande Torino ci siamo andati e vi raccontiamo come è andata davvero.

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Torino: i viali, il freddo, la neve. Passato il traffico di Milano, la strada verso Torino è spianata. Circa 130 chilometri facili da percorrere, senza particolari ingorghi e con piccoli gruppi di bergamaschi negli autogrill che all’ora dell’aperitivo cercano di rifocillarsi con qualche panino. Appena arrivati alle porte di Torino, sorvegliati dalla collina di Superga, l’arrivo all'ex stadio Olimpico è un po’ difficoltoso per via dei lunghi viali che rendono le strade del capoluogo piemontese difficili da girare. La costante della serata, fin dalle 19.30, è il freddo. La zona dello stadio è ricoperta da uno strato di neve leggero ma poco incoraggiante, non ci sono pericoli di nessun tipo per lo svolgimento della gara ma pensare di stare per un paio d’ore all’interno di uno degli stadi più freddi d’Italia (fidatevi, questo e il Bentegodi di Verona non li batte nessuno) è qualcosa di tosto: per sostenere (e raccontare) la Dea, tuttavia, questo ed altro.

Le squadre in campo per pochi intimi. Intorno alle 20.15, le due squadre scendono in campo per il riscaldamento ma si capisce subito che sarà una serata particolare. Sugli spalti il pubblico è di poco inferiore alle quindicimila unità ma le condizioni climatiche non favoriranno né lo spettacolo né grande partecipazione. Tra l’altro, cromaticamente parlando, non è nemmeno facile capire che si affrontano Torino e Atalanta visto che le divise sono lontane dall'essere quelle classiche. L’Atalanta indossa la classica maglia bianca da trasferta: nulla di strano, a parte la sfida di Udine i ragazzi di Gasperini hanno sempre alternato il nerazzurro al bianco, ma vedere la Dea in campo contro un Torino in completo verde è certamente particolare. La scelta non è causale: per ricordare la squadra brasiliana della Chapecoense, compagine rimasta vittima di uno dei peggiori incidenti aerei della storia avvenuto circa un anno fa, il Torino ha scelto di giocare in verde (colore sociale dei brasiliani).

Primo tempo: la fiera del “ciapa no”. Con il gelo già a livelli di guardia, la gara inizia su un terreno verde smeraldo che sembra quasi perfetto. In realtà, si capirà presto che il manto erboso mezzo ghiacciato dello stadio Grande Torino è insidioso e dunque il brutto spettacolo offerto dalle due squadre ha come parziale scusante il gelo. A parte qualche fiammata, la prima frazione di gioco è decisamente scialba sia in campo che sugli spalti. Il gol di N’Koulou chiude il primo tempo, i bergamaschi al seguito sono colpiti dagli eventi e i padroni di casa quasi non ci credono: il Torino non ha uno straccio di manovra, la Dea in diverse occasioni cerca di costruire un minimo di fraseggio ma una quantità esagerata di errori tecnici da parte di Kurtic e compagni lasciano la sensazione chiara di come lo svantaggio sia casuale ma la prestazione non all’altezza di una formazione qualificata ai sedicesimi di Europa League.

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Secondo tempo: Ilicic sugli scudi. Già durante l’intervallo, mentre in tribuna stampa volano caramelle e Pocket Coffee come se piovesse (l’idea era pure quella di prendersi un thermos con del caffè, ma poi abbiamo desistito), vedere Ilicic scaldarsi insieme al preparatore Borelli lascia pensare che solo la classe dello sloveno possa far svoltare la gara. E appena Tagliavento fischia l’avvio della ripresa, si capisce che con il numero 72 in campo ci sarà da divertirsi. Un gol fatto, uno sfiorato e tante buone iniziative fanno esaltare lo sparuto gruppetto di bergamaschi al seguito; verso la fine del match arriva anche l’episodio del fallo da rigore di Sirigu su Gomez ma una posizione di fuorigioco in avvio di azione manda tutto all’aria e dunque i bergamaschi lasciano il campo tra gli applausi dei propri tifosi e con un punto in saccoccia che muove la classifica ma rende poca giustizia ad una prestazione di ottimo livello nella ripresa.

Il rientro a Bergamo con Lione negli occhi. Dopo aver patito per un paio d’ore la ghiacciaia torinese, il rientro a Bergamo è abbastanza tortuoso, anche perché nella zona di Milano un paio di cantieri chiudono il tratto autostradale della A4 mandando i sostenitori orobici a spasso per Tangenziale Nord o addirittura nel centro di Milano, con l’unico desiderio di rientrare presto a casa. La domenica di riposo ha aperto ora una settimana da urlo: giovedì si gioca Atalanta-Lione e ancora una volta ci saranno chilometri da macinare e un sogno da raggiungere. Forza Dea, il primo posto del girone di Europa League è ad un passo.

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