La città dei campanelli

Sonnettes in francese, timbres in spagnolo, Türklingeln in tedesco, doorbells in inglese. I campanelli. Cioè quei tasti che, attraverso un velocissimo gioco di trasmissioni elettromagnetiche, con un suono ci avvisano che c’è qualcuno alla porta, e chiede di noi. Per raccontarli con poesia bastano le foto di Linda Klobas. Tutte scattate nelle vie di Bergamo












Il campanello per i ladri, un racconto di Gianni Rodari
Il signor Guglielmo abita nei boschi e ha molta paura dei ladri. Il signor Guglielmo non è ricco, ma i ladri come facevano a saperlo? Pensa e ripensa ha deciso di scrivere un cartello e di metterlo sulla porta: “Si pregano i ladri di suonare il campanello. Essi saranno lasciati entrare liberamente e potranno vedere che qui non c’è proprio niente da rubare (di notte suonate a lungo, perché ho il sonno molto duro). Firmato: Signor Guglielmo.”
Una notte si sente il campanello suonare. Il signor Guglielmo corre a vedere chi è. «Siamo i ladri!», sente gridare. «Vengo subito!», dice il Signor Guglielmo. Corre ad aprire la porta, i ladri entrano con la barba finta e la maschera sugli occhi. Il signor Guglielmo fa visitare loro tutta la casa e i ladri possono vedere che non c’è proprio niente da rubare, neanche un gioiellino grosso come un grano di riso. Brontolano un po’ e poi se ne vanno.
«Benedetto quel cartello!», pensa il signor Guglielmo. Adesso i ladri vengono spesso a trovarlo. Ce ne sono di tutte le qualità. Quando vede che i ladri sono poveri, il signor Guglielmo regala loro qualche cosa: un pezzo di sapone, una lametta per fare la barba, un po’ di pane e formaggio. I ladri sono sempre gentili con lui e prima di andarsene gli fanno un inchino.