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C'è davvero Il cielo in una stanza Perché la casa è crollata (a Napoli)

C'è davvero Il cielo in una stanza Perché la casa è crollata (a Napoli)
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“Il cielo in una stanza”, scritta da Gino Paoli e interpretata di Mina nel 1960, è la canzone di un amore che abbatte le pareti di una stanza, il racconto di una storia comune, nata in un luogo intimo, privato, come la propria casa. Se però questa casa crolla, cosa resta del sogno romantico della giovane coppia?

La canzone, alla lettera però. È in una stanza napoletana degli anni ‘50 che ora «non ha più pareti», che giovedì 31 gennaio si può incontrare al Teatro Sociale una comunità di personaggi che fa i conti con il proprio passato. Lo spettacolo per la Stagione di Altri Percorsi si intitola proprio come la canzone ed è portato in scena dalla compagnia napoletana Punta Corsara, uno dei gruppi più interessanti emersi nel panorama teatrale italiano dell’ultimo decennio e già vincitore di numerosi premi. La regia dello spettacolo è di Emanuele Valenti, che firma anche la drammaturgia insieme a Armando Pirozzi.

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Descritto da Renato Palazzi «una bizzarra pièce che comincia come una farsa di Eduardo e finisce come un incubo metropolitano, un po’ teatro di denuncia, un po’ truce spaccato antropologico», “Il cielo in una stanza” prende alla lettera il verso «non ha più pareti ma alberi infiniti». Si parla di una stanza del 1960, parte di un edificio degli anni immediatamente precedenti, quelli anni ’50, a Napoli, in cui, proprio attraverso la costruzione e distruzione di case e parti di città, si avviava un processo di trasformazione sociale, secondo un piano regolatore delle esistenze che guardava al futuro e irrimediabilmente stravolgeva le identità conosciute. Partendo da fonti diaristiche e fatti di cronaca, dall’emigrazione in Svizzera alla speculazione edilizia, viste secondo le logiche dell’evocazione più che la cronologia degli eventi, il racconto di Punta Corsara si struttura come una rivisitazione allucinata della classica commedia eduardiana in tre atti. Le posizioni paradossali che i protagonisti, come in una folle sarabanda, si trovano di volta in volta a sostenere o ripudiare riflettono la confusione in cui turbina ogni loro ideale politico, etico, anche spirituale. «Il testo, ambientato negli anni Novanta, affonda le radici nei Cinquanta - spiega il regista e interprete Emanuele Valenti - e nell’ombra della figura emblematica di Achille Lauro, il primo grande imprenditore italiano, armatore, sindaco nel ’52 e punto di unione con la destra. Legata alla sua figura c’è tutta la questione della speculazione edilizia, dovuta all’imprenditoria collusa con la politica, slegata totalmente dalla partecipazione della popolazione».

La compagnia di Scampia. Punta Corsara è nata a Scampia nel 2007 fa all’interno di Arrevuoto e del progetto omonimo “Punta Corsara”, esperimento teatrale che coinvolse Marco Martinelli e Debora Pietrobono e portò, dopo tre anni di formazione, alla costituzione della compagnia, diretta dal 2011 da Emanuele Valenti e Marina Dammacco. Una compagine che ha messo a segno molti colpi preziosi, da “Il signore di Pourceaugnac” a “Petito Blok” arrivando, fra gli altri, ad “Hamlet Travestie” e a “Io mia moglie e il miracolo”, quest’ultimo scritto da Gianni Vastarella, e vincitore de I Teatri del Sacro. Con ostinazione, da ormai un po’ di anni, la compagnia indaga sulle caratteristiche peculiari della propria città, riverberandole su quelle del nostro Paese, per cercare di comprendere ciò che siamo: noi napoletani, noi italiani, noi esseri umani, con tutte le nostre contraddizioni, ma anche con le positive fragilità. Lo fa portando in scena la tradizione di un teatro ancora vivissimo, divertente nella sua amarezza, e meravigliosamente nobile nella sua composizione.

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