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Bergamospia (si dice, non si dice) Metti il Duce sotto l'albero

Bergamospia (si dice, non si dice) Metti il Duce sotto l'albero
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Che cosa si dice, che cosa si scrive, ma soprattutto cosa non si dice e non si scrive (solitamente) della nostra città. Tra sussurri e grida una raccolta indiscreta.

 

Metti il Duce sotto l'albero

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Dicembre, tempo di calendari. In qualche edicola di Bergamo è spuntato quello dedicato a Benito Mussolini: il faccione del Duce si fa largo imperioso tra riviste di viaggio e gadget per bambini. Apologia del fascismo? Macché. Tutto in regola, pare. Perché trattasi di prodotto editoriale che non solo può essere venduto, ma che deve essere esposto - come tutte le altre pubblicazioni - per non andare incontro a rimostranze di chi l'ha prodotto. L'ingombrante presenza non passa inosservata. Qualcuno si ferma e chiede spiegazioni, altri protestano con toni anche accesi. Ma in realtà sembra che il calendario vada più di quelli con le donnine svestite, ormai superate nell'era di Internet. Loro restano appese in edicola, il Duce invece si accomoda sotto l'albero, in attesa di affacciarsi dalla parete del salotto.

Bossetti come Tortora? Salvagni avanza il dubbio

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Dopo aver dubitato in aula della genuinità dei dati grezzi forniti dal Ris ed essersi astenuto polemicamente dal far domande agli scienziati dei carabinieri, l'avvocato Claudio Salvagni alza ulteriormente il tiro su Facebook. In un post evoca addirittura il caso Tortora. Bossetti vittima di un errore giudiziario come il presentatore di Portobello? Secondo Salvagni il rischio c'è ed è bello grosso. Per sottolinearlo, l'avvocato cita le parole pronunciate a suo tempo nell'arringa finale dal «collega Della Valle», difensore di Tortora: «Non vorremmo che un giorno lontano risuonasse nelle vostre coscienze quel dubbio insinuato da tanti intellettuali: e se Tortora fosse innocente? Quello sarebbe un giorno tremendo che non auguro a nessuno, neppure al più acerrimo dei nemici e neppure a voi che siete i nostri giudici e che pronuncerete una sentenza giusta in nome del popolo italiano». Tortora fu infine assolto. Che ne sarà di Bossetti?

 

Slow Food e Michelin, il piatto piange
Ma come si mangia in città?

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Non avranno ai fornelli chef superstar, ma alla loro tavola si mangia benone. Peccato che siano così pochi. Slow Food ha inserito otto ristoranti bergamaschi nella guida 2016 delle Osterie d'Italia, la bibbia dei golosi low cost. Rispetto all'anno scorso ce n'è soltanto uno in più, “La Baita” di Colere, segnalato per la sua cucina tipicamente montana. Confermati gli altri otto, tra cui il “Gigianca” di via Broseta, che però resta l'unico locale premiato in città. Possibile che non ce ne siano altri degni di nota? «Purtroppo non arrivano altre segnalazioni di ristoranti a Bergamo – ammette all'Eco il presidente della sezione orobica Silvio Magni – Anch'io non ne vedo...». Meglio preoccuparsi, a questo punto. Venerdì scorso si è fatto un convegno in università per parlare dell'importanza del turismo enogastronomico, ma bisognerebbe domandarsi come si mangia oggi in città. Perché l'allarme di Slow Food non è l'unico: piange anche il piatto dell'alta cucina. Nel capoluogo (non in provincia, per fortuna) si sono spente da tempo le stelle Michelin: fino a un paio di anni fa potevano sfoggiarle, per dire, l'Osteria di via Solata e il Roof Garden. Ma le stelle se ne sono andate con i vecchi chef, migrati verso altri lidi. Ora, per brillare, tocca invitare Cracco e Oldani al Donizetti, oppure Bottura al Balzer. Ma sono lampi nel buio.

 

Italcementi, il “caso Calusco” agita gli ambientalisti

01_Italcementi_Calusco_Foto Monzano

Continua a tener banco la questione dell'uso di combustibili alternativi nel cementificio di Calusco. Italcementi vorrebbe portarli da 30 a 110mila tonnellate l'anno, ma gli ambientalisti alzano le barricate perché temono che nei forni finiscano rifiuti nocivi per la salute. L'associazione “Isola Bene Comune” lancia un avviso ai naviganti che oggi si riuniranno nella Conferenza dei servizi per decidere il da farsi. «Non è accettabile che i Comuni e la Provincia facciano da spettatori. Anche chi sta dall'altra parte dell'Adda è coinvolto dal problema per un raggio di almeno 5 chilometri. Non possiamo più stare a guardare».

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