Con il trailer e un'intervista di allora

Il film da vedere nel weekend "Pasolini", l'ultimo giorno

Il film da vedere nel weekend "Pasolini", l'ultimo giorno
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Primo Novembre 1975, giorno dei morti. Giorno della morte di Pier Paolo Pasolini, uno dei più importanti e pensatori, autori e registi della seconda metà del Ventesimo secolo in Italia. Abel Ferrara ha scelto di raccontarlo attraverso una pellicola biografica portata all’ultima Mostra del cinema di Venezia. Nei panni del genio italiano, Willem Dafoe.

Si tratta di un film che ha spaccato la critica, ma che merita senza dubbio di essere preso in considerazione, per ricordare un poeta spesso dimenticato. La portata critica del pensiero pasoliniano gli è infatti costata l’ostracismo, sia all’interno dell’istituzione scolastica che presso il grande pubblico. Le condizioni della sua morte hanno imposto giocoforza una facile revisione della sua importanza, come se i suoi interessi personali, criticabili che fossero, potessero mettere in secondo piano la lucidità di un pensiero che era riuscito, con almeno vent’anni di anticipo, a diagnosticare il decorso storico a cui l’Italia sarebbe andata incontro.

Il film di Abel Ferrara. Abel Ferrara, regista di grande talento (Il cattivo tenente ne è un fulgido esempio), ha dichiarato più volte la sua totale incapacità di raccontare appieno il poeta che questo film pretende di rappresentare. Ciò basterebbe, forse, a sconsigliarne la visione. Non è così tuttavia, perché Pasolini è un film incompiuto ma non incompleto: insegue la frammentarietà in ogni suo aspetto e in questo ricorda molto il fantasma delle ultime opere di Pasolini, il romanzo Petrolio e il film Porno-Teo-Kolossal. L’incipit dell’opera è in questo senso emblematico e somiglia a una normale giornata nella Roma che Pasolini tanto amava; ma lo spettatore sa che cosa lo aspetta (il racconto soltanto dell'ultimo giorno di vita) e non può fare a meno di andare con la mente alla sua conclusione, al cielo plumbeo della capitale che seppellisce per sempre la verità su un delitto che per molti rimane ancora un mistero. Così il film di Ferrara diventa una macchina dell’attesa, in cui ogni singolo gesto compiuto dal poeta diventa una dilazione della sua esistenza sullo schermo e nella mente del pubblico, mentre cresce ansiosamente l’attesa della morte, che finisce quasi col diventare un rito catartico di sparizione e allontanamento. La morte diventa la chiave di lettura necessariamente a priori di un film che, già prima di entrare in sala, assume necessariamente una struttura circolare, nell’attesa dell’agonia della madre e dei titoli di coda.

 

 

Il genio di Pasolini e i suoi capolavori. Per far sì che il ricordo di Pasolini impostato da Ferrara non resti fine a sé stesso, è bene invitare gli spettatori, anche quelli che non si sono mai confrontati con questo fantasma della cultura italiana contemporanea, ad affrontare con serenità i capolavori di Pasolini. Non per apprezzare a tutti i costi (i suoi sono film difficili, crudi e sempre sopra le righe), ma per capire una mente fra le più brillanti che l’Italia abbia mai generato.

La filmografia di Pasolini, per quanto non estesissima, è piuttosto nutrita e le narrazioni sono diverse fra loro: al vitalismo erotico de Il Decameron si può contrapporre la drammaticità popolare di Mamma Roma, con una straordinaria Anna Magnani. La tematica religiosa, sempre presente nel cinema pasoliniano viene esplicitata ne Il Vangelo secondo Matteo, racconto umanizzato della vicenda del Cristo, forse uno dei racconti sacri più struggenti mai portati sullo schermo e dotato di grande valore anche per i credenti. Per Pasolini il cinema era anche un mezzo d’indagine speculativa, attraverso cui approfondire le sue teorie sulla vita e sulla politica: lo dimostra molto bene il film La rabbia, girato insieme a Giovannino Guareschi e interamente costituito da fotografie commentate con la voce narrante esterna. Tuttavia i suoi capolavori sono senza dubbio film drammatici, sporchi e oscuramente attuali come Porcile, Teorema e soprattutto lo shoccante Salò o le 120 giornate di Sodoma, libera riscrittura dell’opera del Marchese de Sade ambientata ai tempi dell’occupazione nazifascista nella fase terminale del II conflitto mondiale.

Si tratta senza dubbio di un cinema difficile da digerire e spesso anche da guardare, ma che merita una profonda attenzione anche a causa della potenza e della capacità con cui Pasolini ha saputo proporre un ritratto tristemente attuale del nostro paese.

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