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Il film da vedere nel weekend La bambola assassina fa centro

Il film da vedere nel weekend La bambola assassina fa centro
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Regia: Lars Klevberg.
Con: Aubrey Plaza, Brian Tyree Henry, Gabriel Bateman, Ty Consiglio, Beatrice Kitsos.
Dove vederlo a Bergamo e provincia: qui.

 

Le bambole hanno da sempre uno strano fascino e sono al centro di pratiche culturali cruciali dell’essere umano, come il gioco. La loro rilevanza come specifico oggetto d’affezione non ha ovviamente mancato di catalizzare l’attenzione di studiosi diversi, che si sono per esempio dedicati al loro studio in quanto oggetti di feticismo. In questa riflessione sulla rilevanza della bambola, il cinema ha senza dubbio giocato un ruolo fondamentale, come attesta per esempio la grande fortuna del tema della bambola posseduta. La natura doppia, inquietante e oscura, di questi oggetti deriva probabilmente dal loro essere – in fin dei conti e prima di ogni altra cosa – un avatar dell’umano, una sorta di gemello artificiale con il quale intessiamo relazioni complesse.

 

 

Lo ha dimostrato, nell’ormai lontano 1988, il successo legato al film La bambola assassina, che oggi torna al cinema con un remake firmato da Lars Klevberg, autore del discreto Polaroid. Anche in questa nuova versione, la protagonista è la bambola Buddi e in particolare un suo specifico esemplare, cui un operaio frustrato ha modificato le impostazioni togliendole ogni limite comportamentale. Finirà nelle mani di Andy, un ragazzino dalla storia familiare burrascosa, che riceverà in dono la bambola, ritenuta difettosa. Chucky – questo il nome che Andy ha scelto per lui – si rivelerà ben presto qualcosa di ben peggiore. Il vecchio La bambola assassina era uno slasher disincantato e divertente, piuttosto tardo nell’uscita e per questo in grado di giocare liberamente con i propri codici di riferimento. La nuova versione di Klevberg cerca in qualche modo di correggere il tiro, privilegiando un approccio più cupo e realistico al tema. Ovviamente non mancano elementi sovrannaturali e incongruenze, ma tutto è ricalibrato secondo una sensibilità più moderna e problematica (il riferimento al Vietnam sembra, in questo senso, tutt’altro che casuale). Un film insomma più maturo e interessante, che conferma il talento di Klevberg nell’aggiornare codici formali ed elementi espressivi di sottogeneri solitamente ritenuti esauriti.

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Colpisce in particolare la pregevolezza estetica della messa in scena, la ricerca dell’inquadratura narrativamente pregnante e l’attenzione al dettaglio. Dove il film originale prediligeva la battuta di spirito e la caratterizzazione dei personaggi, qui siamo di fronte a una vera e propria indagine estetica dove nulla è lasciato al caso. È poi piacevole vedere come il regista abbia deciso di rifocalizzare i rapporti fra i personaggi, mettendo l’accento quasi esclusivamente sul rapporto con la bambola e facendo emergere il suo ruolo di surrogato della genitorialità, che rimaneva in qualche modo inespresso nel primo La bambola assassina. In generale, quindi, il film privilegia l’attenzione sulle specifiche caratteristiche della bambola come oggetto di attenzione/affezione e come avatar di un sentimento che diversamente dovrebbe rimanere inespresso. Questa complessità simbolica, unita alla ricercatezza della resa formale, rende il remake de La bambola assassina un vero e proprio esempio didattico, che dimostra come – ancora una volta – rifare un film (più o meno di culto) non debba necessariamente essere un’operazione copiativa e priva di interesse. C’è una dinamica della riscrittura in gioco in questo film che lascia intravedere l’amore per il film di partenza e il rispetto con cui si è deciso di lavorare alla sua messa in scena, omaggiando ma anche rielaborando la sua eredità.

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