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Il film da vedere nel weekend "Trash", un'avventura nelle favelas

Il film da vedere nel weekend "Trash", un'avventura nelle favelas
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Le favelas brasiliane sono ormai note in tutto il mondo per la miseria umana che ospitano. Vi abitano, per noi spettatori, anche Rafael, Gabriel e Gardo, tre quattordicenni che tirano a campare smaltendo rifiuti (trash in inglese, appunto). In mezzo al mare di pattume dimenticato dalla società civile, i tre trovano un giorno un portafoglio che – oltre a contenere del denaro – ha al suo interno altri strani oggetti (un calendario, una mappa, una chiave). Nello stesso momento, la polizia irrompe nella favela per cercarlo, come se dentro vi fosse qualcosa di misterioso e prezioso. I nostri eroi, comprensibilmente, non nutrono un grande amore per le forze dell’ordine e decidono di tenersi il loro piccolo tesoro. La loro storia, dunque, comincia da qui.

Adattamento piuttosto riuscito dell’omonimo romanzo per ragazzi di Andy Mulligan, il film conta su un ottimo cast di giovanissimi attori, diretti da Stephen Daldry su sceneggiatura di Richard Curtis (autore, per intenderci, di Quattro matrimoni e un funerale). Operatori e intelligenze britanniche, manovalanza brasiliana: una mistura di professionalità etnica decisamente imprevista, ma tutto sommato funzionale. Il film è divertente, ben scritto, e tiene incollati alla poltrona. Sì, perché le bizzarre avventure dei tre protagonisti nell’oceano dell’indigenza toccano davvero anche noi che ce ne stiamo comodamente seduti dall’altra parte dello schermo, tremando per la loro incolumità.

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Un’incredibile capacità di sopravvivenza, peraltro, quella dei tre amici, che li porta a muoversi in maniera rapida e intuitiva in un mondo inospitale ma coloratissimo, che spesso sembra uscito direttamente da un videoclip. Le immagini scorrono rapide e i tre passano di situazione in situazione come eseguendo una danza rapida e imprevedibile. Il regista è bravissimo a dosare i ritmi dell’azione, tenendo alta la tensione per tutti i 114 minuti di film. Daldry sceglie di costruire il film attraverso flashback e anticipazioni che rendono meno lineare la narrazione e aumentano le informazioni disponibili per definire il carisma dei protagonisti.

Film bello, divertente e consigliato. A volte, però, è bene fare un passo indietro e chiedersi cosa si è visto quando si esce dalla sala. Daldry, mettendosi dietro alla macchina da presa nelle favelas brasiliane, sapeva bene di non stare registrando un’immagine onesta della vita in quel frangente tanto problematico. La favola funziona e il lieto fine ci commuove, ma forse sarebbe stato il caso di ricordare agli spettatori che la fonte del loro svago (il film è spesso veramente spassoso e bellissimo da un punto di vista visivo) è la sventurata esistenza di bambini che di solito non arrivano ai quattordici anni. Il divertimento è sacrosanto, ma in casi come questi andrebbe contestualizzato.

Chi è Stephen Daldry. Regista britannico attivo a partire dagli anni Novanta, Daldry è stato candidato a una manciata di premi Oscar e si è aggiudicato alcuni altri riconoscimenti importanti. Nonostante la sua filmografia sia assolutamente breve, al suo interno si contano titoli del calibro di Billy Elliot (2000), lacrimosa storia del sogno di un giovanissimo bambino di diventare un ballerino classico. Ugualmente commovente è il più recente Molto forte, incredibilmente vicino (2011), tratto dall’omonimo romanzo di Safran Foer, che ricostruisce, attraverso gli occhi di un bambino dalla spiccata intelligenza, il trauma dell’Undici Settembre.

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